Le giornate di Filippo Magnani iniziano molto presto al mattino, ma non per questo è semplice per lui ritagliarsi un po’ di tempo per una pedalata. Eppure le due ruote fanno parte integrante della sua vita, non per niente è l’organizzatore della Granfondo degli Squali, uno dei massimi eventi amatoriali. Ma prima di tutto Magnani è il “deus ex machina” del Bike Hotel L’Ancora, un vero riferimento a Cattolica e non solo, dal quale si sono sviluppate altre iniziative che coinvolgono le strutture ricettive del territorio, come il Cattolica Bike Hotels e l’appena nato Consorzio Riviera Sport 365 che racchiude 16 alberghi fra Cattolica, Misano e Gabicce Mare, tutti orientati a promuovere l’attività sportiva in ogni stagione.

Non bisogna fare l’errore di pensare a L’Ancora come a un hotel nato subito con la vocazione “bike” perché quella è un marchio di fabbrica dello stesso Magnani: «Noi siamo albergatori da tre generazioni, l’albergo nasce alla fine degli anni Cinquanta come pensione, poi hotel tre stelle e quando l’abbiamo preso in mano io e mia sorella diventa anche residence e dal ‘22 si è aggiunta la terza struttura, la dependance. La sterzata bike arriva nel 2014 quando dopo un po’ di eventi sportivi in cui io partecipo, come granfondo e maratone, decido di affrontare, anche lavorativamente parlando, il discorso di essere un vero e proprio bike hotel strutturato».
La Granfondo degli Squali nasce sull’onda dell’hotel o il contrario?
L’hotel diventa bike un po’ prima della nascita della Granfondo, il cui primo evento è a maggio 2015. Ma c’è un legame a doppio filo fra le due cose. Il bello è che mi hanno spinto un po’ i miei clienti a diventare bike hotel: avevo dei gruppi italiani, soprattutto del Nord Italia, che venivano da me con le bici e quindi mi hanno di fatto suggerito di acquistare le loro biciclette. Ho iniziato con le mountain bike e poi sono passato alla corsa ed è cambiato tutto. Era il 2014, quell’anno feci i miei 10 mila chilometri in bici, poi non ho più trovato il tempo…
Materialmente come avete virato verso il bike hotel, che cosa avete dovuto fare?
Un deposito bici ce l’avevo già prima di essere proprio bike hotel strutturato, andava trasformato in una bike room gigante videosorvegliata acquistando biciclette da dare a noleggio, quindi biciclette professionali. Abbiamo una flotta di Trek SL 5 disk e da noleggiare al cliente vari completini, quindi diciamo che chi viene da noi può anche dimenticarsi bici, scarpe, casco e completi a casa perché trova tutto. Ed è capitato, clienti che magari arrivano e dicono «cavoli, a saperlo portavo la bici» e noi gli abbiamo dato tutto… Le bici ce le ho di tutte le misure, scarpe di tutte le taglie, completini idem. Questo è uno dei must importanti della mia struttura.
Dal punto di vista alimentare?
Noi abbiamo la super mezza pensione con il buffet al rientro, nel senso che i ciclisti spesso non rientrano per pranzo, ma arrivano verso le 15,00 e gli facciamo trovare un light lunch nella parte interna dell’hotel. Hanno il loro buffet con pietanze calde o fredde, una sorta di merenda al rientro della bici per poi aspettare la cena alla sera. Ma non solo: ho acquistato un mezzo che serve nel caso di emergenze o se serve è al seguito dei gruppi, perché ci viene richiesto di avere una sorta di assistenza. Poi c’è un’iniziativa che crediamo sia solo nostra…
Quale?
Durante i giorni del Tour ho creato un “passport bike” dando un premio che solitamente è una bottiglia di vino, oppure una scontistica al bar, oppure uno sconto sulla vacanza successiva per chi fa 10 percorsi predefiniti, partendo tutti dall’hotel e con tanto di traccia GPS. Ho notato che molti italiani sono orientati più sul fai da te, lo straniero invece è già più da gruppo, da guida. Io lavorando più o meno con il 65 per cento di italiani e 35 di stranieri mi sono dovuto attrezzare.
Si è sentito ancora, quest’anno, l’effetto Tour de France?
Diciamo che è stato un bel lancio lo scorso anno, anche personalmente, avere in hotel squadre pro. A maggio per il Giro è venuta la Soudal con Alaphilippe che tra l’altro ha vinto la tappa, quindi hanno festeggiato nel mio hotel, poi a giugno è arrivata la Lidl-Trek. E quando hai questi ospiti, naturalmente una sorta di effetto ce l’hai. Gli altri ciclisti che ci sono capiscono che comunque sei strutturato per avere i professionisti, quindi sei di un livello adeguato. Non sono tanti gli hotel che possono averli.
Che cosa serve di particolare?
Intanto il parcheggio di due mezzi impegnativi come il pullman hospitality loro e il motorhome, che si allarga e ha tutto il reparto meccanico, il lavaggio bici. Poi bisogna svuotare completamente le camere perché loro hanno i loro materassi. Devi avere una sala a parte per ospitare la loro colazione e la loro cena, perché poi si tratta di un giorno e non vogliono essere insieme agli altri ospiti. Hanno altri orari, sono venuti a mangiare che erano le 9,30-10. Avere poi gli allacci elettrici e di acqua per il loro camion cucina perché hanno il loro chef. Ospitare nel parcheggio le 10-12 ammiraglie, insomma capisci che non è così semplice dargli tutte queste cose.
La reazione generale qual è?
Molto positiva, perché c’è stato un effetto ricaduta anche successivamente, soprattutto con i gruppi stranieri. L’italiano è stra-appassionato e magari non ci fa caso, lo straniero dice «cavoli, loro hanno ospitato i pro’, di conseguenza è un hotel che fa per me». Quindi un po’ di ricaduta c’è.
Vista l’evoluzione del mercato, sei ottimista per il futuro?
Dopo la caduta legata al Covid che ha riguardato un po’ tutti i settori, il cicloturismo ha ripreso enormemente. Io sono ottimista perché sicuramente chi affronta questo percorso dei bike hotel, lo dico a tanti colleghi, deve continuare ad investire enormemente perché premia a lungo termine. Chi non investe fatica. Noi abbiamo un investimento fisso di migliaia e migliaia di euro all’anno su questo settore che premia strada facendo. Io per gli anni prossimi ho già varie conferme di gruppi, anche francesi, svedesi.