Le pastiglie per i freni a disco sono un altro argomento che merita una considerazione particolare. Le specificità da considerare sono diverse, perché ogni impianto idraulico ha delle caratteristiche proprie e attraverso l’utilizzo delle pastiglie adeguate alle nostre esigenze possiamo ottenere una frenata (quasi) “personalizzata”.
Grazie a WAG ed al Brand Manager Marco Ferretti cerchiamo di mettere la lente d’ingrandimento su alcuni punti sensibili di questa categoria che è davvero ampia.
Non sono tutte uguali
Può sembrare un’affermazione banale, eppure le specificità da considerare sono tante e diverse tra loro. Queste tengono conto del design delle pinze e della tipologia di impianto. Shimano e Sram, Campagnolo e Magura, solo per citare alcune aziende: tutte adottano una tecnologia idraulica per il funzionamento dei freni a disco, ma ogni pinza “vuole” le sue pastiglie.
C’è da considerare la destinazione d’uso. Non ultimo dobbiamo tenere presenti le tipologie delle performance che vogliamo ottenere dai freni: prestazioni che non di rado hanno il fulcro proprio nelle pastiglie. Esse diventano quindi una sorta di punto fermo per la “customizzazione” della frenata.
Il rodaggio è una buona abitudine
Le pastiglie dei freni sono un elemento “vivo” della bicicletta, che è soggetto a surriscaldamento e raffreddamento repentini. Considerando anche questi due fattori, è buona abitudine prevedere un rodaggio, che può cambiare in base alla tipologie di pastiglie. Il rodaggio, che permette un adeguato abbinamento tra la pastiglie e la pista frenante, influisce in modo esponenziale sulla resa del ferodo per il resto dei suoi giorni.
Due diverse categorie
«A livello di produzione – ci racconta Ferretti – le pastiglie per i freni a disco si possono raggruppare in due grandi famiglie, ovvero le organiche e le sinterizzate. La differenza è come viene fatta la produzione. Esistono poi delle sottocategorie, soprattutto per quanto concerne le organiche e proprio la categorizzazione dipende dalla mescola. Se quest’ultima include una percentuale di metalli inferiore al 30% viene mantenuto il suffisso organiche, se la percentuale supera il 30% il suffisso diventa semi-metalliche. Ovviamente il diverso mix delle mescole influisce sulla resa tecnica delle pastiglie dei freni, resistenza al calore, longevità, ma anche sul rumore e così via».
Organiche e semi-metalliche
«Entrambe hanno in comune una resina fenolica, che agisce come un collante – prosegue Ferretti – con la differenza che nelle semi-metalliche questa resina è superiore al 30%. Le organiche mostrano dei vantaggi con le temperature basse, necessitano di un periodo di rodaggio molto ridotto e sono utilizzate da diverse tipologie di bikers. Le semi-metalliche, se consideriamo la prestazione pura, sono più prestazionali delle organiche, ma richiedono anche un rodaggio più lungo».
Le metalliche
«Sono pastiglie ad altissime prestazioni ed è consigliabile usarle solo con dischi in acciaio inox di alta gamma. Sviluppano tanto calore – racconta Ferretti – e sono rumorose, la mescola è tenuta insieme dal metallo e hanno un punto di fusione molto più alto rispetto alle precedenti. Sono dedicate a chi non vuole scendere a compromessi e sfrutta al massimo l’impianto frenante. Molto vicine a queste, ci sono quelle specifiche per le e-bike, che tendenzialmente hanno una grande resistenza al calore e sono sviluppate per sostenere carichi enormi, o per lo meno più alti rispetto a quelli generati da una bici tradizionale».