CASTRO – Alle sei del mattino la pioggia sbatteva sulle finestre. Il cielo nel lembo più orientale d’Italia, dove il sole arriva prima, si schiariva giusto un po’. Poco più in basso, nel porto, la spuma delle onde che s’infrangevano sulla costa prendeva quota spinta dal vento forte e bagnava ogni cosa. Un quadro da tregenda per la Castro Legend Cup. Ma nonostante tutto gli organizzatori e i biker ce l’hanno fatta. E anche l’ultima gara della stagione di mtb ha regalato sorrisi, vinti, vincitori, fatica, crampi, medaglie, viaggio, alberi e una frittura di pesce stratosferica.
Dopo averne parlato a lungo, finalmente siamo andati a Castro per raccontarvi questa avventura da dentro. Castro Legend Cup: evento sempre più frizzante, sempre più in rampa di lancio. Basterebbe un solo dato per certificare la sua vivacità: oltre 800 iscritti. Un numero strabiliante in assoluto, ma che diventa incredibile se si pensa che siamo al Sud, che siamo a fine stagione e che i numeri sul piano nazionale sono in controtendenza, cioè al ribasso. La Castro Legend Cup invece è cresciuta.
Tante buone idee
Mentre scrivevamo, la manifestazione stava per volgere al termine. Sul palco delle premiazioni spuntavano gli alberi di ulivo e non solo. Come vi avevamo detto l’ultima volta, erano i premi per i migliori assoluti e di categoria. Poco prima erano stati premiati i vari campioni italiani paralimpici. E alle nostre spalle, l’associazione Il Melograno distribuiva dei braccialetti contro la violenza sulle donne. Era questa la linfa positiva della Castro Legend Cup.
Questo paesino bianco affacciato sull’Adriatico meridionale sin dal venerdì si popolava di appassionati, campioni e mtb. E il sabato ancora di più. Il problema è stato l’ospite non invitato: il maltempo. Pensate che un tunnel di 700 metri che scorreva sotto il paese e una passerella galleggiante sul mare dovevano essere i passaggi simbolici, innovativi e “più fighi” della Castro Legend Cup. Invece non si sono potuti affrontare. Il mare grosso si è portato via la passerella stessa, vanificando anche il tunnel.
Ammettiamolo – e lo ha detto anche il patron Giuseppe Maggiore – per un po’ si è temuto che l’evento potesse non disputarsi.
La giornata iniziava dunque con questo bailamme di telefonate, riunioni, cambiamenti dell’ultimo minuto. Una difficoltà dietro l’altra. Ma averle superate tutte è stata forse la vittoria più bella per la società organizzatrice, il Ciclo Club Spongano. «Tutto ciò ci ha reso più forti, più uniti. E dalla prossima settimana inizieremo a pensare all’edizione successiva», ha detto Maggiore.
Feeling da trovare
La gente però non mancava. Accompagnatori, abitanti affacciati alle finestre e soprattutto i biker volevano esserci e avevano uno scopo preciso: divertirsi. Vivere un’esperienza. C’erano un viaggio, un avventura, una medaglia d’andare a prendere. Un’esperienza di guida.
Dei ragazzi siciliani ci hanno raccontato del feeling da trovare con questo terreno nuovo. Un terreno scivoloso, ma veloce. Un terreno fatto di rocce diverse da quelle di casa.
«Ma questo – ha detto il catanese Rosario Balsamo – è il bello della Mtb, provare e sperimentare cose nuove. Anche per questo, col meteo inclemente che c’era, mi ero preoccupato: approcciare un fondo diverso con la pioggia non era il massimo. Poi però ho capito come fare e a quel punto mi sono goduto il percorso e i paesaggi. Che dire: la Puglia merita, ragazzi».
La Puglia merita. L’accoglienza è stata calda e anche questo conta. Un calore che abbiamo toccato tra la gente e la terra, tra i muretti a secco e i sentieri. Quegli stessi sentieri che in parte sono i cammini del Parco Costa di Otranto, Santa Maria di Leuca e Bosco di Tricase, una rete sulla quale si sta puntando molto da queste parti.
La Castro Legend Cup ne ha percorsi alcuni e averlo fatto con una manifestazione competitiva non è stata una cosa banale. Noi stessi abbiamo avuto modo di scambiare qualche battuta con il direttore del Parco, Michele Tenore, prima dell’evento. Non tutti coloro che si trovano a svolgere opere di tutela naturalistica accolgono bene le bici.
Tenore ci aveva risposto che secondo lui la fruizione non può essere interdetta a mezzi puliti, sani e portatori di benessere come le bici. Che i flussi per far conoscere un territorio sono anche quelli del pedale, anzi… Sono sempre più quelli del pedale. Pertanto non solo vanno rispettati, ma anche incentivati. Come dargli torto? Ripensavamo alle parole del biker siciliano. Magari lui stesso ci tornerà o semplicemente racconterà ai suoi amici cosa ha vissuto in Salento, quanto di bello ha visto.
Parla il vento
Mentre seguivamo la gara, il compagno più fedele del nostro viaggio era il vento. Un detto locale recita: Salento, lu mare, lu sole e lu jento. A parte il sole, il resto c’era tutto. Per fortuna le notizie che giungevano dall’aeronautica di Leuca si erano rivelate giuste: cielo nuvoloso, vento forte, ma niente più pioggia.
Una delle cose più affascinanti era attendere i ciclisti immersi nella natura. Ascoltare come cambiava la voce del vento. I suoi suoni. Persino i suoi odori.
Dagli scricchiolii di quando eravamo sotto le pinete, con i fruscii di qualche uccello che tornava al nido e delle foglie che venivano sbattute dallo Scirocco, al silenzio più totale di quei tratti di bassa macchia mediterranea. Tra i cespugli davvero non si sentiva nulla. Solo la risacca più in basso del mare. Ma a dire il vero neanche quella si distingueva bene, c’era questo “boato sommesso” continuo.
Gli odori erano inebrianti. Profumo di bacche, forse di mirto, di terra bagnata… In questo contesto il biker non lo vedevi, però lo sentivi arrivare. Prima il fiatone, poi le ruote, infine la catena. Un’attimo e passava via. Poi di nuovo il silenzio. In quei momenti pensavamo che sarebbe bello pedalare qui, magari fra un mese. In una tersa o, perché no, burrascosa giornata invernale… tipo quella di ieri, ma con la sensazione ancora più forte di essere sperduti. Per un contatto più intimo con la natura.
La Legend… di Enea
«Il paesaggio? Difficile da guardare, specie a queste velocità – ci aveva detto la vincitrice, Deborah Piana – ma non nascondo che oggi nella zona del faro di Punta Palacia un occhio a tutte quelle baie l’ho dato: vedevi onde e colori spettacolari. Me la sono gustata». E se ne aveva goduto lei, che è una professionista impegnata nel suo mestiere, figuriamoci gli altri che potevano anche non spingere a tutta.
Le parole di Piana e di quel susseguirsi di baie ci hanno fatto andare oltre la bellezza del paesaggio. Ci hanno riportato indirettamente ad leggenda, che tra l’altro lega il nome della Castro Legend Cup ad Enea.
Sentite questa storia. Enea, di ritorno dalla battaglia di Troia, approdò proprio in una di queste baie. Chissà, magari anche lui rimase colpito dalla bellezza di queste coste come Debora Piana! Ma dove arrivò di preciso: Leuca? Otranto? Virgilio parlò di un approdo in un tratto di costa sul quale c’erano un monte e su questo un tempio dedicato a Minerva. Ebbene, qualche anno fa nel centro di Castro, che sorge su un promontorio, è stata ritrovata una scultura: un busto femminile che con grandissima probabilità ritrae proprio la dea Minerva.
Cosa c’entra dunque il nome dell’evento? Da queste parti si cerca di fare sistema, raccogliendo ogni aspetto, ogni valore del territorio, e così la manifestazione ha cambiato nome da Castro Marathon a Castro Legend Cup. Ecco cosa c’entra… Sono tante piccole sfumature che legano l’evento alla sua terra. E per chi, oltre alla gara, ama questi dettagli sono aspetti che contano, che attirano e coinvolgono.
Torri e count down
Il vento forte e contrario per rientrare a Castro dilatava ancora di più il gruppo. Adesso le Torri di avvistamento tra un promontorio e l’altro fungevano da count down. Anche queste sono un simbolo del Salento orientale e anche queste chiamano, in qualche modo, ad una visita turistica… un altro giorno con più calma.
Una calma che ad esempio avevano dei turisti australiani, di Sidney per la precisione, incontrati lungo il percorso. E ne avevano talmente tanta che si sono messi a fare il tifo, a battere le mani. Loro erano a piedi. Avevano gli immancabili bastoncini da “nordic walking” e con stupore e gentilezza ci hanno fatto un sacco di domande. «I partecipanti sono solo italiani?». «Quanti sono?». «Dove vanno?». «Quanti chilometri devono fare?».
Un incontro simile ci ha riportato alle parole del direttore del Parco, quando diceva che camminatori e ciclisti possono convivere.
Ma dicevamo: la fatica si faceva sentire. Era pur sempre una gara. Si dava tutto. Nella mente magari non c’erano più il paesaggio, gli odori… Si voleva solo terminare nel minor tempo possibile la propria cavalcata. Magari anche per battere l’amico! Un motivo mica da poco. Castro si avvicinava. L’arrivo si fiutava. E infatti la musica trasportata dal vento, si faceva sempre più forte.
Nel segno della scoperta
A Castro era già festa. La gente attendeva i primi sul traguardo. Le medaglie erano pronte per essere messe al collo dei finisher. Mamme, bambini, compagni… aspettavano i loro cari. Lo smartphone puntava sulla linea finale. E pronte erano anche la pasta con vongole, cozze e gamberi e la frittura di calamari.
Dall’ultima curva, per la cronaca, spuntava per primo Fabian Rabensteiner, il campione italiano che batteva un’icona della mtb, Leonardo Paez. E tra le donne, una ventina di minuti dopo, la stessa cosa faceva appunto Deborah Piana. I due raccontavano tattiche e pensieri. Il dover essere concentrati, ma anche il desiderio di poter vivere lo stesso sentiero in un altro modo.
«Alla vigilia, ma anche domani (oggi, ndr) – ci confida Rabensteiner – avrò modo di fare una passeggiata un po’ più tranquilla e allora me la godrò per bene. Anche perché è così diverso dalle montagne di casa mia in Alto Adige. Questa terra è bellissima. Certo, mi sarebbe piaciuto fare il bagno al mare come l’anno scorso!».
Ma quanto è bella l’Italia? E dove ti può portare una Mtb? Anzi, quanto può farti penetrare nel bello di un territorio? Domande a cui rispondere può non essere così difficile: basta solo mettersi in sella e scoprirlo in prima persona.