Un gruppo di 10 amici, un’isola, un viaggio in bici. Ma non si tratta di una normale vacanza, bensì di un’esperienza ideata per qualcosa di più grande: sensibilizzare l’opinione pubblica sulla lotta contro il cancro.
Questo, in sintesi, è stato il “Corsica Tour 2025, Pedalando per la Ricerca AIRC”, vissuto tra il 30 maggio e il 4 giugno scorso da un gruppo di amici capitanati da Ciro Russo, ex lottatore professionista e ambasciatore della Fondazione AIRC. Ma com’è nata l’idea? E cosa ci fa un campione di lotta greco-romana in bici? Abbiamo contattato Russo per farci raccontare direttamente da lui quest’avventura e, soprattutto, il suo significato.
Ciro, com’è nata quest’idea?
Io in realtà arrivo dalla lotta greco-romana a livello professionistico. Poi nel 2020 mi sono avvicinato alla bici e negli anni ho fatto altri viaggi sempre in collaborazione con AIRC. L’anno scorso poi con mio padre e alcuni suoi amici ciclisti abbiamo fatto il Tuscany Trail, è andato bene e allora quest’anno abbiamo pensato di affrontare tutto il perimetro della Corsica.
Dicci qualcosa di più su questo tuo legame con AIRC
Per trascorsi familiari ho avuto a che fare con quella malattia, e quindi già quando ero un lottatore professionista ho voluto usare la mia visibilità per dare una mano alla ricerca contro il cancro. A quel punto è stato naturale avvicinarmi alla Fondazione AIRC, che è la più importante a livello nazionale. Abbiamo utilizzato questo viaggio per veicolare i messaggi legati alla Fondazione attraverso i social, sia prima della partenza ma soprattutto durante.
Com’è stato il percorso dal punto di vista cicloturistico?
Bellissimo. Il succo è stato fare il giro della Corsica in senso antiorario partendo da Bastia. Abbiamo fatto 6 tappe per un totale di 680 chilometri e 8000 mila metri di dislivello, dal 30 maggio al 4 giugno. Non ce lo aspettavamo ma a livello paesaggistico è stato sorprendente. L’avevo già fatta in macchina durante una vacanza, ma in bici naturalmente è tutta un’altra cosa, noti scorci, dettagli altrimenti impossibili da vedere. Le salite erano pedalabili, anche con le bici cariche, il vento giusto, la temperatura mite, le strade belle ed essendo bassa stagione c’erano anche poche macchine.
Quindi tutto liscio, nemmeno un contrattempo?
Gli imprevisti ci sono sempre. Un paio di giorni siamo andati un po’ lunghi e il caldo si è fatto sentire, come anche la mancanza d’acqua, perché lì fuori dai paesini c’è poca. Per questo dobbiamo ringraziare EthicSport che ci ha dato un sacco di integratori e gel che ci hanno dato una grossa mano. Ma forse l’imprevisto più grosso c’è stato un giorno in cui in cima ad una salita abbiamo trovato la strada chiusa. Pensavamo solo per le macchine abbiamo continuato, invece dopo poco abbiamo trovato un operaio che ha fermato anche noi. Allora siamo tornati indietro per qualche chilometro dove abbiamo trovato un altro operaio che ci ha detto che in realtà si poteva passare per un’altra strada. Insomma, un po’ di qui pro quo, ma alla fine siamo riusciti a ricongiungerci con la traccia. Per fortuna, altrimenti avremmo dovuto allungarla di un bel po’.
Eravate in 10. Chi c’era assieme a te?
Il gruppo di base eravamo io, mia moglie, mio papà e suoi amici, più altre due persone che si sono aggiunte. Metà più giovani e metà meno, ma noi più giovani eravamo anche meno esperti, quindi ci siamo compensati molto bene. Noi puntando sull’età e loro sull’esperienza.
Qualcuno magari si potrebbe chiedere cosa c’entri un viaggio in bici con la ricerca contro il cancro. In che modo un viaggio simile può essere utile?
La promozione di qualsiasi tipo di attività fisica è utile, perché l’attività fisica di per sé è fondamentale per la prevenzione dalle malattie. Poi credo sia importante anche il fatto di mettersi in gioco in prima persona con una sfida difficile, mettere il cuore e le gambe in qualcosa in cui si crede. Inoltre durante il viaggio parlavamo con le persone che incontravamo e gli spiegavamo il progetto. E, come forse ho già accennato, utilizzavamo i social per fare divulgazione. Ogni sera abbiamo fatto una diretta in cui abbiamo parlato dell’importanza del sostenere la ricerca.
C’era anche una raccolta fondi?
Cero, abbiamo promesso una raccolta di donazione su Rete del dono, con un link che abbiamo condiviso dappertutto. Chi ci seguiva poteva donare lì e alla fine del viaggio è stato tutto devoluto ad AIRC.
E a livello di seguito com’è andata?
A livello social molto bene, poi convertire quei numeri in donazioni è sempre difficile. Siamo comunque soddisfatti perché abbiamo raccolto 1500 euro. Nel 2020 stavo preparando le Olimpiadi di Tokyo, poi per il Covid hanno stoppato tutto e allora ho iniziato a pedalare. Poi all’ultimo momento ci hanno richiamato a Roma per la preparazione, allora un po’ scherzando ho pensato di andarci in bici da Torino. Alla fine l’ho fatto davvero, attraverso la via francigena. Ecco lì nella raccolta fondi è stato diverso, perché ero ancora un lottatore professionista che si cimentava in un’altra disciplina, quindi qualcosa che attirava molto l’attenzione, e infatti ho raccolto circa 6500 euro. Poi via che riproponi iniziative simili è normale che le persone che donano siano sempre meno, ma appunto per questo siamo molto contenti di com’è andata con il Corsica Tour.
Prima hai accennato anche ad un altro viaggio…
Sì, nato dal mio arrivo a Roma quella prima volta. Mia moglie ha visto come mi sono commosso all’arrivo e grazie a questo anche lei si è avvicinata al ciclismo. Quindi abbiamo deciso di organizzare un viaggio assieme in memoria di suo nonno che era venuto a mancare da poco proprio di tumore. Abbiamo scelto Santiago perché è un luogo simbolico, però siamo partiti da casa, 2000 chilometri in 20 giorni. Eravamo noi due e mio papà, che ci ha accompagnati perché era molto più esperto di noi.
E com’è andato?
Il sesto giorno mio papà ha avuto un piccolo incidente e ha dovuto abbandonare. Eravamo a Montpellier, in Francia, non sapevamo se continuare o no. Ma alla fine abbiamo deciso di andare avanti anche per lui. Anche lì è stato un successo, abbiamo raccolto 3550 euro. Ma al di là di quello che si raccoglie, che comunque è importante perché sostiene i ricercatori, quello che mi piace è l’idea di mettersi in gioco per qualcosa che si ritiene importante.
Ciro, ultima domanda. Hai già in programma il prossimo viaggio?
Quando si arriva ad una meta si pensa sempre già a quella dopo. Ci sono diverse possibilità che stiamo vagliando. Per ora le mete papabili sono la Sicilia, il centro Italia e il Trentino, tutti luoghi ottimi per il cicloturismo. Non sarà facile organizzare perché mettere insieme gli impegni di 10 persone non è semplice, ma faremo il possibile. Quest’esperienza in Corsica è stata bellissima e ci piacerebbe molto, sia per noi che per AIRC, riuscire a replicarla.