Un giorno, siamo verso la fine del 2012, Andy Van Bergen si presenta in ufficio zoppicando. I colleghi non mancano di chiedergli che cosa è successo: «Ieri ho pedalato per 300 chilometri e fatto quasi 6.000 metri di arrampicata». Gli altri, un po’ delusi, gli rispondono con sufficienza, quasi schernendolo. Andy incassa, ma dentro di sé pensa che pedalare così, senza un risultato visibile, capace di colpire l’attenzione generale, non ha più senso. Scruta nella sua mente, nei suoi interessi. Girando per la città, la sua attenzione è distolta da un’immagine di un libro in una vetrina, legata alla scalata dell’Everest. Andy è un appassionato delle storie di alpinismo e la sua ricerca trova finalmente la risposta: pedalare senza interruzione non guardando ai chilometri, ma al dislivello: «Raggiungerò gli 8.848 metri di altitudine mettendoli uno appresso all’altro, in un’unica soluzione, vedremo chi riuscirà a fare lo stesso».

Pedalando in cima al mondo
Era nato in quel momento l’Everesting, che nel corso di questa dozzina di anni si è evoluto diventando una vera e propria disciplina. Il suo regolamento è semplice: toccare il numero che rappresenta la cima più alta del mondo attraverso una pedalata, senza soluzione di continuità oppure in un lasso di tempo stabilito. Puoi farlo attraverso due-tre scalate di grandi cime, puoi semplicemente salire la rampa di casa, l’importante è che alla fine, sul display, compaia il fatidico numero.
Vabbé, qualcuno dirà che di idee del genere (che qualcuno definirebbe “strampalate”) ne sorgono a decine, come ha fatto l’Everesting a raggiungere tanta notorietà non solo nell’ambito ciclistico fino a diventare un vero e proprio nome raffigurante una specialità? Forse ha contribuito il battage pubblicitario scatenato da un illustre predecessore di Andy.
Un illustre precursore
Trattasi di George Mallory, ossia il nipote di George Herbert Leigh Mallory che nel 1924 aveva perso la vita proprio sull’Everest. Nel 1994 il suo discendente mentre si stava allenando proprio per riuscire nell’impresa del nonno decise di compiere un “antipasto”, scalando per 10 volte il monte Donna Buang in Australia, una vetta di 1.250 metri di altezza. «Percorrere l’Everest in bici e scalare la montagna asiatica sono due cose completamente diverse, eppure ho scoperto che la prima impresa è fisicamente più dura della seconda».
Andy ne venne a conoscenza due decadi dopo. Aveva capito che la sua idea era valida se aveva avuto un precedente così illuminato. Così mise insieme un po’ di gente, 65 ciclisti e in una notte hanno affrontato la sfida. Qualcuno ce l’ha fatta, qualcun altro no, ma intanto l’Everesting era ufficialmente nato.
Oltre 32 mila tentativi riusciti
Nel corso di questi ulteriori dieci anni, l’Everesting si è evoluto diventando una vera e propria organizzazione e coloro che si sono cimentati nell’impresa sono diventati migliaia sparsi per il mondo, con un regolare registro delle imprese compiute ma anche una sorta di gara fra chi ne completa di più. A oggi ne sono contemplati ben 32.005 tentativi riusciti, tutti registrati sulla Hall of Fame del sito. Ma ora è tempo di qualcosa di nuovo.
Quest’anno l’associazione lancia infatti due nuove manifestazioni, per dare un’impronta diversa alla sua creatura. La prima è l’Everesting Teams Challenge che si disputerà a Vielha (ESP) il 12 e 13 settembre. Si andrà sui Pirenei, a un tiro di schioppo dal confine francese, per una sfida con le gravel dove ogni componente il team dovrà salire per 2.212 metri se si tratta di un quartetto o di 4.424 metri per le coppie, su un tracciato lungo 18 chilometri, da coprire 4 volte per i team da 4 componenti e 8 volte per i duo.
Il primo Everesting ufficiale
Successivamente, il 22 marzo 2026, si andrà a Medellin, la città in altura della Colombia tristemente famosa per la lunga presenza del boss della droga Pablo Escobar. Sarà il primo Everesting ufficiale, che vedrà i protagonisti scalare l’Alto de Palmas con un’altitudine di 2.520 metri per una distanza totale di 60 chilometri. Anche qui si gareggerà per team, da 2 o da 4.
Che cosa comporta introdurre l’agonismo nell’Everesting? Innanzitutto il viverlo in compagnia, collaborando per un obiettivo comune, poi avere servizi essenziali come strade chiuse, cronometraggio, tracciamento costante, assistenza medica e meccanica, fisioterapia a disposizione, servizio fotografico e maglia premio.
Si arriverà anche in Italia
Nel frattempo ad aprile si sta svolgendo l’Everesting 30-day e qui torniamo alla sua versione più classica: un mese per raggiungere la fatidica vetta, bastano in fin dei conti 300 metri al giorno ottenendo un badge quotidiano attraverso l’app Strava per tenere conto dei propri progressi. In palio premi a sorteggio, tra cui anche un viaggio per toccare l’Everest, quello vero…
Per molti l’idea di introdurre la competizione non è stata tanto accattivante, quasi tradendo la filosofia alla base della sua affermazione planetaria. E non usiamo a caso questa parola se si considera che coloro che hanno completato l’impresa vengono da 116 Paesi. Ma la strada ormai è tracciata e dal quartier generale fanno sapere che presto verranno annunciate altre challenge ufficiali in più nazioni, tra cui anche l’Italia.