| 21 Giugno 2024

Dieci anni di Everesting. Il mantra degli 8.848 metri…

Everest, la montagna più alta del mondo: 8.848 metri. Un tempio tra Cina e Nepal. Giusto qualche giorno fa vi abbiamo parlato di Reinhold Messner, che lassù scrisse pagine indelebili dell’alpinismo. Da quella quota immensa nasce Everesting, format che compie 10 anni. L’obiettivo di Everesting: ripetere, in dislivello, la quota del tetto del mondo, quindi 8.848 metri

L’idea ha matrice australiana ed è del 2014, quando un ciclista aussie di nome George Mallory, che per puro caso porta uno dei nomi più legati all’Everest (lui e Irvine sfiorarono la vetta nel 1924!), ha deciso di salire ripetutamente una collina dalle sue parti fino a raggiungere la stessa quota dell’Everest. Da allora, questa sfida è diventata popolare in tutto il mondo, con migliaia di ciclisti che hanno tentato di completare appunto l’Everesting.

In Italia l’Everesting è arrivato un anno dopo. Lo ha fatto nel Lazio Fabrizio Dolce, un ciclista appassionato che insieme ad altri amici si è cimentato in quella che allora era un’avventura sulla salita di Campo Catino, nel frusinate al confine con l’Abruzzo.  

Everesting ha una certificazione e un regolamento precisi, ma Dolce ci dice molto di più…

Il referente di Everesting Italia, Fabrizio Dolce
Fabrizio Dolce di Everesting Italia
Fabrizio, dieci anni di Everesting dunque…

Sì, nacque dai ragazzi di Hells 500 in Australia e un anno dopo, nel giugno 2015 è arrivato anche da noi in Italia e infatti stiamo pensando a dei festeggiamenti per il decennale. Fu un’esperienza bellissima, che facemmo in gruppo. Da lì abbiamo deciso di “inventare”, di portare avanti questo format. Però vorrei fare una precisazione.

Prego…

Non voglio attribuirmi una paternità che non ho. Vale a dire: in Italia c’erano già stati due Everesting prima del nostro. Quello di cui invece vado fiero è di aver creato Everesting Italia come organizzazione, come riferimento per chi vuole cimentarsi in questa sfida. Alla fine non è così scontato chiedere informazioni, consigli, omologazioni a chi è dall’altra parte del mondo, parla un’altra lingua e ci si comunica solo per e-mail.

Quante persone in Italia hanno portato a termine un Everesting? 

Per la precisione 1.823, l’ultimo è stato un ragazzo che mi ha scritto giusto pochi minuti prima dell’intervista. Un everester che mi ha anche ringraziato per i consigli elargiti, perché anche se l’Everesting è aperto a tutti non è per tutti. Serve una buona preparazione di base, una pianificazione accurata. Per questa sfida serve supporto.

Il Monte Everest, tetto del mondo con i suoi 8.848 metri di altezza. L’Everesting ha scopo di replicare quella quota
Il Monte Everest, tetto del mondo con i suoi 8.848 metri di altezza. L’Everesting ha scopo di replicare quella quota
E immaginiamo anche una certa esperienza?

Sì, anche se quella si acquisisce con il tempo. Io per esempio ne ho portati a termine 24 e la mia esperienza è maturata anche nell’aiutare gli altri. Come detto, serve supporto, bisogna uscire dal concetto del ciclismo tradizionale: c’è sfida, pianificazione, idratazione, scelta della salita, mente, alimentazione…

Qual è il profilo di chi fa l’Everesting?

L’everster è una persona a cui di certo piace andare in bici, ma che vuole vivere un’esperienza nuova, profonda. Una persona che vuole confrontarsi con i propri limiti, soprattutto mentali, perché posso assicuravi che da un certo punto in poi il tuo fisico ti abbandona e subentra la forza di volontà. Si va avanti solo con quella.

Visto che siamo in tema, è un po’ come la “zona della morte” dell’alpinista…

Esatto, è come quando l’alpinista si avvicina a quota 8.000 o il maratoneta al trentacinquesimo chilometro. Comunque gli everester sono ciclisti da 25 a quasi 80 anni, davvero un’ampia fascia di età. Poi chiaramente i tempi sono differenti e variano molto anche in base all’allenamento. Nei primi anni Everesting stava prendendo una piega che non mi piaceva troppo.

La distanza varia in base alla pendenza e quindi alla lunghezza della salita che si sceglie per la sfida. Più di qualche volte si conclude col buio
La distanza varia in base alla pendenza e quindi alla lunghezza della salita che si sceglie per la sfida. Più di qualche volte si conclude col buio
Vale a dire?

Un approccio troppo agonistico e competitivo. C’era gente che mi chiamava per sapere quanto ci aveva messo il più veloce, chi mi diceva di averne fatti di più… No, lo spirito non era questo. Non era una gara, ma una sfida, un’avventura personale. A me interessava il fare vivere questa esperienza.

Fabrizio, hai parlato di pianificazione, strategia. Spiegaci meglio.

La strategia non si deve basare sulla velocità ma sull’obiettivo di finire l’Everesting e impostare un passo di conseguenza. Bisogna pensare che si consumano 10.000 calorie ed è impensabile di introdurle tutte mentre si pedala. Servono le pause giuste, l’idratazione corretta, cambiarsi i vestiti, controllare la bici, scegliere l’orario giusto che per me è il primo pomeriggio così da affrontare la notte non del tutto sfiniti, mangiare bene…

E la scelta della salita?

E’ molto importante. Di solito l’Everesting si fa sulla salita preferita, ma chi non ce l’ha deve pensare di ottimizzare. Come? Scegliendo una scalata che abbia una buona logistica, tipo un parcheggio per l’auto, un bar lungo il percorso, un fondo stradale buono. In tanti dicono: “Scelgo la salita più lunga così faccio meno ripetizioni”. Sbagliato. Perché se è vero che la “prestazione” si fa in salita c’è poi la discesa, parte integrante di questa sfida.

Anna Crialesi festeggia il suo Everesting nel 2021
Anna Crialesi festeggia il suo Everesting nel 2021
Cosa vuoi dire?

Dopo i 5.000-6.000 metri le cose cambiano. Si è stanchi e guidare in discesa non è più facile o scontato, specie se si pedala di notte. Io feci un Everesting verso Campo Catino: 18 chilometri di salita, altrettanti di discesa con 64 curve… posso assicurare che mantenere la lucidità era tosta.

Quindi qual è la scalata migliore?

Una salita che va dai 4 ai 10 chilometri di lunghezza al massimo, che non sia troppo ripida ma neanche troppo facile, quindi attorno al 6-7 per cento. In questo modo si completa il tutto attorno ai 220-240 chilometri. Tanto se si sceglie una scalata ripida alla fine il tempo è lo stesso: perché si va più piano e ci si stanca forse anche di più. E’ importante scegliere una scalata dove si possa gestire lo sforzo. Uno sforzo “blando”, il cui obiettivo come dicevo è quello di portare a termine l’esperienza.

In tanti anni c’è un Everesting che ti ha colpito più di altri?

Ce ne sarebbero molti. Gente che lo ha fatto sullo Stelvio, gente sotto la neve… Ma ce n’è uno in particolare che ricordo con immenso piacere. Ogni anno organizzo un Everesting a San Giovanni Incarico, in provincia di Frosinone. Una scalata di 2,8 chilometri, 180 metri di dislivello, 50 ripetizioni. Nel 2021 eravamo un gruppo di amici e tra questi c’era Anna Crialesi. Non tutti partirono al primo pomeriggio. Alcuni, tra cui Anna, iniziarono prima. Andavano più lenti e volevano avvantaggiarsi un po’ in qualche modo, più che altro per stare al passo.

Dolce ha detto che l’Everesting sta prendendo piede anche nel running (trail running in particolare). E che ormai si fa 12 mesi l’anno
Dolce ha detto che l’Everesting sta prendendo piede anche nel running (trail running in particolare). E che ormai si fa 12 mesi l’anno
Chiaro…

Dopo sole quattro scalate scoppia, inatteso, un temporale tremendo. Le temperature crollano. Io mi fermo dicendo che in quel modo non ne valeva la pena, ma chi voleva chiaramente poteva continuare. Anna volle proseguire. Lei era a metà sfida e ci disse: «Sento che se non continuo adesso poi non posso rifarlo». Chiede il nostro aiuto. La seguiamo in auto. Passa una notte tremenda. Al mattino, baciata dal sole, termina il suo Everesting. Pochi mesi dopo le viene diagnosticato un cancro in fase terminale. Muore. Quella frase risuona in me come un tuono, come un segno del destino. Oggi questo Everesting ancora mi commuove, così come la sua determinazione.

Possiamo capirti Fabrizio. Andiamo avanti: dieci anni, come si festeggia e come festeggerà Everesting Italia il prossimo anno?

Stiamo già pensando ai festeggiamenti. Faremo un evento a Campo Catino, dove tutto ebbe inizio. L’idea è di chiamare tutti gli everester e di organizzare una due giorni di pedalate, convegni… ma non un Everesting, sarebbe complicato. L’importante è condividere e stare insieme. Ma l’obiettivo in qualche modo era un altro e non tanto il traguardo dei 10 anni.

Spiegaci meglio…

Quando parlai con i ragazzi australiani loro mi dissero che nonostante l’Australia è da sola praticamente un continente, tanta gente per fare l’Everesting doveva prendere l’aereo alla ricerca di montagne e colline. A quel punto io ho pensato all’Italia: “Noi abbiamo salite in ogni punto: dalle Alpi al Sud, isole comprese. Di certo funzionerà”. E così l’obiettivo, la festa, era avere degli Everesting in ogni regione. E ci siamo riusciti. Anche in Puglia, la regione più pianeggiante, in qualche zona del Gargano questo è stato possibile. E mi ha reso felice.

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