| 7 Novembre 2024

Marco Aurelio Fontana: il gravel secondo me…

Marco Aurelio Fontana è un gigante dell’offroad italiano e della mtb in particolare. Per tutti “Fonzie”, è un vero simbolo del ciclismo, vissuto anche come divertimento e stile di vita. Fontana ha ottenuto medaglie iridate, podi di coppa del mondo e persino un bronzo olimpico.

Ma soprattutto si è sempre rimesso in gioco, sia durante la carriera che dopo. Ha provato enduro, gravel, mtb e persino fatto delle apparizioni su strada. Oggi Fontana è un vero amante della bici e tra queste non poteva mancare il gravel. A lui, come facemmo con Daniel Oss, chiediamo cosa ne pensa di questa “variante” del ciclismo.

Oggi il gravel è il settore che più attira. Il motivo è apparentemente facile da capire: è un punto d’incontro tra biker e stradisti. Ci si può correre, passeggiare, gareggiare. E, se vogliamo, è anche un po’ una moda.

Marco, perché dunque il gravel piace così tanto?

Perché alla base c’è una bici alla portata di tutti, in tutti i sensi: è facile da guidare, ci puoi fare vari tipi di percorsi, costa meno. Certo, anche qui possono esserci bici gravel molto costose, ma anche con 3.000 euro o poco più puoi acquistare una bici perfetta per fare il mondiale gravel o una passeggiata dietro casa con gli amici. E poi è green…

Spiegaci meglio

La bici è green già di suo, ma per chi vuole vivere un’esperienza ancora più green, slow, a contatto con la natura, la bici gravel lo è ancora di più. Insomma, è una bici amichevole, semplice come lo stare in natura: non ha sospensioni, è essenziale. È una bici a impatto zero! In qualche modo la paragono alla bici elettrica.

Cioè?

Sia la gravel che una e-bike sono mezzi condivisibili, cioè puoi partire e arrivare tutti insieme nel giro in bici. Ma a differenza dell’elettrica, che a “chi ce l’ha col mondo” non piace, la bici gravel va bene per tutti. È più friendly.

Semplicità e condivisione sono due aspetti alla base del gravel per Fontana
Semplicità e condivisione sono due aspetti alla base del gravel per Fontana
A te, Marco Aurelio Fontana, cosa piace del gravel?

La prima cosa è che appena sali in sella ti senti a casa. Regolata la prima volta, poi non tocchi più nulla, sei libero. Non devi modificare la posizione delle leve, arretramenti sella o setup vari… Anche dopo sei mesi che non la tocchi, gonfi a caso, sali e vai. E sei contento sempre. Per me è una bici comoda, che mi fa venire voglia di pedalare.

E dici questo nonostante tu sia un amante della tecnologia….

Oggi se ti piace la tecnica puoi impazzire tra gomme, sospensioni elettroniche, cerchi… Ma se vedo una bici gravel m’innamoro della sua semplicità. La mia, al netto del cambio elettronico, non ha nulla. È un po’ come quelle auto degli anni ’80: più lente, meno accessoriate, ma pure. Se paragoni una gravel bike con una mtb è più lenta sullo sterrato; se la paragoni con una bici da corsa è più lenta su asfalto… perde sempre, eppure è fantastica! Almeno se parliamo di bici che non sono per il gravel agonistico, ovviamente.

Marco, affrontavi rock garden incredibili con 100 millimetri di escursione in competizione con i campioni, poi hai fatto anche enduro: hai provato tutte le sfaccettature della bici. Cosa ti passa per la testa quando fai gravel?

Non mi passa niente! E lo dico in senso positivo. Il gravel non ti chiede né impone nulla. Non hai bisogno di andare forte o piano. Magari su un single track che anni fa sarebbe stato per mtb, mi diverto a fare qualche linea, a spingere un po’, ma poi vado come viene. È un mezzo che mi consente di staccare. E mi fa stare bene.

Andare in gravel bike (o fare gravel) aiuta a staccare del tutto secondo Fontana
Andare in gravel bike (o fare gravel) aiuta a staccare del tutto secondo Fontana
La tua prima volta in gravel: come è stata? E cosa ricordi?

Ricordo che non l’avevo presa troppo in considerazione: in quel periodo correvo e non era il mio mondo. Erano i tempi della Bianchi, quindi 8-9 anni fa. Mi parlarono di questa bici, ma non ci feci troppo caso. Poi, una volta terminata la carriera agonistica e approdato in Focus Bikes, l’argomento si fece più interessante.

Chiaro, era anche un’altra opportunità di lavoro. Avevi un’altra veste…

Esatto, dissi che volevo provarla. Salii su questa bici, una Atlas in alluminio, senza aspettative… e rimasi folgorato. Per tradizione tengo sempre una bici l’anno dei vari brand con cui ho pedalato, e quell’anno tenni con me proprio quella Atlas. Una bici da 2.000 euro, ma eccezionale. Aveva un angolo di sterzo piuttosto aperto, e questo mi divertiva sui sentieri, ma nonostante tutto restava veloce. Anche se pesante, era fighissima. Con quella bici feci il primo campionato italiano gravel della storia. E poi ho anche provato a caricarla.

A proposito, hai mai fatto dei viaggi in gravel?

Di un paio di giorni sì, ma di base non sono un super amante dei viaggi in bici. Posso arrivare a due o tre giorni, ma non di più. Una volta me ne andai dalle parti del Biellese, sopra a Oropa. E un’altra ancora sono partito da casa mia (nella zona del piacentino, ndr) per andare al mare con gli amici. Ma la gravel va bene anche in questi casi: non ha punti negativi. La carichi e su asfalto va comunque a 30 all’ora. Provate a caricare una mtb: fareste fatica ad andare ai 20 all’ora…

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