Giacomo Garofoli è un uomo che non si ferma mai. In sella alla sua bicicletta, ha appena compiuto un’impresa che sembrava impossibile: 60.000 chilometri in un anno e oltre 1,7 milioni di metri di dislivello. Sì, 1,7 milioni, avete capito bene, in pratica come andare da Roma a Copenaghen… in verticale! Non si tratta di un’impresa qualsiasi, ma di un record – di certo almeno per il dislivello – che sarebbe stato anche un Guinness se solo avesse avuto una strumentazione omologata. Una sfida che ha visto Garofoli scalare montagne e percorrere strade di ogni tipo, dal caldo afoso dell’estate marchigiana alle gelate delle mattine d’inverno. Un’impresa incredibile, che si aggiunge a una lunga carriera fatta di sacrifici, determinazione e, soprattutto, passione per il ciclismo.
Classe 1981, marchigiano di Castelfidardo, Garofoli ha sempre vissuto con il ciclismo nel cuore. Dopo aver corso in gioventù fino alla categoria juniores e successivamente come amatore, si è dedicato negli ultimi anni a una “carriera” d’assalto, spingendo il suo corpo al limite.
Ma ciò che rende la sua impresa ancora più straordinaria è l’abilità di conciliare un obiettivo estremo con una vita quotidiana all’insegna del lavoro e della famiglia. Giacomo, infatti, lavora in azienda che produce porte, ha tre figli, e ogni giorno si sveglia alle 4 del mattino per poter pedalare per 180-200 chilometri, accumulando migliaia di metri di dislivello prima di dedicarsi alla sua attività imprenditoriale.
La passione diventa impresa
Per Giacomo Garofoli, la bici c’è sempre stata. «Da giovane – racconta – facevo agonismo, fino a 19 anni, poi sono passato al ciclismo amatoriale, facendo granfondo e pedalando per tanti chilometri. Con il Covid, però, qualcosa è cambiato. Ho iniziato a fare sempre più chilometri e sempre più dislivello, fino a raggiungere questi numeri che ora fanno impressione, ma che per me sono solo una sfida con me stesso».
E così, un po’ per gioco, un po’ per mettersi alla prova, Giacomo si è spinto oltre il limite, riuscendo a percorrere 50.000 chilometri all’anno con almeno 1.500.000 metri di dislivello nelle ultime stagioni. Ma quest’anno ha deciso di fare il passo decisivo: abbattere il muro dei 60.000 chilometri in 365 giorni.
L’impresa è straordinaria non solo per la distanza, ma per la fatica che comporta. Garofoli percorre mediamente 190 chilometri e circa 5.000 metri di dislivello al giorno. Il che è d’obbligo per arrivare a quei numeri. Giacomo deve pedalar ogni giorno senza fermarsi, con pochi giorni di riposo all’anno. Un’energia inarrestabile che si traduce in un impegno fisico e mentale straordinario. Non è solo la fatica della pedalata, ma anche la forza mentale di mettersi continuamente alla prova, di non fermarsi mai.
Tra ciclismo e lavoro
Quello che stupisce maggiormente, guardando la vita di Garofoli, è il suo equilibrio tra sport estremo e una quotidianità apparentemente “normale”. Garofoli lavora infatti in una delle due aziende di famiglia, l’azienda Gidea, un’impresa che si occupa di arredamenti e porta interni.
«Mi sveglio alle 4 del mattino – racconta Giacomo – faccio colazione, una colazione molto abbondante, e alle 6 sono in sella. Termino verso le 13 e dopo aver mangiato un boccone alle 14 sono al lavoro fino a sera. Dormo poco, circa 4 ore a notte, ma mi organizzo bene». Questo ritmo serrato gli consente di raggiungere i suoi obiettivi, ma comporta anche sacrifici, soprattutto sul fronte familiare. «Ho tre figli, una moglie. Non è facile, ma la bici è sempre stata una mia passione e non voglio rinunciarci. Ormai lo sanno bene anche loro. Anzi, li devo ringraziare moltissimo, specie mia moglie Eleonora. Lei mi dà forza e mi sostiene non solo moralmente, ma anche nel concreto. Per esempio, segue totalmente lei i figli lasciandomi più tempo a disposizione. E lo stesso vale per i ragazzi: sono ben consapevole di avergli tolto qualche ora, ma in futuro recupererò!».
In effetti, per Garofoli, la bicicletta non è solo uno sport, ma una vera e propria terapia. Pedalare ogni giorno gli consente di staccare dalla routine lavorativa, di trovare un momento di solitudine e di concentrazione, e di superare i limiti fisici e mentali, perché alla fine questa se vogliamo è anche un grande sfida mentale. Pensateci, svegliarsi ogni mattina: pioggia o caldo, freddo o vento ed essere in sella…
«Avrò saltato forse due giorni per malanni – dice con orgoglio Garofoli – Pedalare per me è come un atto di libertà. Sei solo, sei con te stesso e riesci a liberare la mente. È una sensazione unica che difficilmente trovi in altri sport».
Numeri galattici
I suoi 60.000 chilometri Garofoli li ha consumati battendo principalmente lo stesso percorso, quello che da casa sua muove verso il Conero e ritorno. Di tanto in tanto, solitamente nel weekend, cambia rotta e si dirige verso l’Appennino. Questa routine che a noi ha colpito è invece per lui una sicurezza, sotto ogni aspetto.
«Sono consapevole – spiega Giacomo – che fare tanti chilometri mi espone ad un rischio elevato, ma scegliendo di fare quasi sempre la stessa strada mi consente di rilassarmi, certe volte è come se la bici andasse da sola, ma anche di essere riconosciuto dal traffico quotidiano. Ormai i veicoli lo sanno che sono lì a quell’ora, più o meno. Non solo, ma questa regolarità ha fatto sì che possa trovare per ogni ora dei compagni di viaggio. C’è chi mi segue dalle 8 alle 9, chi dalle 9 alle 11… Passo dalle loro zone in quegli orari: si va in compagnia e mi sento più sicuro. Lo stesso se mi fermo al bar per un caffè veloce o per prendere l’acqua ad una fontana. Ho le mie tappe ormai».
Fare tutta questa strada non è cosa banale neanche per la sua Specialized Aethos. Con questi ritmi infatti anche le manutenzioni ordinarie devono essere ben calibrate.
«Ogni mese devo sostituire la catena e le pasticche dei freni. Cambio i copertoni ogni tre settimane. In tal senso devo ringraziare i miei suoceri, Flavio e Nadia e mia madre Tiziana. Flavio mi aiuta nella manutenzione della bici, mi viene in supporto in caso di problemi meccanici. Quando alzo il telefono c’è sempre. E poi c’è la mia di usura! Non è facile, ma è una sfida che mi piace. A volte il corpo chiede di fermarmi, ma io devo andare avanti».
E allora alla domanda sul perché facesse tutto questo, Giacomo ha risposto: «Mi sono sempre detto che questo dovevo farlo per lasciare un segno. Per me è un record, è qualcosa che non avevo mai visto fare da nessuno. Non l’ho fatto per vanità, ma per testare i miei limiti e vedere fin dove posso arrivare. Per fare vedere agli altri, ai miei familiari quel che si può fare».
Zero limiti
Giacomo Garofoli non sembra avere intenzione di fermarsi. Nonostante l’idea di ridurre i chilometri nel futuro e magari concentrarsi su qualche gara di granfondo o gara di ultracycling, l’adrenalina della sfida quotidiana lo spinge sempre più lontano. «In effetti ci sto pensando, visti i tanti chilometri accumulati fare certe competizioni non sarebbe un problema. L’anno prossimo voglio fare qualche gara, magari senza pensare più ai chilometri. Però, per ora, mi piace andare avanti così. La bici è una passione che non voglio lasciare. Finché il corpo tiene, io continuo».
La bicicletta, per Giacomo Garofoli dunque, non è solo sport. È un modo per mettersi alla prova, un’opportunità per esplorare se stesso e, in qualche modo, sfidare il mondo intero a partire da quello ognuno di noi ha dentro. La sua storia è, senza dubbio, una di quelle che lasciano il segno, nel cuore di chi pedala e di chi guarda con ammirazione chi, come lui, non si ferma mai.