L’estate è per definizione il periodo ideale per i viaggi in bici. Il clima è favorevole, le giornate sono lunghe, gli uffici sono chiusi. Tutto il mondo diventa un parco giochi per i cicloviaggiatori, e ogni anno veniamo a conoscenza di persone che si spingono in posti molto particolari.
Uno di questi è sicuramente l’arcipelago delle Lofoten, in Norvegia, a nord del circolo polare artico. Abbiamo contattato Diletta Lazzarotto, una ragazza di Bassano del Grappa appena tornata da un viaggio in bikepacking tra quelle isole, in tenda e in solitaria, per farci raccontare com’è pedalare dove d’estate non tramonta mai il sole.
Diletta, come mai hai scelto un posto così sperduto come le Lofoten? Il cammino di Santiago non andava bene?
Principalmente perché mi piacciono le isole, come luogo fisico e come concetto. Poi perché quando scelgo un viaggio ciclistico un po’ inconsciamente guardo sempre verso ovest: ho cominciato con la costa atlantica irlandese, poi ho percorso quella francese, e ora un piccolo tratto di quella norvegese. Detesto il freddo, ma la sensazione che provo nel pedalare con l’Oceano di fianco e il tipo di luce che si trova nelle coste del nord evidentemente controbilanciano gli svantaggi del montare la tenda sotto alla pioggia per vari giorni di fila. E poi il Cammino di Santiago l’avevo già fatto, è troppo affollato per i miei gusti: servono posti sperduti per potersi perdere al meglio.
Ci sono delle accortezze a cui hai dovuto pensare per pedalare lassù?
Non sono una gran pianificatrice, avrei sicuramente potuto organizzare meglio il viaggio e verificare per esempio i dislivelli. Fino all’ultimo minuto non avevo altro che i biglietti aerei in mano, e la consapevolezza che mangiare in loco sarebbe costato tantissimo. Per cui l’unica cosa che ho effettivamente preparato in Italia sono stati chili di cibo che hanno riempito gran parte delle borse e che mi sono bastati per tutto il viaggio, proprio per non dover fare la spesa lì. Mi sono anche assicurata che tutta l’attrezzatura fosse impermeabile: è stato fondamentale, perché è piovuto molto. A parte questo, tutto il resto è stato improvvisato. Certo, la Norvegia è un Paese sicuro e vicino a casa: in altre aree del mondo mi informo un po’ di più.
Come hai organizzato il tragitto?
Non l’ho organizzato in termini di tappe e di fatto non avevo una traccia. Ho seguito la Eurovelo 1 da Å i Lofoten sull’isola più a occidente dell’arcipelago in direzione nord-est fino a Tromsø. La Eurovelo 1 percorre l’Europa Atlantica da Capo Nord al Portogallo, e in particolare nell’arcipelago delle Lofoten coincide con la E10, l’unica strada che collega le isole con ponti e tunnel sottomarini: sarebbe stato abbastanza difficile sbagliare! Una cosa forse utile da sapere è che tutti i traghetti tra le isole sono gratuiti per chi viaggia a piedi o in bicicletta: pagano solo i mezzi motorizzati, e questo la dice lunga sulla mentalità a queste latitudini.
Da quello che hai postato sui social però non hai soltanto pedalato, giusto?
Ho alternato i giorni in bici con alcuni giorni di trekking, e questo mi ha aiutato ad aggiungere tridimensionalità al viaggio e a situare il mio percorso nello spazio. E la terza dimensione in Norvegia è pura verticalità: altissime cascate, torri di roccia scura che precipitano nei fiordi per centinaia di metri e un orizzonte che non ti si staglia mai davanti ma che ti avvolge completamente. Te ne rendi conto pedalando, ma ancora di più quando raggiungi a piedi le vette frastagliate delle isole.
Eri in tenda, si può campeggiare liberamente?
Sì, è permesso campeggiare ovunque purché ad almeno 150 metri dalle case, fuori dalle zone coltivate e dalle aree protette. Alle Lofoten, anche a causa della pressione turistica dei mesi estivi, le aree di tutela ambientale sono piuttosto estese. Sul sito dell’Ente del turismo norvegese, però, è possibile consultare una mappa molto dettagliata che indica le zone vietate: quello era il mio riferimento ogni giorno per decidere dove fermarmi. Mi è addirittura capitato di vedere, in alcuni luoghi, dei cartelli che dicevano “Qui non puoi campeggiare, ma scannerizza questo QR code per trovare un posto in cui è permesso nelle vicinanze”. Non avevo mai dormito in libera da sola, prima, principalmente perché in quasi tutto il resto dell’Europa è vietato, ma è stata una bellissima esperienza. Fino all’ultima notte, l’unica preoccupazione che avevo era che qualcuno venisse a cacciarmi via: non riuscivo a credere che fosse effettivamente consentito.
Hai incontrato altri cicloviaggiatori?
Non moltissimi, rispetto ad altri luoghi più battuti. Anche a causa del clima incostante la bicicletta non è molto popolare e la maggior parte dei viaggiatori si sposta tra le isole a bordo di van e camper. Molti cicloviaggiatori includono le Lofoten nel tragitto verso Capo Nord, e in effetti quasi tutti quelli che ho conosciuto erano diretti lì. Ho pedalato per un po’ con un gruppetto di ragazzi svizzeri, ma in generale sono più a mio agio a muovermi da sola. Va detto che alle Lofoten non esistono quasi piste ciclabili, né ho mai visto colonnine per la manutenzione della bici o fontanelle d’acqua. Anche le distanze tra i luoghi dove puoi comprare del cibo sono spesso molto estese: ho pedalato per giorni interi senza trovare negozi.
Com’è fare un viaggio in bici in un posto in cui non tramonta mai il sole?
Le Lofoten si trovano circa 200 km sopra il Circolo Polare Artico, quindi da maggio a luglio il sole non tramonta e la luce rimane calda anche nel pieno della notte. Il sole di mezzanotte modifica completamente il senso del tempo e il suo valore. Puoi decidere di mantenere la stessa routine di sonno e veglia regolari. il che torna sicuramente utile al ritorno a casa, oppure puoi lasciarti andare completamente. Io ho scelto la seconda opzione, e mi ha dato un senso di libertà totalizzante, che non avevo mai provato prima. La luce perenne moltiplica le ore di vita e permette il lusso rarissimo di perdere il controllo e dimenticare ogni regola, seguendo solo gli istinti basici. Dormivo quando ero stanca, mangiavo solo quando avevo fame, pedalavo finché avevo energie.
Sembra una situazione un po’ straniante, quasi onirica…
Quando le ore si dilatano non bisogna sbrigarsi, non serve più arrivare da nessuna parte e il tempo è sospeso in un giorno che non finisce mai. Non serve pensare a montare la tenda prima che faccia buio, si può pedalare nel pieno della notte o cominciare a salire verso una vetta alle 10 di sera. In viaggio è normale perdere il conto dei giorni, ma lì ho perso gradualmente anche il conto delle ore e il problema, a volte, è stato convincermi a fermarmi. Prima di partire non avevo minimamente immaginato che effetto questo avrebbe prodotto sul ritmo del viaggio e su di me. Più dei fiordi, più delle discese ripide dentro ai boschi, più delle cascate che tagliano le montagne e del verde che riempie lo sguardo a ogni chilometro, per me è stato il tempo infinito il regalo più bello.
La cosa più bella che hai visto o vissuto?
Sto ancora rielaborando, ma credo che il momento che non dimenticherò sia questo: pedalare completamente sola al centro della strada alle tre di notte, percorrendo un altipiano tra i boschi di betulle illuminate dalla luce di un tramonto che non arrivava mai.
Hai trovato qualche difficoltà?
Nessuna difficoltà in particolare. Potrei forse dire la pioggia e il vento che mi hanno accompagnata per vari giorni, ma in un certo senso mi hanno aiutata a sentirmi ancora più immersa nella natura e a rendere il viaggio più fisico. E poi due settimane di sole e colori sgargianti sarebbero stati onestamente troppo da gestire emotivamente. Tutta quella bellezza così imponente e primordiale, che non riesci neppure a abbracciare con lo sguardo, e che viaggiando da sola non puoi condividere con altri e quindi rielaborare. È scontato, ma direi forse che la parte più difficile è stata dover tornare. Non tanto a casa, ma alla fretta e all’inutile confusione. Però almeno ora so che c’è un posto e un tempo in cui ogni tanto posso fuggire per rallentare un po’.