Il 30 maggio 1999 ero un tredicenne già pazzo per il ciclismo e ricordo quella mattina, alla partenza di Racconigi, di aver cercato come un matto di vedere, anche se per pochi istanti, il mio idolo. «C’è il Pirata»: una folla da stadio ha accolto l’arrivo di Pantani in maglia rosa, ma nessuno sapeva che, di lì a poche ore, avremmo assistito a un’impresa epica.
Quella rimonta pazzesca, dopo il celeberrimo salto di catena, l’avrei seguita incollato alla tv, estasiato, mentre ieri, grazie al Giro-E, ho potuto pedalare sulle strade del mito, tutte dipinte di rosa e di giallo per Marco Pantani che ora pedala lassù.
Ferrara alla guida del team
Squadra che vince non si cambia si dice sempre e, anche se quel guascone del mio capitano dice che lui da pro’ (dal 2001 al 2010) non alzava mai le mani, il divertimento è assicurato. Lello Ferrara, un Giro da dilettante l’ha vinto e ora si diverte a raccontare il ciclismo a modo suo, col sorriso sempre stampato sulle labbra. È stato lui a guidarci nel Team Italia.it, la squadra dell’Agenzia nazionale italiana del turismo che partecipa alla rassegna su bici a pedalata assistita per promuovere il cicloturismo in tutto lo Stivale.
I miei compagni di fatica nella seconda tappa, 67,2 km e 1700 metri di dislivello da Valdengo al Santuario di Oropa, sono Ludovica, Filippo e due amici con cui spesso maciniamo chilometri in sella: Marcello, che 24 ore dopo avrebbe spento 40 candeline, e Beppe, manager dei Cane Vecchio Sa-Und (la band di quei pazzi di Luca Gregorio e Riccardo Magrini). Dopo aver indossato il nostro nuovo kit Castelli consegnatoci dai nostri “diesse” Giovanni e Pinuccio, ci sentiamo anche noi dei pro’ perché, dopo averci messo a punto le nostre Olmo dalla livrea blu (griffate Vkt Gavia), tocca a noi salire sul palco presentati ufficialmente dallo speaker Luca Della Porta.
Si passa da un campione all’altro
Che emozione! Anche perché Valdengo è vestita a festa e una fiumana di gente ci accoglie alla partenza. Tra questi scorgo anche il campione paralimpico e finalista dei 100 metri piani alla Paralimpiade di Tokyo 2020 Alessandro Ossola, che a mia volta ho applaudito nella prima tappa quando è passato proprio sotto il mio balcone di casa a Moncalieri. In hospitality, una foto ricordo con lo sprinter Sacha Modolo, due chiacchiere con Damiano Cunego ricordando le dirette sui rulli in pandemia e un saluto al re di Roubaix Andrea Tafi. Ancora un bel siparietto al Fan Village insieme al collega di bici.PRO Simone Carpanini, cuore pulsante del Giro-E, per non farci mancare nulla.
Bando alle ciance, è ora di pedalare. Chiudo gli scarpini, aggancio i pedali e via, comincia l’avventura. Mi guardo attorno e cominciano a venirmi i brividi a pensare a tutti i campioni con cui mi trovo a pedalare. Si parte ed è subito salita. Mentre ci arrampichiamo sulle prime asperità di giornata, mi affianco a Gianni Bugno e vedere l’iride che cinge il suo petto mi fa emozionare. Lui mi racconta, invece, dei Giri vissuti dall’elicottero. «Ho visto cose che voi umani…», spiega con una battuta. Poi scherzo con la scatenata Elisa Scarlatta, padrona di casa nell’occasione, ma anche lei sorpresa del tanto calore degli appassionati biellesi per noi.
E bisogna anche sbrigarsi…
In discesa, invece, mi affianco a Giorgio Rocca, che nelle mie pagine invernali mi è capitato spesso di intervistare. Un monumento azzurro (non solo nello sci visto che poi si sarebbe aggiudicato la tappa) con cui ci mettiamo a parlare dei prossimi Giochi Olimpici di Milano-Cortina 2026, visto che sul suo casco campeggia l’adesivo di Livigno, che sarà una delle sedi di gara tra meno di due anni. Si torna a salire, meglio ogni tanto azionare il nostro motorino perché dalla direzione corsa ci dicono che Pogacar e compagni stanno già arrivando per cui, se vogliamo ammirarli al traguardo, meglio approfittare del turbo che ci hanno messo a disposizione.
Una spinta ancora più grande però, ce la danno i tantissimi appassionati già assiepati a bordo strada. Sulla penultima salita di Nelva, scorgo i chiassosi tifosi di Sul Tornante, che ogni anno collaborano all’organizzazione della pedalata di Fabio Felline, e così mentre pedalo, do il cinque a tutti loro. Ancora qualche curva e siamo in cima, ancora una volta accolti da un applauso scrosciante. «Non c’è niente di più bello del Giro» ci dice il nostro capitano Lello mentre si guarda attorno, emozionato come noi.
«Arriva El Diablo…»
I veri brividi però arrivano quando comincia l’ascesa finale verso il Santuario di Oropa. Scorgo una maglia giallorossa, la pedalata è inconfondibile e la disponibilità pure. Tutti lo riconoscono e lo acclamano a bordo strada: “El Diablo!!!”. «Qui feci terzo nel 1993, quando vinse Ghirotto», risponde quando gli chiedo dei suoi ricordi su tali pendenze. Chi l’avrebbe detto, pedalare sulla salita di Oropa affianco a Claudio Chiappucci? Strappo al Diablo qualche ricordo di Pantani, in maglia Carrera Tassoni e un po’ mi commuovo.
Un altro sussulto è quando con tutto il nostro colorato gruppone arriviamo al tornante dei tifosi di Marco Pantani, una curva naturale da far invidia a qualunque stadio calcistico. Pirata, chissà se da lassù ti stai godendo questo spettacolo per te, insieme all’amico Michele Scarponi per cui le scritte non mancano mai accanto alle tue. Di una cosa sono certo, anche tu, vedendo come noi, dopo la nostra tappa “elettrica”, l’arrivo di Tadej Pogacar, avrai ripensato a quel pomeriggio di 25 anni fa che non dimenticheremo mai. Ciao Pirata.