«A un certo punto uno mi ha detto: “Guarda, quello è il punto in cui è caduto Pantani”. E allora – dice Garzelli, opinionista televisivo e vincitore del Giro d’Italia del 2000 – ho sorriso e gli ho risposto: “Quando è caduto, io ero dietro di lui. Sono stato il primo a fermarsi”. Pensa che avevamo l’hotel a 5 chilometri da quel punto sul Chiunzi».
Inizia con un ricordo un po’ mesto e un po’ pieno di nostalgia il racconto di Stefano Garzelli sul suo weekend in Costiera Amalfitana, in mezzo a 300 cicloturisti venuti dai dintorni con il loro carico di passione. L’organizzazione è ancora una volta di Daniello Sportswear, che l’anno scorso aveva invitato Lorenzo Germani e la sua maglia della Groupama-FDJ. Un pienone di biciclette, meno traffico del solito e la sfortunata coincidenza della pioggia il giorno prima, che ha dissuaso almeno altri cento cicloturisti dall’intervenire. La pioggia e il terremoto che nella notte ha messo in ansia la zona di Avellino.








Il Giro d’Italia del 1997
Garzelli racconta e in ogni parola viene fuori la passione per la bici e la memoria del corridore, che nei tanti chilometri delle corse ha avuto il tempo per memorizzare i passaggi e non quello per ammirare gli scorci che invece questa volta non gli sono sfuggiti. Lui in quel Giro del 1997, in cui Pantani cadde per il famoso gatto sulla strada, arrivò nono a 18’08” dal vincitore Gotti, perdendo però 18’17” in quella tappa che si concludeva a Cava dei Tirreni. Nello stesso anno, la Costiera Amalfitana venne inserita nel Patrimonio dell’Unesco.
«Abbiamo fatto il giro di tutta la Costiera – dice il varesino che nel frattempo è rientrato a Valencia, dove vive – erano 100 chilometri, con un panorama incredibile. Lo dico sempre che in Italia non ci rendiamo conto delle bellezze che abbiamo, perché quello è veramente un paesaggio bellissimo. Amalfi, Positano, poi abbiamo fatto anche il Picco Sant’Angelo, che ricordo bene dal 1999, quando da lì partì la Tirreno-Adriatico. Chiaramente sono posti dove pedalare è molto bello, approfittando del poco traffico e stando attenti alle curve. E’ una strada molto stretta, un continuo rilanciare».






Trecento bici, trecento foto
Un campione in mezzo ai cicloturisti, come un fiore tra le api, nel segno di una passione come ce ne sono poche. Noi che per mestiere giriamo dietro alle corse, cogliamo subito la differenza fra il pubblico della Campania e quello di altre aree del Nord che forse a certi incontri sono più abituati.
«Sono rimasto comunque colpito dalla passione che c’è – conferma Garzelli, non nuovo a esperienze nel cicloturismo – l’ho vista in pochissimi altri posti. C’erano 300 partecipanti e credo di aver fatto 300 foto. In altri posti non tutti vengono a chiederti la foto per diversi motivi, invece in quella giornata ero circondato da piccoli e anziani che mi chiamavano ed è stato bello dedicare a tutti un po’ di tempo. E’ una cosa che fa piacere, perché senti l’amore per il ciclismo e per una persona che a modo suo ha fatto delle belle cose per questo sport. E’ passato un quarto di secolo dalla mia vittoria al Giro, che a dirlo fa quasi paura, ma a me sembra ieri. Forse perché ogni volta lo rivivo con emozioni vere. I bei ricordi non passano tanto alla svelta».






Picco Sant’Angelo, indimenticabile
Strade che sembrano fatte per andare in bicicletta, soprattutto quando ci sono poche auto in giro. E allora il ricordo di Garzelli mescola le sensazioni della giornata con gli sprazzi di corsa che nel pedalare venivano a galla.
«Quel giorno a Picco Sant’Angelo del 1999 – sorride – credo sia stato il più duro della mia vita. Era la prima tappa della Tirreno-Adriatico, in cui arrivai terzo in classifica, e si faceva per cinque volte questa salita in 131 chilometri da Sorrento a Sorrento. Andammo via in 8 e con me c’erano alcuni dei più forti campioni da classiche di sempre. Jalabert, Rebellin, Bartoli, Casagrande, Vainsteins che poi vinse. Arrivai al traguardo e mi tirarono giù dalla bici perché avevo la schiena distrutta. Di Picco Sant’Angelo mi ricordo la salita, che ho riconosciuto, e anche la discesa. La fatica per quanto andavamo forte in discesa.
«Molte volte la gente mi dice che oggi i professionisti vanno davvero forte e allora gli dico che mi piacerebbe vederli sulle bici che avevamo noi. Noi non andavamo tanto meno, ma avevamo bici che oggi sarebbero inutilizzabili. A casa ho quella del Giro del 2000, sembra la bici di Coppi. Per andarci in pianura a 40 all’ora, farei una faticaccia. Con le bici di oggi basta girare i pedali. Penso che non potrei più usarla…».


Dopo quei cento chilometri, è stato il momento per la cena a Sant’Antonio Abate e poi il lunedì mattina il weekend di Garzelli nella Costiera Amalfitana si è concluso e Stefano ha preso la via del ritorno verso la Spagna. Lo attende un paio di mesi, prima che le squadre dei professionisti vadano ad allenarsi dalle sue parti e lui potrà andare a salutare gli amici. Però il ricordo di quest’angolo di Campania continuerà a ronzargli per la testa. L’ha detto lui: i bei ricordi non invecchiano mai. E grazie a Daniello Sportswear questa volta è riuscito a recuperarne alcuni davvero speciali.







