Sono passati sette anni dalla tragica scomparsa di Michele Scarponi, ma sembrano neanche sette minuti. E’ ancora profondo il dolore per la tragica scomparsa del professionista marchigiano travolto in allenamento a pochi chilometri da casa. Figurarsi quando a viverlo sulla propria pelle sono i familiari, chi lo ha visto nascere e crescere.
Il 26 e 27 ottobre si svolgerà la terza edizione dello Scarponi Day. A Filottrano verranno tanti amici di vecchia data ma anche campioni attuali, da Giorgio Farroni a Stefano Garzelli, da Giuseppe Martinelli a Giulio Pellizzari che delle imprese del marchigiano ha potuto solo sentire parlare, vedere in Tv o sui social. Al sabato, cena solidale con contributo di 50 euro e raccolta fondi per le attività della Fondazione. Alla domenica pedalata dalle Sorgenti Gorgovivo di Serra San Quirico fino alla Castelletta, la Cima Scarponi affrontando proprio quelle rampe dove Michele ha costruito la sua carriera.
Il dolore e la forza d’animo
Non è stato facile parlare con Giacomo, il papà, per raccontare perché si pedala proprio su quelle rampe, che cosa significa farlo ora. E dobbiamo dirgli grazie, se per un giorno si è fatto ancora forza, per affrontare ricordi struggenti. Ricacciare indietro quelle lacrime che compaiono ogni volta che si parla di Michele. A vincere la sua ritrosia è stato soprattutto il pensiero delle finalità di questi due giorni, ma in fin dei conti di tutto quello che si svolge intorno alla Fondazione. Le sue attività tese a costruire un mondo migliore nel quale incidenti come quello che l’ha strappato a questa Terra non avvengano più.
«Quel percorso lo conosciamo bene – ricorda papà Giacomo – Michele ci ha costruito tutte le sue imprese. Pian piano, attraverso le sue vittorie, quel tracciato, quella salita sono diventate un patrimonio di questo territorio. La gente sapeva che su quei tornanti lui andava ad allenarsi. Poi girava il mondo per provare sempre a vincere o contribuire alla vittoria dei compagni di squadra. Con quel che è successo, quel percorso è diventato ancora più importante».
Salita tosta, per Michele un amuleto
Non è un percorso lungo, ma è capace di risvegliare ricordi messi al sicuro nella propria mente: «Sono circa 7 chilometri che Michele affrontava sempre prima di una gara importante, quasi fossero anche un test per capire come stava o una sorta di scaramanzia. E’ una salita tosta, ci sono tratti che superano anche il 10 per cento, Michele diceva che in quei passaggi sembrava di essere sullo Zoncolan… Spesso, quando andava da quelle parti, con lui si presentavano appassionati e amatori, anche questo ha contribuito a renderla famosa».
In cima alla salita a lui intitolata c’è un monumento che ricorda il vincitore del Giro e della Tirreno-Adriatico. A ricordare le sue imprese, ma soprattutto l’amore che aveva attirato su di sé.
«Michele si rendeva conto con orgoglio di quanto le sue vittorie fossero importanti anche per la valorizzazione di queste parti, delle sue terre. La salita è bellissima, in cima c’è anche la possibilità di riposare e molti lo fanno, non mancando di lasciare un ricordo di nostro figlio».
Il nonno e la prima bici
Sentire quella parola, “figlio” è come una deflagrazione: «A noi manca, ogni singolo giorno, ma nel nostro dolore quotidiano sentiamo che Michele è vivo nella memoria non solo nostra ma di tantissimi amanti della bicicletta. E quando vediamo queste strade riempirsi di ciclisti, ad esempio per la Granfondo a lui intitolata, ci sentiamo più vicini a lui. Tanta gente che lo ha conosciuto viene da queste parti, appassionati che hanno gioito per le sue vittorie in televisione, che lo hanno apprezzato per tutto il corso della sua carriera».
Ripensando a quel maledetto giorno di aprile, la ferita aperta non si rimargina e non si rimarginerà mai. Ma c’è da lavorare tanto perché le vittime che hanno purtroppo seguito Michele nel suo tragico destino siano sempre meno. Con Giacomo però vogliamo anche ritrovare un accenno di sorriso, attraverso il ricordo degli inizi di Michele.
«Lo deve a mio padre – sorride – se ha fatto del ciclismo la sua vita. Suo nonno era un fanatico delle due ruote, fu lui a compragli la prima bici. Fu lui a portarlo alla Pieralisi, la società di Jesi dove ha fatto tutte le categorie giovanili mostrando subito il suo talento. Ci tenevano a lui: ricordo un giorno che doveva gareggiare ai campionati italiani juniores a Legnago, ma la bici che aveva non andava bene. Bartoloni, il titolare, partì in macchina nella notte per portargliene un’altra». Per ringraziarlo, Michele Scarponi quel campionato lo vinse. Era il 1997.