| 31 Marzo 2024

Dove la calma è un mantra: è la Green Road dell’Acqua

Non è un caso se la Green Road dell’Acqua nel 2021 si è aggiudicata l’Oscar Italiano del Cicloturismo. Al tempo sembrava anzi strano che ancora non lo avesse ottenuto. Parliamo di un itinerario cicloturistico di 143 km che dalle sorgenti dell’Adige scende verso Trento e Rovereto per poi proseguire verso il Lago di Garda, punto più estremo. Poi si torna indietro lungo il fiume Sarca fino alla Valle dei Laghi, si affronta il Monte Bondone che ha sempre un suo fascino per poi scendere verso Trento e ritornare al punto di partenza.

La prima cosa che colpisce affrontando la Green Road è che, su 143 chilometri, solo 4 sono su strada aperta al traffico (ma a basso scorrimento), il resto è tutto su ciclopedonale e già questo è un fattore desueto nel panorama italiano, soprattutto per chi conosce la situazione generale delle ciclabili spesso fatiscenti. Qui siamo di fronte a un esempio di perfetta gestione di un tracciato riservato solo alle bici, che permette a chi lo affronta di pedalare in sicurezza e questi favorisce l’accesso di sempre più cicloturisti con evidenti benefici economici per il territorio, come gli albergatori del Triveneto sostengono da tempo.

La Green Road dell’Acqua misura 143 chilometri con fiumi e laghi quasi sempre a vista d’occhio
La Green Road dell’Acqua misura 143 chilometri con fiumi e laghi quasi sempre a vista d’occhio

Prima tappa verso Mori

La Green Road dell’Acqua è un percorso aperto tutto l’anno, ma che da aprile a settembre gode del suo periodo migliore grazie alle condizioni meteorologiche. E’ come un meccanismo che funziona autonomamente, tanto è vero che l’Ufficio Infrastrutture Ciclopedonali della Provincia di Trento, principale riferimento della sua gestione, non ha un vero e proprio responsabile, che risponda alle richieste sulla stessa amministrazione della ciclovia, ma quando si presenta qualche problema di manutenzione del manto stradale, ad esempio, gli interventi sono sempre solerti proprio perché è un patrimonio turistico.

Nell’affrontare la Green Road bisogna tenere bene a mente un principio: la calma. Si pedala in tranquillità ed è anzi meglio affrontarla divisa in tappe, in più giorni, per apprezzarla appieno e soprattutto usufruire di tutto quello che il territorio può garantire. La prima, ad esempio, può prendere il via da Cadino di Faedo, da dove si costeggia l’Adige fino a Mori, che per molti è il punto di appoggio per riversarsi verso la porzione trentina del Lago di Garda (in particolare per i tedeschi muniti di windsurf e kitesurf…).

Il Garda è un riferimento visivo importante, anche per chi sceglie tratti in sterrato
Il Garda è un riferimento visivo importante, anche per chi sceglie tratti in sterrato

Da Rovereto alla campagna

In questa porzione di percorso ci sono tanti punti d’interesse che meritano una sosta, ad esempio San Michele all’Adige con il suo Museo Etnografico Trentino, il più importante di questo genere di ambito regionale oppure il caratteristico Museo delle Scienze al quartiere Le Albere di Trento. La sua copertura lascia interdetti al primo sguardo perché ricorda il profilo delle Dolomiti trentine.

Tornando a pedalare si esce dalla città e ci si ritrova in una campagna ricca di profumi e colori ad ogni stagione, arrivando a Rovereto, chiamata Città della Pace e che ha una solida tradizione dedicata agli sport all’aperto. Qui ha soddisfazione chi ama l’arte moderna attraverso il Mart, con la cupola dello stesso diametro del Pantheon romano. A Mori, prima del giusto ristoro serale, non può mancare una visita al locale Santuario di Montalbano, di cui spicca l’orologio e anche qui parliamo di diametri, ben 4 metri…).

In picchiata verso Torbole

Il giorno dopo si torna in pista. Direzione Lago di Garda, seguendo la vecchia ferrovia asburgica che porta a Nago e da lì il colpo d’occhio sull’immenso territorio lacustre lascia interdetti anche chi è in auto, figurarsi venendo in bici… La discesa verso Torbole, paradiso dei velisti è una picchiata che richiede attenzione. Qui una sosta è d’obbligo, magari per un bagno e/o un gelato in un clima che è sempre fresco, anche nei giorni più roventi. E non ci si deve stupire se intorno la lingua più parlata diventa il tedesco: qui ormai, soprattutto in certi periodi, sembra di essere in Baviera e molti negozianti si sono anche uniformati a questa situazione vestendo i loro locali alla maniera teutonica.

Costeggiando il fiume Sarca, si supera Arco e si va verso la Valle dei Laghi sfiorando la Riserva Naturale delle Marocche, con paesaggi quasi lunari frutto delle glaciazioni preistoriche. Qui è la natura a farla da padrona e a recitare per lo sguardo di chi transita, anche attraverso la forra del Limarò, una profonda gola scavata dal Sarca. L’ultima porzione di pedalata porta verso i laghi di Toblino e Massenza. E alla sera forse un sorso di grappa locale ci sta anche bene…

Le dure rampe del Monte Bondone, per tanti una sfida imperdibile pensando ai campioni (foto Newspower)
Le dure rampe del Monte Bondone, per tanti una sfida imperdibile pensando ai campioni (foto Newspower)

Le crude rampe del Bondone

La terza parte è quella del Bondone. Salita che nel ciclismo ha un notevole peso specifico tanto che spesso è ancora teatro delle sfide del Giro d’Italia: 18 chilometri con 38 tornati e ognuno sembra raccontare storie di campioni, di tifo sfrenato, di cotte immancabili sulle sue arcigne pendenze. Si può anche “sorvolare attraverso la funivia attrezzata per il trasporto delle bici, ma vuoi mettere…

Da lì si ritorna a Trento e un giro per il centro è d’obbligo perché il capoluogo ha tanto da offrire, dalla facciata rinascimentale di Palazzo Geremia al Castello del Buonconsiglio. Una sosta in Piazza Duomo regala le energie per affrontare il pezzo finale, che ripercorre il cammino dell’andata verso Cadino di Faedo. Dicono che chi lo ha affrontato ci ritorna, insieme agli amici perché pochi altri posti sono così adatti a una gita dove la bici è protagonista, al pari degli occhi, pronti ad abbeverarsi di tutto quel che c’è intorno.

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