Venti regioni, venti salite: prosegue il nostro viaggio per l’Italia. E stavolta scorrendo la classifica ci spostiamo dapprima in Veneto, su un vero mito del ciclismo, e poi scendiamo verso il Centro per la prima scalata appenninica, in Abruzzo. Le due salite in questione sono le Tre Cime di Lavaredo (in apertura foto Bombassei) e il Gran Sasso.
Veneto e Abruzzo sono la quinta e sesta Regione. Sono due scalate molto diverse tra loro, a partire dal paesaggio, ma anche dal punto di vista tecnico. Breve e violenta l’ascesa che porta alle Tre Cime, più lunga e pedalabile quella che porta a Campo Imperatore, appunto il Gran Sasso.
5 – Tre Cime di Lavaredo, Veneto
Eccoci dunque alle Tre Cime di Lavaredo, quinta cima con i 2.334 metri di quota ma prima del Veneto. Va specificato che i 2.334 metri sono il punto più alto raggiungibile in bici. L’arrivo ufficiale della scalata sarebbe a 2.320 metri, cioè la quota del Rifugio Auronzo. Le Tre Cime, dicevamo, perle delle Dolomiti, patrimonio dell’Umanità. La Cima Grande al centro, la Cima Ovest e la Cima Piccola (la Est): tre torrioni che sono un logo, un immaginario, un simbolo.
Vista la particolarità di questo “urlo di pietra”, le Tre Cime sono state una grande attrazione per gli alpinisti, pensate che la prima scalata risale già al 1869.
Ma le Tre Cime sono anche un esempio del delicatissimo equilibrio tra uomo e natura e del suo sfruttamento. In tal senso, lo diciamo subito, i ciclisti oltre ad essere i benvenuti sono anche favoriti. Eh sì, perché la strada che sale alle Tre Cime e conduce al Rifugio Auronzo, dove termina appunto la strada, è a pagamento. I ciclisti vi transitano gratis.
Ma proprio perché le Tre Cime sono una meta di culto ogni estate quasi quotidianamente ci sono code di auto e bus che vogliono salire. Un caos, uno sfruttamento della montagna che già sul finire degli anni ’80 accese delle proteste. Proteste che andarono in scena durante il Giro d’Italia del 1989 (questo bene accetto, ma si volle sfruttare la sua vetrina). Si stima che ogni giorno vi salgano circa 1.500 veicoli motorizzati. Un numero pazzesco per una strada di montagna chiusa in vetta.
Fatto questo preambolo, a nostro avviso importante per far capire in quale contesto si pedali, passiamo alla descrizione della scalata. Un solo versante, una sola strada. Il suo attacco è tanto bello quanto la vetta. Si parte infatti dal Lago di Misurina, altro simbolo dolomitico.
La salita è molto irregolare. Inizia con una rampa dura e poco dopo spiana e per qualche metro si perde anche un po’ quota. Poi si va su a strappi. Uno dei più impegnativi è all’inizio, quando sulla destra ci si lascia il magnifico laghetto di Antorno. Sarebbe quasi il caso di fermarsi e farvi una passeggiata attorno. Magari al ritorno in discesa!
Discesa che arriva anche durante la salita: infatti al chilometro 1,9 si scende proprio. Per circa mezzo chilometro si va giù e anche bene. Si cambia versante e si giunge ad una vallata ampia. E’ qui c’è il casello del pedaggio che, come detto, non riguarda i ciclisti. Per noi c’è un varco libero sulla destra. Da questo punto in poi non si scherza più.
Restano 4,5 chilometri durissimi. Di nuovo si va su a strappi. La salita diventa regolare, ma al 12-14 per cento, negli ultimi 3 chilometri, quando si tocca persino il 19 per cento. Il panorama? Lascia senza fiato. Si è talmente tanto sotto i torrioni che per ammirare le Tre Cime bisogna tirare indietro il collo. Una linea bianca, la stessa del Giro d’Italia, posta esattamente sotto il Rifugio Bassano, segna la meta, anche se poi si sale per un altro centinaio di metri sino al parcheggio poco sopra al Rifugio, lì i 2.334 metri.
Verso Sud troneggiano i Cadini e ancora più in fondo le Marmarole (splendido gruppo dolomitico), verso Nord tutte le vette del Tirolo. Ma tutto l’orizzonte è un continuo puntinarsi di vette. E’ questo forse il balcone dolomitico raggiungibile in bici più bello in assoluto.
6 – Gran Sasso, Abruzzo
La scalata al Gran Sasso conduce ai 2.129 metri di Campo Imperatore tra l’arrivo della funivia, l’Osservatorio Astronomico, il vecchio Hotel Campo Imperatore, dove fu imprigionato Mussolini prima di essere liberato e portato in Germania, e l’Ostello. Anche qui una linea bianca del Giro d’Italia segna l’arrivo.
I versanti sarebbero molti, ma ci sono due vie d’accesso principali: Fonte Cerreto ad Ovest e Castel del Monte ad Est. Entrambi poi si ricongiungono in un grande pianoro lungo la SS17 Bis. Da lì mancano 9,7 chilometri alla meta. Questi ultimi chilometri furono costruiti a partire dagli anni ’50, quando si iniziò a capire anche in Appennino l’importanza del turismo montano. Fino a quel momento l’unica via di accesso a questo luogo erano la funivia o i sentieri.
Il versante di Fonte Cerreto, posto a circa 1.100 metri di quota, si attacca dal bivio con la SP86 e misura 28 chilometri. Si tratta di una scalata sempre abbastanza dolce. Le pendenze non superano quasi mai il 6 per cento. La prima parte è molto verde, poi una volta arrivati a quota 1.600 metri (circa) e si inizia a cambiare versante, sparisce il bosco. Sembra di entrare in un’altra dimensione, quasi una steppa del sud della Russia. Ma questo vuoto è di un affascinante unico. Adesso la strada ha poche curve ed è un falsopiano in discesa addirittura.
Da Castel del Monte il versante si presenta subito un po’ più brullo, nonostante si sia sul filo dei 1.000 metri di quota. Da qui alla cima la distanza è di 32 chilometri. C’è qualche albero di abete e di faggio per il primo paio di chilometri dall’uscita del paese.
Si pedala sempre sulla SS17 Bis. Si supera il valico di Capo La Sera (1.600 metri e bellissimo anch’esso) e poi inizia il lungo pianoro, che porta in senso opposto al bivio per Campo Imperatore. Da questo lato invece la strada tende a salire in questo tratto.
Infine la svolta. Da questo grande bivio si dà il vero assalto al Gran Sasso. Il paesaggio non cambia, semplicemente ora si punta dritti verso il Gran Sasso. La strada dapprima è molto facile, scende persino un po’, poi con una costanza incredibile si fa man mano più dura, fino ad arrivare al 10 per cento quando mancano 2 chilometri alla cima. Successivamente molla un po’, ma non di molto. Pochissime le curve e quasi tutte nel finale. Ci sono tre tornanti e un paio di svolte più accentuate.
Tre aspetti da segnalare: il vento, questo potrebbe essere il vero nemico per questa scalata, la scarsità di fontane lungo il percorso e infine l’odore degli arrosticini! In cima d’estate c’è sempre un bel viavai e non mancano i venditori di questo tipico spiedino. L’odore vi ridarà la carica per lo sprint finale!
Negli articoli precedenti
1- Venti Regioni, venti salite. Inizio ad alta quota: Stelvio e Agnello
2- Venti Regioni, venti salite. Altri due miti: Gavia e Gran San Bernardo