Venti Regioni, venti salite. Iniziamo oggi un viaggio che ci porterà sulla strada asfaltata, che sia un valico o una vetta, più alta di ogni regione italiana. Come sempre il Belpaese offre tanto, tantissimo e anche sulle salite non è da meno. Da quelle più alte d’Europa a quelle meno note, ma che spiccano per durezza o per paesaggi incantevoli, abbiamo tutto. E tutto vogliamo scoprire.
Partiamo dalle salite più alte e mano mano seguiamo la “classifica”. Lo faremo puntata dopo puntata, per questo che non vuole essere solo un viaggio di numeri e pendenze. Ma anche di sapori e chicche storico culturali. Ecco dunque le prime due scalate: lo Stelvio e l’Agnello.
1- Passo dello Stelvio, Trentino-Alto Adige
Immancabile. Partiamo dal valico più alto che abbiamo in Italia. Talmente alto che i francesi per prendersi il record del passo più alto d’Europa negli anni ’60 innalzarono il Restefond, realizzando l’anello di Cima Bonette che supera di poco quota 2.800 metri.
Va detto subito che lo Stelvio ricade anche in Lombardia. Unisce infatti questa regione con il Trentino – Alto Adige. Dove collocarlo allora? Abbiamo lasciato la sorte al “Dio del ciclismo” per affidarne la paternità a questa o a quella regione. Lassù la prima volta che vi si transitò una bici fu quella di un certo Fausto Coppi. Era il Giro d’Italia del 1953 e lo Stelvio fu scalato dal versante di Prato allo Stelvio, quindi dall’Alto Adige.
Il Passo dello Stelvio con i suoi 2.757 metri è la strada asfaltata e regolarmente carreggiabile più alta d’Italia. Lungo e con pendenze abbastanza regolari, soprattutto da Bormio, è caratterizzato da un’infinità di tornanti: ben 48 da Prato allo Stelvio. Tra l’altro un segreto per prendere il feeling con questa scalata è proprio quella di sfruttare il tornante. Questo “spiana” e bisogna cercare di approfittare di quei pochi metri più dolci per far respirare il muscolo. Pertanto è meglio prenderlo il più possibile all’esterno. Specie quando si è sopra i 2.000 metri e l’aria diventa fina.
Tornanti pensati per le carrozze. Lo Stelvio infatti fu realizzato tra il 1820 e il 1830 insieme allo Spluga e al Sempione, era una strategia degli Asburgo per facilitare i collegamenti con l’Italia. Iniziava a covare qualche sentimento d’indipendenza e ricalcando il modus operandi dei romani che costruivano strade per radicarsi sul territorio, gli austriaci fecero altrettanto.
Da Prato, quindi nel versante Nord, il paesaggio è decisamente verde. Per grandissima parte si pedala nel bosco o ai suoi lati. Poi quando si arriva a quota 2.000 metro il tutto inizia a diradarsi. Prati d’alta quota, il ghiacciaio dell’Ortles che domina sul lato sinistro rispetto alla direzione della strada e, se si alza lo sguardo, un serpentone di zag-zag che mette i brividi. Ci si arrampica sulla montagna nel verso senso della parola.
All’altezza di Gomagoi, a circa metà salita, si può deviare per Solda e magari andare allo scoperta del MMM Ortles, uno dei Musei di Reinhold Messner: in una sorta di parallelismo tra giganti della montagna.
Anche se è in Lombardia, per completezza non possiamo non dare una breve descrizione del versante di Bormio (di cui comunque parliamo abbondantemente qui). In questo lato a dominare nella prima metà della scalata è la roccia. Si entra persino in una serie di gallerie scavate nella roccia viva. La strada è più larga rispetto al versante altoatesino e se la pendenza è lievemente più dolce, a compensare la difficoltà c’è il vento, che qui proprio non manca mai.
Infine, una sana pedalata non può che concludersi a tavola. Canederli e un bel pinot grigio sono l’ideale una volta tornati a valle in Val Venosta.
2- Colle dell’Agnello, Piemonte
Altro gigante di una bellezza stupefacente: parliamo del Colle dell’Agnello, seconda salita più alta d’Italia. Siamo in Piemonte. Alpi Occidentali, Alpi Cozie per la precisione. L’Agnello si trova a sud-ovest del Monviso, tra il Pan di Zucchero e la Punta dell’Alp in cima a quella splendida valle che è la Valle Varaita. Collega l’Italia alla Francia dal comune di Chianale, in provincia di Cuneo.
La prima parte di salita sale con pendenze lievi, immersa in zone ancora coltivate, alternate a boschi (tra cui quello di Alevè, il più grande bosco europeo di pini cembri) e piccoli borghi ricchi di storia: Piasco, Rossana, Melle e Sampeyre quasi tutti con i tipici tetti in ardesia. Una particolarità di questi borghi sono le meridiane: le meridiane della Valle Varaita. Addirittura c’è un percorso tematico apposito per visitarle. E una meridiana è presente anche in cima all’Agnello.
La salita inizia di fatto dall’imbocco della Valle Varaita, quindi a Piasco. Da lì alla cima i chilometri sono ben 54. Ma la strada sale davvero in modo dolce, tanto che per convenzione si fissa l’inizio dell’Agnello a Casteldelfino.
Qui siamo già a 1.330 metri di quota. Da Casteldelfino alla cima la distanza è di 22,4 chilometri. Giusto poco prima dell’abitato c’è un piccolo aumento di pendenza. Per i primi 13 chilometri da Casteldefino la strada è irregolare, ma da Chianale, la musica cambia del tutto. Siamo a 1.830 metri di quota e sembra di aprire una porta ed entrare in un’altra stanza.
La strada ora sale con pendenze impegnative, solo per due chilometri, uno poco dopo Chianale e uno in prossimità della cima, scende al di sotto del 10 per cento, al 9 per la precisione. Altrimenti si danza quasi sempre tra il 10 e il 12 per cento con punte del 15. Il conto è presto fatto: dalla diga alla cima la pendenza media è del 9,8 per cento… e gli ultimi 300 metri sono “solo” al 6 per cento. Rispetto allo Stelvio, l’Agnello concede meno respiro. Ogni pedalata va dosata e la scelta dei rapporti è più determinante che mai.
I tornanti non sono numerosi se si pensa che siamo in altissima montagna, ne contiamo 17 in Italia e 10 nel versante francese. La sua storia del Colle dell’Agnello in quanto strada carreggiabile è recente, parliamo del secondo dopoguerra. Prima era un sentiero utilizzato da migranti, contrabbandieri e qualche pastore. Non aveva scopi commerciali o bellici. Anche per questo la strada è stretta.
Anche se il versante occidentale non rientra tra le scalate italiane, merita comunque una menzione. I suoi numeri e la sua altimetria sono molto simili al versante italiano. Forse quello francese, che si attacca da Chateau Ville Vielle, è un po’ più regolare, ma roba di poco. Sono due versanti davvero simili.
E il premio a tavola? In Valle Varaita si punta forte sui Ravioles della Val Varaita e i toma di montagna. Mentre per quel che concerne i vini… beh, siamo in Piemonte: qualsiasi rosso si scelga è di qualità.