Olympia Challenge è una gran bicicletta e una volta portata sullo sterrato non ha paura di nulla, un mezzo sul quale è semplice fare affidamento. E’ usata (e vincente) in ambito ciclocross da Filippo Fontana, è un bel cavallo di razza quando i percorsi gravel obbligano ad una velocità maggiore.
Comoda si, ma fino ad un certo punto, perché il DNA corsaiolo e spinto non si nasconde. L’abbiamo usata e provata in configurazione gravel, dove il giusto setting in fatto di ruote e coperture fa la differenza. Entriamo nel dettaglio della nostra prova.
Il nodo sella, marchio di fabbrica Olympia
I dettagli di telaio e forcella sono tanti, da argomentare e ognuno ha un compito ben preciso. Quello che colpisce maggiormente è però tutto il blocco del nodo sella, ovvero il punto di unione tra gli obliqui, il piantone e l’orizzontale, naturalmente il seat-post.
«La chiusura sella è originale Olympia – argomenta Alberto Pizzo, designer e project manager Olympia – e viene usata anche su altri modelli e-bike che abbiamo. Aiuta ad aumentare il raccordo del tubo per irrobustire il telaio e mantiene una linea filante ed integrata senza rinunciare a praticità e sicurezza. La scelta del diametro 30.9 – prosegue Pizzo – nasce per dare la possibilità a chi volesse di montarla anche con il reggisella telescopico.
«Questo modello viene venduto anche come kit telaio – conclude Alberto Pizzo – e prevede uno sportellino per nascondere l’attacco deragliatore, nel caso si volesse montare la corona singola. La bici è compatibile per la trasmissione meccanica ed elettromeccanica».
La Challenge in test
Una taglia media che offre degli spunti interessanti anche sotto il profilo geometrico. Ha due valori, reach e stack in linea con la categoria, rispettivamente 39 e 55 centimetri, un carro compatto a 42,5 centimetri ed un passo complessivo di 101,2 centimetri, decisamente corto per essere una gravel. Siamo alla stregua di alcune bici road endurance di nuova generazione. Non è un fattore secondario e si riflette in modo esponenziale su una bici estremamente reattiva, agile e briosa, tutto pepe e da tenere per le briglie quando si affrontano tratti particolarmente scassati.
Telaio e forcella in carbonio (un blend di fibre lavorate con tecnologia monoscocca), attacco e manubrio in alluminio, così come il reggisella, tutto X-Feel. La sella è una San Marco GND. La trasmissione è Shimano GRX 2×12 di matrice meccanica (che funziona a meraviglia) 48/31 e 11/36. Anche l’impianto frenante è GRX con cerchi da 160 di diametro. Le ruote sono il risultato di un assemblaggio che ha l’obiettivo di dare sostanza e contenere il prezzo. Cerchio in alluminio X-Feel tubeless ready e mozzo Shimano. Le coperture sono Schwalbe G-One Bite TLE (tubeless). Il peso rilevato è di 9,8 chilogrammi (senza pedali). 2585 euro di listino.
Una bici tutte pepe
Come accennato in precedenza la Challenge è un bel cavallo di razza, il DNA spinto verso le gare si percepisce, si sente parecchio. Le versione in test non è una bici banale, anche se l’allestimento non rende completamente merito ad un kit telaio molto, molto interessante. E’ veloce e agile, soprattutto nei contesti più tecnici dove è fondamentale avere un mezzo preciso e semplice da “far girare” negli spazi più stretti (che in ambito ciclocross non è un dettaglio, ma anche nei contesti gravel può fare una grande differenza). Davanti però è da tenere e assecondare, perché la sua briosità non è celata. Bello tosto anche il comparto centrale, che sotto il profilo della resa tecnica rispecchia un impatto estetico muscoloso che non passa inosservato.
La zona del nodo sella e tutto il piantone smorzano poco o nulla, dedicati a chi piace “sentire” la bicicletta. I vantaggi si sentono soprattutto in salita e quando si rilancia da seduti e si alza il ritmo. Zero flessioni e ondeggiamenti, zero dispersioni.
Bisogna giocare con le gomme (e le pressioni)
Comparto ruote a parte, che per essere un prodotto entry level non è affatto male, soprattutto in ottica training e gravel invernale, la Olympia Challenge necessita di un setting adeguato derivante soprattutto dalle pressioni degli pneumatici. Qualche zero virgola di bar in meno per sfruttare una maggiore fase ammortizzante, un galleggiamento accentuato sullo sterrato (e sul fango) e per dare respiro ad una zona lombare che è sollecitata.
La Challenge è una bici gravel che strizza l’occhio alle gare e la customizzazione adeguata di ogni singola parte è un aspetto che non deve passare in secondo piano. A prescindere, sposiamo a pieno la scelta di usare pneumatici tubeless da 40 millimetri di larghezza su un mezzo del genere.
In conclusione
Un applauso ad Olympia. Un 10 pieno al progetto e una lode a chi ha disegnato la Challenge, che a prescindere dall’utilizzo e dall’interpretazione è una bici con un design e forme proprie che si distingue dalle altre. Mette qualche accento anche sulla resa tecnica, perché non fa nulla per nascondere il DNA race e quella compattezza che non guasta mai, neppure su asfalto. Sui tratti di bitume sembra una bici da strada a tutti gli effetti, con una capacità di rispondere ai cambi di ritmo che è degna di nota.
L’allestimento è più che efficiente, ma in ottica risparmio di peso e sfruttabilità completa del kit telaio un upgrade sarebbe necessario. Nel complesso il rapporto qualità/prezzo della bici completa è molto buono, diventa eccellente se consideriamo i 1.825 euro del kit telaio.