I cammini religiosi stanno diventando un po’ la nuova frontiera del cicloturismo, soprattutto in Italia. Seguendo le orme di quanto avviene per il Cammino di Santiago, ma anche la storia recente della Via Francigena che nei suoi vari segmenti è diventata meta privilegiata per tanti pedalatori, anche il Cammino di Oropa si sta affermando come una destinazione speciale per chi ama unire la passione ciclistica al proprio afflato religioso. Ma nel caso della destinazione piemontese c’è qualche differenza.
Innanzitutto parliamo di un cammino che è nato pensando “anche” alla bici. L’idea di base è valorizzare il territorio attraverso il turismo lento, avendo rispetto per l’ambiente, facendo della bici quel mezzo ideale per scoprire il territorio, apprezzando il viaggio prima ancora che il suo approdo. Gli organizzatori hanno però agito e differenziato molto il cammino classico per i pellegrini da quello degli appassionati delle due ruote, proponendo in questo caso più itinerari, che si sviluppano tra Biellese, Canavese e Valle d’Aosta e che hanno in comune la destinazione.
Una bici già pronta al Santuario
La scelta di fare del Cammino di Oropa qualcosa di ciclistico è stata quasi naturale per il suo titolare Alberto Conte: «Io vengo dal mondo della bicicletta e quindi sono legato a doppio filo a turismo e bicicletta. Grazie all’affermazione delle e-bike, un territorio come quello biellese si è dimostrato molto adatto a una nuova forma di pellegrinaggio permettendo anche a chi non ha un grande allenamento di affrontare il viaggio».
Il territorio è andato adeguandosi, non solo per la grande tradizione di cui la mountain bike gode nel Biellese: «Sono nati parecchi noleggi, quindi c’è una buona offerta di bicicletta a pedalata assistita. Questi noleggiatori per la maggior parte sono già in rete con noi, e grazie a loro offriamo la possibilità a chi percorre il cammino di Oropa a piedi di ritornare poi in bicicletta, quindi si fanno 3-4 giornate di cammino e poi tornano in bici. Noi provvediamo al trasporto di una bicicletta al santuario e abbiamo tracciato una rete di ciclovie per affrontare il percorso di ritorno».
Una rete di ciclovie ben congeniata
Su un aspetto gli organizzatori sono stati attenti: cercare di diversificare i percorsi fra quelli per camminatori e per biker: «Abbiamo tracciato un percorso che andava parallelo a quello pedonale, in qualche modo intersecandosi con esso. Andava da Santhià ad Oropa, però poi ci siamo resi conto col tempo che questo era un grosso limite. Mentre una persona che fa il cammino di Oropa a piedi ha la possibilità, una volta arrivato, di prendere l’autobus e di ritornare fino a Biella e poi il treno per ritornare a casa, con la bici non era possibile. Quindi abbiamo ridisegnato tutta la rete delle ciclovie costruendo anelli che consentono quindi sempre di ritornare al punto di partenza. Quindi, oggi come oggi la rete delle Ciclovie di Oropa è costituita da 300 chilometri circa di percorsi».
Il cammino di Europa si fa solamente a piedi o si può fare anche in bici? «Il cammino vero e proprio si può fare con una mtb scarica, quindi senza le borse. Può essere fatto da una persona con un ottimo allenamento e soprattutto una grande padronanza tecnica della bicicletta. Comunque ci sono tratti che non sono assolutamente ciclabili. Le ciclovie coincidono in minima parte con il cammino di Oropa, noi abbiamo fatto la scelta tecnica di condividere le tappe ma distinguere i percorsi. L’anno scorso è stato percorso da 5.200 persone circa. C’è ormai una rete di operatori molto consolidata, di servizi di vario tipo, dalla ristorazione ai trasporti, noi abbiamo deciso proprio di utilizzare la stessa rete ma per uno scopo diverso, dando qualcosa in più».
La convivenza fra ciclisti e camminatori
Mentre parla con noi, Conte sta affrontando il Cammino per antonomasia, quello di Santiago. In base all’esperienza anche visiva, di partecipante, chi fa il cammino a piedi come vede i ciclisti? «Bella domanda. Diciamo che c’è una tolleranza che dipende moltissimo dall’educazione dei ciclisti stessi. Sono modi diversi di affrontare il viaggio. Io ho già percorso il Cammino di Santiago francese per due volte in bici. Adesso lo sto rifacendo a piedi e l’esperienza è qualcosa di completamente diverso, quasi mi sembra di non aver mai visto questi posti, perché quando pedali sei concentrato sul percorso, a piedi hai modo di vedere maggiormente il mondo che ti circonda.
«Io amo dire che il viaggio a piedi è un viaggio più interiore, in bici è quello che ti consente di vedere tanti posti. La convivenza non è sempre facile perché a volte quando non è stato progettato un percorso specifico per le biciclette, il rischio è che il biker si incaponisca a fare lo stesso percorso dei pedoni anche quando il percorso è stretto, per questo dipende molto dalla sua educazione. Qui capita spesso di vedere qualcuno che esagera e desta malcontento…».
Un piccolo “Cammino di Santiago”
Facendo i dovuti distinguo che differenze nota rispetto al vostro? «Intanto la lunghezza, questo è enorme e quasi tutti lo dividono in porzioni. Poi il clima. Per il resto io ho progettato il Cammino di Oropa proprio come un piccolo cammino di Santiago, che in quattro tappe concentra molti degli ambienti che poi uno invece troverà lungo il cammino ispano-francese, tra pianura e montagna, piccole asperità e lunghe salite».
Essere lì è anche un’occasione per prendere appunti per il vostro Cammino? «Sì, è un po’ come una sorta di corso di aggiornamento, ci si rende conto dell’evoluzione di un cammino, noto ad esempio rispetto alle prime volte che c’è un aumento del numero di pellegrini in bici. Soprattutto una grandissima crescita delle e-bike. Trovo che sia un mezzo di trasporto estremamente inclusivo. E’ questo anche il motivo per cui con i nuovi progetti che stiamo portando avanti vogliamo puntare moltissimo sulle due ruote».