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| 8 Ottobre 2025

Il ciclista si dà al triathlon. L’esperienza di Ignazio Moser

Per un Moreno Moser che si rimette in forma, ce n’è un altro che invece ha tentato una grande sfida: parliamo di Ignazio Moser, che ha concluso il 70.3, meglio noto come “mezzo Ironman”, la massacrante quanto mitica prova di triathlon. Si tratta di fare 1,9 chilometri a nuoto, 90 in bicicletta e 21,1 di corsa per un totale appunto di 70,3 miglia.

Ignazio Moser è stato un professionista per tre stagioni. L’inserimento del nuoto e della corsa sono state due grosse novità nel suo percorso. Come ha approcciato dunque l’ex ciclista le altre due specialità? E come si è preparato Ignazio? A raccontarcelo è proprio lui.

La frazione a nuoto. La scia in acqua si sente moltissimo, molto più che in bici. Una manna per i meno esperti (immagine Teleromagna)
La frazione a nuoto. La scia in acqua si sente moltissimo, molto più che in bici. Una manna per i meno esperti (immagine Teleromagna)
Ignazio, prima di tutto, come ti è venuto in mente di preparare un 70.3?

In realtà l’Ironman, o meglio il mezzo Ironman, è una cosa che ho in mente da quando ho smesso di correre in bici. Mi ha sempre affascinato questa sfida a tutto campo contro se stessi. E quindi quest’anno, visto che ho avuto questa straordinaria notizia della paternità imminente, ho detto: o lo faccio ora o mai più. In realtà poi non è così…

Non è così, ma hai fatto bene credi a noi!

Abbiamo detto che affrontando questa grande sfida ne avremmo affrontata un’altra altrettanto grande, quindi è partito tutto da lì. Ho iniziato ad allenarmi lo scorso inverno. Già negli ultimi anni correvo un po’ a piedi, quindi sono partito da quella base. Per quanto riguarda la bici, anche se negli ultimi tempi ne avevo fatta poca, sono tornato velocemente a un buon livello.

E col nuoto?

Il nuoto è stata la sfida più ardua, perché sono partito da zero in pratica. Non avevo mai nuotato davvero. Quella è stata la disciplina che più mi ha preoccupato. Poi ho conosciuto persone del mondo del triathlon e dell’Ironman che mi hanno dato la spinta finale. Così è cominciato il mio percorso di avvicinamento.

La corsa a piedi si è rivelata la parte più ostica per Ignazio. Per fortuna che lungo il tracciato il tifo non mancava (foto Getty Images)
La corsa a piedi si è rivelata la parte più ostica per Ignazio. Per fortuna che lungo il tracciato il tifo non mancava (foto Getty Images)
Restando sul nuoto, che è la preoccupazione maggiore per chi si avvicina al triathlon in età adulta, quanto ti allenavi?

Sono partito da zero, come dicevo. Mi allenavo due o tre volte a settimana. Andavo in piscina la mattina prima di lavorare. Il mio approccio era: «Inizio con le vasche che riesco a fare e poi aumento». Sono partito con quattro, sei, dieci, venti… Ho preso un istruttore per un paio di lezioni, che mi ha dato consigli utili. Ma poi conta solo fare ore ed ore in vasca. Nel nuoto servono basi tecniche, ma quello che fa la differenza è la costanza. Devo dire che è stato anche ciò che mi ha dato più soddisfazione: ho chiuso la frazione in 31 minuti. E per uno che ha iniziato a nuotare quattro mesi prima, è stato un ottimo traguardo.

Passiamo invece alla bici. Questo era il tuo terreno di caccia…

Vero. Ho fatto quasi 40 di media, dovevo essere nel mio punto forte e lo è stato. La frazione di corsa a piedi è stata quella che mi ha un po’ tradito. Sono arrivato alla fine della bici dopo 31 minuti di nuoto e 2 ore e 14′ di frazione in bici: ero talmente avanti che quasi potevo giocarmi la vittoria di categoria. A quel punto mi sono gasato, anche grazie al tifo incredibile lungo il percorso. Ho provato a spingere per “fare il tempone”, ma a metà corsa mi sono spento, come se mi avessero staccato la spina della luce. Forse non mi sono alimentato bene. E poi il caldo è stato estremo. Ho sofferto come poche altre volte nella mia carriera.

La corsa invece come l’hai approcciata? Hai detto che non partivi da zero…

Cercavo di fare un allenamento lungo a settimana, intorno ai 20 chilometri, a volte 17, ma sono arrivato anche 25. Sempre a ritmo basso, in Zona 2. Poi facevo due allenamenti più intensi: uno di fartlek o ripetute, l’altro a ritmo gara, sugli 8-12 chilometri. Tre volte a settimana era il minimo, a volte riuscivo a inserire la quarta seduta. Cercavo di non saltare mai la corsa, perché per chi viene dalla bici conta tanto fare ore sulle gambe.

Moser ha completato la sua sfida in 4 ore, 52 minuti e 9 secondi, un risultato notevole per essere la sua prima esperienza
Moser ha completato la sua sfida in 4 ore, 52 minuti e 9 secondi, un risultato notevole per essere la sua prima esperienza
E qualche doppia seduta? Qualche allenamento sui cambi?

Sì, li ho inseriti avvicinandomi alla gara, almeno una o due volte a settimana. All’inizio è una sensazione terribile, ti sembra impossibile riuscire a farlo in gara. Facevo un’ora e mezza di bici e poi mezz’ora di corsa. Verso la fine ho aumentato il volume: il weekend prima della gara ho fatto 90 chilometri di bici e 15 di corsa.

E con la bici? Quante volte la usavi?

In generale posso dire che cercavo di fare tre allenamenti per disciplina a settimana, includendo i combinati ovviamente. Poi dipendeva dal tempo: se dovevo togliere qualcosa, toglievo più spesso la bici, perché era la mia zona di comfort.

Hai utilizzato la bici da crono o la bici da strada?

La bici da crono. L’ho usata per anni, tra inseguimento su pista e cronometro su strada. Secondo me, se punti a una media superiore ai 35 all’ora, la bici da crono è fondamentale. Ti dà un vantaggio enorme, quindi non ho voluto rinunciarci. Io poi su questo mezzo mi sento a mio agio…

Moser ha utilizzato una bici da crono, mezzo sul quale è stato anche campione italiano U23 in passato
Moser ha utilizzato una bici da crono, mezzo sul quale è stato anche campione italiano U23 in passato
In generale, come ha reagito il tuo corpo, sia a livello fisico che mentale? Cosa ti ha lasciato questo triathlon?

Era da tanto che non stressavo così il mio corpo. Fare palestra o sport leggeri è una cosa fino ad un’ora di sforzo, ma qui è tutta un’altra intensità. E altri volumi. Devo dire che è stato bello vedere come il corpo si adatta, si modifica. Per esempio, ora in bici faccio salite a 20 all’ora fischiettando, mentre prima a 12 morivo. Ti rendi conto di quanto l’allenamento possa trasformare l’essere umano.

Bello. E vero…

Non sono tornato ai livelli da atleta vero, ma in pochi mesi ho raggiunto un’ottima condizione. Questo ha influito anche a livello mentale: lo sport ti dimostra che con il lavoro puoi migliorare tutto, non solo la prestazione, ma anche la vita quotidiana. E’ una grande metafora della vita: la fatica costruisce e l’impegno paga sempre.

Invece, Ignazio, c’è stato qualche momento particolare o simpatico che hai vissuto durante la preparazione o la gara?

La cosa più divertente era con mia moglie Cecilia: io, allenandomi così tanto, ho perso 7-8 chili, mentre lei li guadagnava con la gravidanza. Quando ci pesavamo ridevamo, perché il totale restava lo stesso!
Oppure ricordo il mio primo triathlon di prova a Trento: nelle zone cambio sembravo Fantozzi, ho perso due minuti e mezzo in due transizioni! Ma ci riproverò: a Jesolo il prossimo maggio. Ora so cosa mi aspetta e voglio migliorare.

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