Avvicinandosi alle festività natalizie, aumentano inevitabilmente gli impegni conviviali e le occasioni di ritrovarsi al ristorante con menù che propongono piatti tipici della tradizione. Può capitare di imbattersi in un ragù di cinghiale, in uno spezzatino di cervo o in un arrosto di capriolo: preparazioni profondamente radicate nella cultura gastronomica di molte regioni italiane. Prima di entrare nel merito, è doveroso premettere che il tema della selvaggina è delicato. Tocca infatti sensibilità diverse e coinvolge tradizioni, etica personale e normative specifiche.
In ogni caso, conoscere ciò che mettiamo nel piatto è un passo importante per comprendere le nostre scelte alimentari. Soprattutto quando si tratta di carni che arrivano da animali che vivono allo stato brado, lontani dai ritmi dell’allevamento intensivo.


La carne di selvaggina
Tra le specie di mammiferi cacciate più presenti nelle nostre cucine troviamo il cinghiale, il cervo, il capriolo e la lepre. Rispetto alle carni provenienti da allevamento intensivo, la selvaggina presenta in genere una quota lipidica più bassa, un tenore proteico elevato e un’ottima densità di micronutrienti, grazie alla maggiore attività muscolare e all’alimentazione spontanea dell’animale.
Tuttavia, la selvaggina non presenta dei valori assoluti, ma dipende profondamente dal territorio in cui l’animale cresce. Un cinghiale o un cervo che cresce allo stato brado, nutrendosi di radici, bacche, castagne e vegetazione spontanea, tende ad avere caratteristiche leggermente superiori rispetto a un animale che vive in zone periurbane e assume scarti alimentari o rifiuti.


Il cinghiale
Il cinghiale è forse la specie più conosciuta e consumata. La sua carne viene spesso paragonata a quella del maiale per familiarità culinaria, ma differisce in vari aspetti. E’ generalmente più magra, soprattutto negli esemplari giovani, contiene meno grassi saturi e ha un gusto più deciso. Anche il profilo vitaminico e minerale presenta delle differenze. La carne di cinghiale è ricca di ferro eme, zinco e vitamine del gruppo B, con valori mediamente più elevati rispetto al suino allevato.
Proprio per la minore quantità di grasso intramuscolare, può risultare più tenace e necessitare di cotture lunghe e umide per ammorbidirsi.
Il cervo
Il cervo rappresenta un’altra carne molto apprezzata nelle zone montane. Il suo profilo nutrizionale è particolarmente interessante per lo sportivo. E’ estremamente magra, ha un elevato contenuto proteico e di ottima qualità con un apporto significativo di ferro. Il sapore è aromatico e deciso, frutto della dieta naturale dell’animale, spesso ricca di erbe spontanee e germogli.
Simile, ma più delicato, è il capriolo, la cui carne è considerata tra le più pregiate della selvaggina. Anch’essa povera di grassi e ricca di micronutrienti, presenta fibre più fini e un gusto meno marcato rispetto al cervo, rendendola un’opzione più facilmente apprezzata anche da chi si avvicina per la prima volta a questo tipo di preparazioni.


La lepre
La lepre completa il quadro delle specie più comuni. La sua carne è scura, saporita e ricca di proteine di qualità, con un tenore lipidico molto ridotto. La struttura muscolare, particolarmente sviluppata, conferisce un gusto intenso e selvatico, che in cucina si presta a lunghe marinature e cotture lente.
Un aspetto poco noto ma importante riguarda la gestione del sapore e della sicurezza alimentare attraverso la conservazione. Anche la carne di selvaggina è sottoposta a regolamenti sull’igiene alimentare. Dopo adeguata macellazione, è pratica diffusa quella di abbattere o congelare la carne per un periodo variabile prima del consumo. Questa operazione ha una doppia utilità: da un lato riduce la carica microbica e garantisce maggiore sicurezza, dall’altro contribuisce ad attenuare il sapore forte che caratterizza la carne di animali selvatici.
Come carne rossa
Arrivati alle feste, la domanda sorge spontanea: come considerare questo tipo di carne all’interno di un’alimentazione equilibrata? La selvaggina, per il suo contenuto nutrizionale, può essere considerata una carne di qualità, spesso superiore a quella proveniente da allevamenti intensivi.


Tuttavia, rimane comunque appartenente alla categoria delle carni rosse, caratterizzate da un elevato contenuto di ferro eme, un moderato apporto di colesterolo e da una maggiore densità proteica. Per questo motivo, è opportuno inserirla con moderazione, soprattutto se nel corso della settimana il consumo di carne rossa è già frequente.
L’equilibrio a tavola
Gli eventi conviviali fanno parte della vita e delle tradizioni italiane: non è necessario compensare o sentirsi in colpa. E’ sufficiente rientrare nei giorni successivi, nei propri ritmi alimentari abituali, distribuendo proteine e grassi in modo equilibrato e variandone le fonti.
Conoscere ciò che mettiamo nel piatto permette di vivere con serenità anche le occasioni festive. La selvaggina può essere una scelta interessante, purché inserita in un quadro più ampio di equilibrio, qualità e rispetto dell’ambiente.







