Si avvicina l’inverno, per molti la stagione delle gare è terminata e si attende la prossima (a meno che non ci si dedichi al ciclocross), nel frattempo si programma la preparazione invernale. Per certi versi però quella che arriva è la stagione più difficile da vivere per un ciclista: c’è un’intera annata da preparare (e sappiamo quanto i lavori invernali, lontano dall’attività siano importanti per creare la base) ma c’è anche da preservarsi dalle malattie respiratorie.
Alcuni importanti consigli arrivano da chi vive da oltre 35 anni nel mondo del ciclismo, senza però aver mai smesso di svolgere la sua attività di medico di base. Parliamo di Carlo Guardascione, responsabile sanitario della Jayco AlUla che mette subito in chiaro un aspetto.
I tanti virus in circolazione
«Siamo abituati a pensare, quando si parla di disturbi respiratori in inverno, all’influenza. Non pensiamo che ci siano solo i suoi virus, da combattere assolutamente attraverso la vaccinazione preventiva. Di virus d’inverno ne circolano tanti, molti più che nelle altre stagioni e colpiscono specialmente chi svolge attività all’aperto, quindi anche i ciclisti.
«Le ragioni per questo sono molteplici: innanzitutto l’esposizione a basse temperature, il fatto che si ha un maggior apporto di ossigeno e di allontanamento di anidride carbonica prodotta dall’incremento di attività muscolare e infine mettiamoci anche l’inquinamento atmosferico. A parità di condizioni, ossia di copertura tramite l’abbigliamento, ci sarà sempre differenza fra l’allenarsi in montagna, con aria pulita e in città, in presenza di alti quantitativi di smog».
Il rapporto con la temperatura (esterna e interna)
Le malattie che intervengono principalmente nei ciclisti sono quindi le infezioni di origine virale o batterica: «L’infezione va a colpire le alte vie aeree, come faringe, laringe, tonsille con il rischio di scendere a bronchi e polmoni e quindi l’insorgere di problemi più seri come bronchite o, nel peggiore dei casi, polmonite. Molto influisce anche la predisposizione individuale alle infezioni: al termine di uno sforzo prolungato è normale che ci sia un calo dei linfociti nel sangue, il che significa che assistiamo a un calo generalizzato dell’attività del sistema immunitario.
«Molto influisce anche il cambiamento di temperatura del corpo in relazione a quella ambientale: quest’ultima cambia nel corso della giornata quindi uscire di mattina presto farà percepire una temperatura più fredda rispetto a quella di metà mattinata o a mezzogiorno. Ma anche la temperatura della persona sotto sforzo cambia e cambia anche la percezione che noi abbiamo dell’esterno a seconda che si vada a 40 o a 50 all’ora, per esempio».
Contatti a distanza dopo la pedalata
Per questo secondo il medico è importantissima, soprattutto nella preparazione invernale, tutta la fase di vestizione: «Noi dobbiamo avere cura del corpo umano e permettere che ci sia un’adeguata traspirazione. E’ importante ad esempio usate una protezione sotto il casco come la cuffia tergisudore perché l’umidità che ristagna nel corpo è deleteria. Allo stesso modo dovremo usare guanti, copriscarpe, maglia termica. Teniamo anche presente il diverso lavoro che compiono braccia e gambe nel periodo della pedalata».
«Una cosa che raccomando sempre ai miei atleti è evitare i contatti dopo la pedalata: la permanenza in zone con altra frequentazione, le docce in comune, il riscaldamento in ambienti chiusi, ancor di più nei mezzi di spostamento, sono rischiosi e potenzialmente dannosi. Dobbiamo dare il tempo al corpo di ripristinare le sue difese: basta fare attenzione nel compiere tutto quel che è necessario limitando i contatti fisici per un po’».
Guardascione sottolinea con veemenza l’importanza della vaccinazione come prima difesa: «E’ scientificamente provato che chi si vaccina contro l’influenza avrà un notevole aiuto nell’evitare di contrarre virus oppure nel farlo in maniera blanda. Inoltre una forma di prevenzione ottimale è l’assunzione di 1 grammo di Vitamina C, pari alla spremuta di 3 arance e anche di vitamina D tramite l’alimentazione, sono utili aiuto contro il raffreddamento. Chiaramente poi valgono i principi in vigore in qualsiasi periodo dell’anno come l’assunzione di molti liquidi durante l’attività sportiva».
Le mascherine, la prima difesa
Il medico tiene anche a mettere in evidenza alcuni comportamenti semplici ma che possono fare la differenza: «Innanzitutto cambiarsi immediatamente dopo la conclusione dell’allenamento togliendosi di dosso l’abbigliamento sudato e procedere alla doccia calda, diciamo entro una decina di minuti. Chi per esempio durante un’uscita si ferma dopo 90 chilometri tirati per un caffè, si mette a rischio perché sottopone il fisico a uno sbalzo termico e lo rende più soggetto ad essere attaccato dai virus nell’aria.
«Un altro accorgimento è procedere al cambio di abbigliamento da usare fra una stagione e l’altra con prudenza. E’ infatti nel periodo di passaggio dall’inverno alla primavera quello dove si corre il più alto rischio d’infezione virale».
Non abbiamo accennato al covid, che sappiamo essere sempre diffuso nella popolazione anche se non fa più notizia e ha un’incidenza di mortalità molto inferiore rispetto ai suoi picchi degli anni nefasti 2020-21. C’è però un presidio, legato nella fantasia di molti a quei tristi giorni, che sarebbe molto utile: la mascherina. «Io la consiglio a quelle persone che hanno una spiccata fragilità respiratoria. Sappiamo che quando il suo uso era obbligatorio, tutte le malattie respiratorie ebbero un crollo, quindi significa che funzionava. Usarle nei luoghi affollati d’inverno è sempre una buona difesa, soprattutto quelle FFP2. Nel caso del ciclista usare protezioni traforate come fondo per naso e bocca, che permettono un’adeguata respirazione è parimenti utile, senza incidere troppo sulla prestazione».