Novembre è per molti ciclisti il momento dell’anno in cui si guarda il proprio piatto con la stessa attenzione con cui si controlla la pressione delle gomme. Dopo il periodo di pausa alla fine della stagione di gare e con l’avvicinarsi delle festività, si vuole avere il pieno controllo sul peso. Alcuni puntano a perdere qualche chilo in più, ma senza compromettere le uscite in bici. Così capita che proprio in questi momenti, rispunta fuori un nome che circola da decenni: la dieta Zona.
Questo schema alimentare promette equilibrio e praticità, controllo dell’infiammazione e una gestione più stabile dell’energia durante la giornata, ma vale anche per chi fa sport di endurance come il ciclismo?


L’intuizione di Barry Sears
La dieta Zona nasce negli anni ’90 grazie al lavoro del biologo molecolare Barry Sears, che propose un modello alimentare basato su una suddivisione precisa dei macronutrienti. Il 40% dell’energia dovrebbe provenire dai carboidrati, il 30% dalle proteine e il restante 30% dai grassi. Secondo la teoria originaria, mantenere costante questo equilibrio permetterebbe di controllare meglio l’infiammazione cronica di basso grado e, di conseguenza, migliorare la salute metabolica, la composizione corporea e la performance sia fisica che mentale.
A distanza di quasi trent’anni, la dieta Zona continua a essere molto discussa, anche perché si colloca a metà strada tra un modello “equilibrato” e un modello moderatamente ipoglucidico, cioè a basso contenuto di carboidrati.


Il piatto diviso in tre
Alla base di questo metodo c’è l’idea che un’alimentazione che non provochi eccessivi picchi glicemici possa aiutare a stabilizzare l’insulina, con effetti positivi sulla sazietà, sull’energia e anche sul recupero post-allenamento nelle giornate meno intense. Nella pratica quotidiana, chi segue la dieta Zona organizza i pasti attraverso i cosiddetti “blocchi”, ognuno dei quali contiene una quota definita di carboidrati, proteine e grassi.
L’impatto visivo è molto semplice, basta suddividere il piatto in tre parti uguali. Una, grande e spessa quanto il palmo della mano, per le carni bianche, il pesce o le fonti proteiche vegetariane. Gli altri due terzi per le verdure non amidacee e un po’ di frutta. Il blocco dei grassi è facilmente gestibile, utilizzando un cucchiaio di olio extravergine di oliva per condire il pasto.
Qualità degli elementi
Negli anni, diverse pubblicazioni hanno analizzato l’efficacia reale di questo approccio che sembrerebbe portare a risultati interessanti. Tra questi il miglioramento della sensibilità insulinica, la riduzione del grasso viscerale e di alcuni marcatori infiammatori. Tuttavia, il confronto con altri modelli alimentari più ampiamente studiati, come la dieta mediterranea, mostra che i benefici della dieta Zona non sono superiori in modo significativo.
Molti ricercatori concordano sul fatto che gli effetti positivi osservati derivino soprattutto dalla maggiore qualità degli alimenti selezionati, ovvero con più fibra, più grassi insaturi e meno zuccheri semplici, piuttosto che dalla rigidità del rapporto 40-30-30.


Pochi carboidrati per gli sportivi
Dal punto di vista pratico, la dieta Zona può portare con sé diversi vantaggi. Una suddivisione bilanciata dei macronutrienti aiuta spesso a controllare meglio la fame nervosa e rende i pasti più sazianti, riducendo la tendenza a eccedere con gli zuccheri. Questo può essere utile soprattutto per chi è sedentario o quando si attraversano periodi della vita in cui la sensibilità insulinica tende fisiologicamente a diminuire, come accade con l’avanzare dell’età.
Esistono però anche diversi limiti, soprattutto quando si parla di sport. Per chi pratica attività di endurance, come il ciclismo, la quota di carboidrati proposta in questa dieta risulta generalmente troppo bassa per sostenere allenamenti lunghi o intensi. Il corpo di uno sportivo attivo utilizza principalmente glucosio come carburante e ridurre l’apporto glucidico può portare a cali di performance, difficoltà di recupero e sensazione di stanchezza anticipata. Inoltre, l’organizzazione dei pasti attraverso i blocchi richiede una certa costanza che non sempre è compatibile con la vita quotidiana, le mense aziendali, i viaggi o le giornate lavorative più impegnative.


Un modello da adattare
In conclusione, la dieta Zona può rappresentare uno strumento interessante in alcuni momenti dell’anno o in specifiche fasi dell’allenamento, soprattutto nei periodi di ridotta attività fisica o nelle giornate di recupero. Tuttavia, per chi pratica sport di endurance, il rapporto 40-30-30 rischia di essere troppo rigido e di non garantire l’energia necessaria per completare gli allenamenti e per ricostituire adeguatamente le riserve di glicogeno muscolare.
Come sempre, l’aspetto più importante è adattare il modello alimentare allo stile di vita di ciascuno: non è la dieta a fare la persona, ma il contrario. La dieta giusta è quella alla quale il corpo risponde bene, l’energia è stabile, il sonno è ristoratore e si percepisce una sensazione di benessere aumentata.







