Ad Andorra si sta svolgendo la ISMF World Cup Comapedrosa, prova di Coppa del mondo di scialpinismo e per l’Italia c’è in gara anche la nostra amica Giulia Murada (in apertura nella foto di Giacomo Meneghello), una delle azzurre più forti, neo campionessa italiana nella gara sprint e probabile olimpica per i Giochi Invernali del 2026. In un primo articolo ai primi di novembre, le chiedemmo di parlarci della sua passione per la bicicletta, utilizzata per svago e preparazione durante l’estate. Questa volta invece, nel pieno delle settimane bianche, ci è venuta la curiosità di chiederle se lo scialpinismo possa in qualche modo essere propedeutico per il ciclismo.
La specialità, ricordiamolo, al netto della distanza prevede che si facciano le salite con gli sci ai piedi, avendo sotto strisce di pelli di foca che impediscono di scivolare indietro. Scarponi appositi con i necessari attacchi, buoni anche per i tratti da fare a piedi. E alla fine, le discese per divertirsi, come con la bici dopo aver scalato un passo.
Lo scialpinismo può tornare utile per fare una base o come attività alternativa rispetto alla bici?
Secondo me sì, specialmente per chi vive in località in cui magari l’inverno è difficile pedalare per le temperature. Lo vedo come una buonissima alternativa. Sono due sport molto affini, anche più dello sci di fondo, sperando che nessun fondista ora si offenda (sorride, ndr). Lo scialpinismo simula molto di più quello che si fa in bici: cioè si sale facendo fatica e si scende recuperando gli sforzi. Se però si scende fuoripista, potrebbe diventare un po’ più difficile rispetto alla bici, perché in quel caso in discesa non si recupera molto. Si possono fare uscite lunghe anche con gli sci, magari riducendo un po’ le ore rispetto alla bici. Per quel che ho visto fino ad ora, fare cinque ore pedalando non è come farne cinque con gli sci. Le cinque ore con gli sci iniziano a diventare abbastanza toste.
A livello cardiaco lo sforzo dello scialpinismo è paragonabile a quello con la bicicletta?
Farei la correlazione soltanto sulla salita. Se mi dici fai un’ora di bici e prendi una salita lunga, lo vedo molto simile. Se fai un’ora di bici con tratti in piano o discese, è un po’ diverso. Nel mio caso (ride, ndr), in bici salgo oppure scendo, quindi non so fare troppi paragoni su come cambi il ciclismo in piano. Però ovviamente sugli sci porti tutto il tuo peso, non sei sulla bici, non hai la scorrevolezza. Quindi è più dura fare le stesse ore e poi anche se esci in gruppo non puoi sfruttare le scie, quindi sono tutte ore… camminate.
Cosa consiglieresti a chi volesse avvicinarsi allo scialpinismo?
Intanto di saper almeno sciare in discesa, perché altrimenti potrebbe diventare un problema. Ultimamente molti comprensori sciistici riservano delle serate in cui si possono risalire le piste con gli sci e poi scendere, quindi tutto in sicurezza. Questo è molto utile per far avvicinare il principiante. Perché sei in pista, quindi un ambiente un po’ più controllato, più sicuro. Non ci sono tutte le incognite del fuoripista, non bisogna stare attenti a rischi, valanghe e tutte quelle cose lì. Quindi per cominciare io starei su itinerari che affiancano le piste, in modo poi da scendere in sicurezza o magari cominciare da queste serate. Per chi invece sa già sciare, il fuoripista non è così improponibile. Bisogna solo ricordarsi che non si può prendere la montagna alla leggera e avere un minimo di conoscenze sui rischi che si possono avere. Avere arva, pala e sonda, anche se magari le condizioni attuali fanno sembrare che non ci siano pericoli perché la neve è poca. Però è sempre meglio essere preparati.
Di solito quando le mountain bike vanno sui sentieri, gli escursionisti storcono il naso. Come va fra sciatori e scialpinisti?
Facciamo un po’ fatica, perché scialpinismo e sci da pista sono sempre un po’ in lotta. Però tanti comprensori stanno cominciando a capire le opportunità che possono avere con lo scialpinismo e quindi cercano di capire come far andare d’accordo i due mondi, organizzando appunto serate come quelle che dicevamo. Dove vivo io (nell’area di Livigno, ndr) ci sono delle località che dedicano un giorno a settimana alla risalita con gli sci ai piedi, magari anche su piste illuminate. Sono iniziative ben accolte e partecipate, specialmente in periodi di carenza di neve.
Lo scialpinismo si svolge tutto in quota, è un fattore da tenere in considerazione per chi volesse usarlo come allenamento?
Magari è una cosa cui noi non pensiamo perché siamo abituati, specialmente in questi ultimi anni per la carenza di neve. Gareggiamo quasi sempre dai 2.000 metri in su e quindi chiunque fosse abituato a pedalare o fare sport a quote più basse, potrebbe trovarlo faticoso. Faccio fatica a essere più precisa, perché sebbene anche io patisca un po’ la quota, il mio range di allenamento e di gara è intorno ai 2.500 metri, ma effettivamente è un aspetto di cui tener conto per un ciclista amatore che è abituato a pedalare a quote più basse.
Stando così le cose, fate mai altura in preparazione?
Ci alleniamo sempre in alto, è difficile che ci alleniamo tanto più al di sotto dei 1.500 metri, è più frequente che siamo sopra i 2.000. Di solito poi nel periodo di novembre facciamo dei bei blocchi sullo Stelvio, ma più che per l’altura, per cercare la neve. E’ uno sport che soffre molto per la carenza di neve e in cui si fa fatica a programmare bene il lavoro avendo la scadenza della gara. Ci sono tante variabili.
Ad esempio?
La neve che a volte è poca e altre volte è troppa, così non puoi fare quello che avevi programmato perché ha nevicato troppo oppure non ce n’è. Quando siamo allo Stelvio, facciamo un bel blocco d’altura, perché se si riesce a sciare già dal passo, sei a 2.700 metri e lì ancora si respira. A volte negli anni scorsi dovevamo salire al primo troncone della funivia per allenarci a 3.000-3.300 metri e in quel caso sono allenamenti super tranquilli. Si va in giro piano, si fanno tante ore stando attenti sia allo sforzo, sia al mangiare. E in ogni caso, dalle settimane allo Stelvio, soprattutto le prime, si torna a casa piuttosto bolliti. E’ difficile riuscire a gestirla meglio, perché comunque siamo tanto in alto. Di solito cerchiamo di fare un po’ di adattamento, spostandoci a quote già un po’ più alte con gli ultimi allenamenti a secco.
Mangiare e bere sugli sci è tanto diverso dal farlo in bici?
No, più o meno è simile, però facciamo più fatica a raggiungere le grammature di carboidrati per ora che magari riesci a fare in bici. Quando vai piano in allenamento, si riesce. In gara invece facciamo fatica. C’è anche da dire che le gare che stiamo facendo ultimamente in Coppa del mondo durano al massimo un’ora e mezza, quindi non c’è grande esigenza di ricorrere a grammature folli di carboidrati. Nelle grandi classiche, che sono più lunghe, in questi ultimi anni infatti ci stiamo indirizzando nella direzione del ciclismo, perché è da lì che arriva la maggior parte della ricerca. E poi vanno aggiunte le condizioni meteo.
Soprattutto per il freddo?
Le nostre gare più lunghe sono di 5-6 e passa ore e sono abbastanza wild, nel senso che tante volte non abbiamo punti di rifornimento quindi devi portare tutto con te. Sei comunque in un contesto di alta montagna, quindi non è sempre facile riuscire a mangiare o bere. Ti si gela il bere, banalmente. Quindi bisogna programmare tutto al dettaglio, mangiare un tot ogni ora, però poi bisogna avere anche un buono spirito di adattamento e saper gestire la situazione. In certi casi bisogna mettere da parte la teoria, perché non è proprio possibile applicarla.
Chiudiamo parlando di Giulia Murada: la testa è alla qualifica olimpica?
L’obiettivo è quello. Abbiamo già due posti qualificati, per un uomo e una donna, in quanto Nazione ospitante. Però in base a come andrà questa stagione, possiamo qualificare un uomo e una donna in più. Si basa tutto sul ranking delle gare sprint, quindi ovviamente il mio focus sarà quello. Dato che per scelta federale non faremo tutta la Coppa del mondo e quindi non potremo puntare alla classifica, da adesso la decisione è quella di puntare solamente alle gare olimpiche. Qui ad Andorra ho partecipato ancora a un’individuale, che non sarà presente alle Olimpiadi, poi mi concentrerò solo su quelle distanze.