| 6 Ottobre 2024

La provocazione di Feltri: Zerosbatti risponde colpo su colpo

Sarebbe troppo facile commentare le dichiarazioni del direttore de Il Giornale Vittorio Feltri, rilasciate quale Consigliere Regionale per la Lombardia. Non meritano neanche di essere riportate, anche se hanno scatenato una forte polemica che sfocerà in una sequela di querele a suo carico. Ma le polemiche sterili non servono a nulla.

Vittorio Feltri, direttore editoriale de Il Giornale e consigliere regionale lombardo (foto Balti Touati Mourad)
Vittorio Feltri, direttore editoriale de Il Giornale e consigliere regionale lombardo (foto Balti Touati Mourad)

Feltri però ha rilanciato la questione sui ciclisti e su come li vede in maniera più articolata e meno macabra attraverso un successivo editoriale. Noi abbiamo pensato che da lì potesse scaturire invece una sorta di confronto fra due posizioni concettuali profondamente diverse, assolutamente scevro però da ogni contesto politico. Per farlo abbiamo interpellato il presidente di Zerosbatti Federico Balconi.

«Anche noi abbiamo accolto le parole di Feltri con stupore e indignazione – spiega l’avvocato milanese – e ci siamo uniti ad altre associazioni che stanno seguendo il nostro stesso iter, come Legambiente e Fiab per capire se ci sono gli estremi per una querela, perché chi pronuncia quelle frasi dovrebbe anche pensare che forse sta incitando all’odio. Ho letto anch’io le parole dell’editoriale, sicuramente più ponderate, ma che rispecchiano non solo il suo pensiero, ma quella cultura anti-bici contro cui da tempo ci battiamo».

Federico Balconi, presidente e fondatore nel 2017 dell’associazione Zerosbatti
Federico Balconi, presidente e fondatore nel 2017 dell’associazione Zerosbatti
Feltri dice: «A Milano le piste ciclabili rappresentano trappole mortali. Sono disegnate sull’asfalto senza criterio e la loro mancanza di logicità non fa altro che acuire il convincimento, in chi adopera la bicicletta per muoversi o anche il monopattino, di non dovere osservare alcuna basilare norma stradale, come – e menziono quella più terra terra – il rispetto della precedenza».

Ho la sensazione che Feltri faccia confusione fra piste e corsie ciclabili. Le prime sono quelle protette da cordolo, che anche la riforma del Codice Stradale ritiene legittime e da tutelare. Le altre sono la divisione tramite una semplice striscia bianca dove la giurisdizione afferma che le bici hanno un loro apposito spazio. La riforma vuole cancellarle non ritenendole abbastanza sicure, sostenendo che la bici ha solo la preminenza. Così si toglie il loro stesso scopo, l’automobilista potrà tranquillamente invaderle. E’ vero, non sono il massimo della sicurezza, ma sono comunque qualcosa in più del niente verso cui andiamo. Ma a parte il concetto giuridico c’è un altro punto sul quale vorrei rispondergli…

A lei la parola…

L’affermazione di Feltri è illogica e non tiene conto della realtà. Lo invito a guardare quanto avviene in Corso Buenos Aires dove la presenza di una “pista ciclabile” snellisce la circolazione e permette il transito di tantissime bici, tanto che sono in continuo aumento coloro che la usano per andare al lavoro. Il perché è semplice: c’è un guadagno di tempo notevole. Io impiego 12 minuti per andare al lavoro, con l’auto ce ne metto 19. E oltretutto inquino…

La pista ciclabile di Corso Buenos Aires a Milano, frequentatissima ormai da tanti cittadini
La pista ciclabile di Corso Buenos Aires a Milano, frequentatissima ormai da tanti cittadini
Feltri va avanti: «Io mi ritrovo biciclette e monopattini a destra e a sinistra della mia automobile, cosicché, quando scatta il verde e mi accingo a svoltare a destra, mi capita di frequente di vedere ciclisti che sfrecciano tagliandomi la strada, come se si lanciassero addosso alle vetture».

Scusate, ma non siamo al Gran Premio di Formula 1 dove bisogna partire a razzo. E’ qui che emerge il problema culturale. Il ciclista non è tenuto a stare in colonna, a respirare i gas di scarico. Può posizionarsi davanti alle auto, dietro la linea bianca e quando il semaforo scatta, si muove in anticipo rispetto alle auto. Chi è al volante aspetterà un attimo e partendo controllerà gli specchietti ai lati, ma queste sono le basi della scuola guida, forse qualcuno le ha dimenticate.

Feltri insiste: «Passano con il semaforo rosso, camminano davanti alle auto rallentando il traffico, anche contromano nel bel mezzo della via. Pare però che nessuno abbia il coraggio di dire che anche coloro che adoperano questi mezzi di locomozione sono tenuti al rispetto del codice della strada».

I ciclisti non sono una categoria a sé stante, come in tutte le cose ci sono quelli educati e quelli maleducati. Vorrei segnalare al dottor Feltri che dal 2017 la nostra associazione solamente in un caso ha fatto i conti con danni a un’auto per mano di un ciclista. C’è gente che in bicicletta va contro il Codice, proprio come Feltri dice, ma non per questo merita di essere investita. I vigili possono fermarli e multarli, anche in bici si è tenuti all’osservanza del codice stradale.

In molte città le strisce agli incroci segnalano lo spazio preminente per i ciclisti
In molte città le strisce agli incroci segnalano lo spazio preminente per i ciclisti
L’ultima parte: «I ciclisti non si toccano, non vanno contestati, redarguiti, rimproverati, richiamati all’ordine, ma soltanto coccolati e lodati. Il motivo? Il motivo è puramente ideologico: c’è il convincimento che essi salveranno il pianeta dal riscaldamento globale, sono ritenuti soggetti virtuosi, gente di sinistra, non rozza e ignorante come quelli che invece vengono indicati quali “fascisti”, soltanto perché votano a destra (…) ad oggi la diffusione dell’utilizzo della bici non abbia migliorato la qualità dell’aria ma abbia portato alla crescita del numero di morti e feriti, sulle strade cittadine, di quanti si spostano sulle due ruote ecologiche».

Qui lo scivolone sul piano politico non ha assolutamente senso: non ci sono ciclisti di sinistra o di destra, solo ciclisti disciplinati o meno. E’ paradossale dire che l’aumento dei morti è colpa dei ciclisti, è come affermare che l’aumento degli stupri è colpa delle minigonne indossate dalle donne. Andare in bici è un mezzo concreto per inquinare di meno, per migliorare l’ambiente nel quale viviamo. Allora perché si adottano soluzioni come Euro 5 per accedere ai centri cittadini? Migliorare la qualità dell’aria è obiettivo comune, ognuno ci mette del suo, molti lo fanno andando in bici, come avviene largamente nel resto d’Europa dove lo hanno capito prima di noi…

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