«Mancavo da casa da molto tempo, il lavoro mi aveva portato a viaggiare per l’Europa, da Londra a Barcellona e a stabilirmi a Dublino. Ho pensato però che tornare a casa con l’aereo sarebbe stato dispendioso non solo economicamente, ma come costo pagato dal nostro Pianeta, in termini d’inquinamento. Volevo fare qualcosa di diverso, volevo che il viaggio servisse a qualcosa». Così un giorno Edoardo Dal Bosco, 30 anni, ha inforcato la sua bici e pedalata dopo pedalata ha viaggiato per 11 giorni, da Dublino fino alla natia Ala, in Trentino.
Pedalando per la riforestazione
Probabilmente un’idea del genere qualche anno fa non l’avrebbe neanche sfiorato. La bici gli ha aperto un mondo, dandogli tutto ciò che il lavoro alla scrivania, con i ritmi frenetici della quotidianità gli toglie. L’idea di base però era dare qualcosa, condividere questa sua iniziativa. Così ha pensato che il suo viaggio solitario in bicicletta doveva essere associato a un’iniziativa benefica: raccogliere denaro attraverso un sito specializzato per raccogliere donazioni a supporto della sua idea. Il ricavato sarebbe stato devoluto a un’organizzazione no profit, OneTreePlanted che si dedica alla riforestazione di diverse aree mondiali.
«Il mio obiettivo era raggiungere quota 2.500 euro – racconta Dal Bosco – alla fine ne abbiamo ottenuti poco più di 2.000 e non nascondo che un po’ mi è dispiaciuto, ma intanto grazie a questo denaro potremo ripiantare molti alberi, poi mi è venuta una gran voglia di riprovarci. L’iniziativa aveva un nome specifico, “Cycling for Net Zero” per esprimere un concetto semplice: i gas inquinanti emessi nell’atmosfera devono essere pari o inferiori a quelli rimossi e muovendomi con il mezzo più ambientalmente sostenibile potevo darne una dimostrazione effettiva».
Non c’è tempo per il pranzo…
Il suo viaggio, pianificato con Komoot, prende il via da Dublino in traghetto: «Non potevo fare altrimenti, ho imbarcato la mia bici per approdare in Francia, da lì è stato un viaggio continuo, con una sosta di una giornata a metà cammino. Avevo stabilito le mie tappe, ma andavo molto a sensazione, regolandomi in base alle energie a disposizione. Ho utilizzato una Cube gravel C62 Pro con gomme riadattate da strada da 28 e barre aerodinamiche, con due borse, su sella e manubrio. Per mangiare i primi giorni andavo un po’ a sensazione sfruttando il carico di gel e barrette che avevo dietro. A pranzo andavo al supermercato per rifornirmi, ma poi vedevo che perdevo molto tempo e quindi ho saltato il pasto rifacendomi alla sera, mentre per dormire cercavo qualche motel appena arrivato sul posto».
Un viaggio che gli ha insegnato molto: «Ho capito che la bici ti dà una diversa prospettiva del mondo, centrando proprio quel principio alla base della mia iniziativa. Pedalando hai il tempo di guardare il mondo intorno a te ma anche dentro di te, nella solitudine, nel silenzio fatto dei rumori della natura. In Francia ad esempio ero già stato, ma mai l’avevo vissuta così, sulla mia pelle. Sin dal mio approdo in Normandia, sulle scogliere teatro dello sbarco nella Seconda Guerra Mondiale, vedendo i reperti storici dell’epoca. Poi il viaggio attraverso la Loira con i suoi castelli, lo Champagne che ricorda un po’ la Toscana, ma più elegante.
Ripercorrendo l’Adige
«L’emozione più grande è stata però l’ingresso nel “mio” Trentino dalla Svizzera, dall’Ofenpass, una discesa lunga 40 chilometri per l’Alto Adige seguendo poi il fiume dalla sua sorgente fino a casa. Quando sono arrivato, mi è stata subito chiara una domanda: “E adesso che cosa faccio?”. Perché è questo il senso del viaggio, è importante lungo tutto il suo dispiegarsi al punto che quando finisce quasi ti dispiace».
Un viaggio è fatto anche di emozioni e queste non derivano solo da quello che si vede: «Ogni minuto era prezioso anche per gli incontri fatti lungo la strada. Hai un senso preciso di quel che significa Europa, perché il linguaggio della bici è unico, unisce davvero le Nazioni. Ho conosciuto tante persone e ognuna mi ha dato qualcosa. Tanti rimanevano colpiti da quel che stavo facendo, mostravano interesse per le mie motivazioni, accoglievano il mio messaggio e questo ha reso la mia fatica ancora più importante».
Il ginocchio fa crac
Momenti difficili? «Era un’impresa che non nasceva sotto una buona stella. Avevo problemi a un ginocchio, ma era tanta la motivazione che avevo deciso di affrontare ugualmente il viaggio, qualsiasi cosa fosse successa. Al nono giorno, ero nei pressi di Davos quando ho sentito un improvviso crack al ginocchio mentre pedalavo. E’ come se improvvisamente fosse cambiato tutto, via ogni dolore, non ho più avuto problemi da quel momento.
«C’è stato un altro momento topico nella mia avventura. Ero al terzo giorno e pedalavo quasi in mezzo al nulla, iniziavo a preoccuparmi per dove avrei passato la notte quando all’improvviso ho trovato un enorme casolare, un airb&b gestito da una coppia di anziani che mi hanno accolto con grande calore, invitandomi a cenare insieme a loro. Lì ho avuto la precisa sensazione di quel che stavo facendo, in quella serata che è rimasta memorabile».
La voglia di riprovarci
Ora è passato tempo e Dal Bosco è tornato alla sua vita. La cifra raccolta dal suo viaggio è stata raddoppiata dalla sua azienda, la Salesforce e tra allenamenti e lavoro il trentino prepara le sue prossime avventure.
«Mi alleno per partecipare a qualche gara di Mtb su lunghe distanze, mi piacciono le Marathon ma mai quanto quello che ho fatto, Infatti ho una voglia matta di riprovarci, sto pensando a quali destinazioni scegliere e soprattutto alle finalità del viaggio, perché ogni pedalata deve avere un senso generale, è ciò che dà valore al tutto».