| 27 Agosto 2025

Ferragosto al Blockhaus. Sulle orme dei grandi

SCAFA – Non c’entra il caro ombrelloni dei litorali italici, né il sovraffollamento dei sentieri alpini. O forse sì. Fatto sta che il sabato di Ferragosto lo abbiamo passato sulle pendici del Parco della Majella, per scalare in bici una delle salite più temute dell’Appennino e non solo: il Blockhaus. Questo nome così poco… abruzzese venne dato da un comandante militare austriaco che, un paio d’anni dopo l’Unità d’Italia, presidiava la cima della montagna assieme ai suoi soldati, nel tentativo di contrastare il nascente fenomeno del brigantaggio. Il plotone aveva costruito a quota 2.100 metri un fortino con basamento in pietra (oggi ne sono rimasti solo i ruderi) e le pareti in legno: la tipica “block haus” germanica, appunto.

Sarà per il suono così duro del suo nome, sarà per l’elenco di campioni che vi hanno vinto nelle tappe del Giro d’Italia (il primo fu un giovanissimo Eddy Merckx nel 1967, l’ultimo Jai Hindley al Giro del 2022 che poi fece suo. In mezzo corridori come Bitossi, Fuente, Argentin, Garzelli e Quintana) che non abbiamo resistito al suo richiamo ed abbiamo deciso di provare anche noi…

Dal versante di Lettomanoppello

Ci sono ben tre versanti che portano alla vetta. Il versante teatino che sale da Pretoro ed i due pescaresi: quello di Lettomanoppello che si congiunge con il primo a Passo Lanciano per poi proseguire fino a Cima Mammarosa, e quello di Roccamorice che sulla Cima vi ritrova i primi due. Noi abbiamo scelto di salire dal versante di Lettomanoppello, più regolare rispetto a quello di Roccamorice.

Lasciata l’auto nel parcheggio della stazione di Scafa, nei pressi del casello autostradale della A25, ci agevola l’uscita dal centro abitato la comoda pista ciclabile del Parco del Lavinio, inaugurata due anni fa. Il fatto che ci siano degli strappetti persino sulla ciclabile sembra quasi un messaggio subliminale: non sarà una giornata semplice… Ci ritroviamo infatti sulla statale con delle prime pendenze attorno al 6-7 per cento. Lambito il centro di Lettomanoppello, una serie di tre svolte riportano sempre il cartello “Passo Lanciano”. Impossibile sbagliarsi, anche perché ad ogni svolta la salita si fa sempre più dura…

Una fonte per fare il pieno d’acqua

Pianificando la lunga ascesa ci siamo segnati sulla mappa la piccola area pic-nic di Fonte Pirella appena pochi chilometri dopo il paese, lungo il ciglio della strada. Una sosta è d’obbligo perché poi non troveremo più nulla fino a Passo Lanciano. Ripresa la salita iniziamo ad incrociare i ciclisti locali che scendono e che sono partiti ben prima di noi al mattino. Uno di questi ci canzona col classico «Dai che è finita». “Per te – pensiamo – noi abbiamo appena cominciato…”.

Il tratto che segue è un lungo drittone di 4 chilometri con uno splendido affaccio sulla Maiella alla nostra destra. Mangiamo una barretta. La strada non è trafficata ed è al sole ma le temperature di questo agosto sono state più clementi del previsto. Poi, superata quota mille metri sul livello del mare, ci giunge in soccorso un bellissimo tratto nel bosco, con un paio di tornanti in cui tra i tronchi degli alberi intravediamo la strada contorta appena superata. Una goduria che ci allevia e ci porta fino ai 1.300 metri di Passo Lanciano, dove ci congiungiamo col versante che, come detto, sale da Pretoro.

Passo Lanciano e Mamma Rosa

Qualche famiglia si gode un picnic e le meritate vacanze. Anche gli impianti di risalita sono a riposo. Ci sono dei gazebo in legno con bar e qualche negozio di souvenir e noi ne approfittiamo per una fetta di crostata ai mirtilli in vista della seconda parte della salita. Al Bar dello Sciatore hanno in grazia anche i ciclisti allorché, al momento di riempirci le borracce, da dietro il bancone il ragazzo prende l’iniziativa: «Vi ci metto anche il ghiaccio, così state più freschi!». La decisione si rivela più che saggia. La nostra sfida, infatti è appena a metà, dato che vogliamo arrivare al punto più alto raggiungibile con una bici da strada.

Ripartiti, siamo ancora avvolti nell’ombra boschiva della SP 220 con le pendenze che si fanno più abbordabili, senza tratti in doppia cifra come invece avevamo incontrato a Lettomanoppello. Un tornante ci riporta alla luce del sole e riconquistiamo ampie vedute. Già vediamo il mitico Albergo Mamma Rosa sopra di noi. E’ gestito dal 1966 dalla famiglia Ferrara e accompagna estati e inverni con le sue 40 camere e piatti fatti in casa, come i ravioli di ricotta, sagne e fagioli. 

Blockhaus: 2.068 metri

La giornata è serena ma non limpida, per cui l’Adriatico non è così nitido come speravamo, ma l’arrivo presso 1.650 metri della struttura ci galvanizza e ci prepara per l’ultima fatica. Come detto, infatti vogliamo arrivare fin dove si può. A queste quote ci sorprende un po’ trovare una famiglia in bici con bimbi piccoli al seguito, ma le e-bike, come si sa, consentono a tutti di godere di certi paesaggi. Superato qualche tornante ed un gregge di pecore cui fa la guardia un cane pastore più che indulgente con chi pedala, raggiungiamo l’ultimo avamposto: il Rifugio Pomilio. Qui una sbarra nega alle auto di continuare. La sede stradale diventa un percorso ciclopedonanale largo meno di due metri in cui superiamo i camminatori intenti come noi a raggiungere il Blockhaus. 

Ora siamo davvero avvolti dalla maestosità della Maiella e, anche se le pendenze di questa lingua d’asfalto tornano ad essere arcigne, cumulandosi alle ore passate in sella, non possiamo non guardarci attorno, oltre lo strapiombo che sfila alla nostra sinistra. Ed ecco, finalmente, dopo quasi 30 chilometri di salita, il palo in metallo che vedete nella foto d’apertura. Il nostro Sacro Graal di Ferragosto è questo semplice manufatto che indica la quota di 2.068 metri. E pensare che eravamo partiti dai 108 di Scafa…

Il ritorno… con Merckx

Riscendiamo al Mamma Rosa dove ci premiamo con un panino al prosciutto e poi decidiamo di rientrare alla base attraverso il versante di Roccamorice. La mantellina si fa ben presto inutile e, dopo gli ampi tornanti che hanno visto salire fin quassù la carovana del Giro d’Italia tre anni fa, una tirata di freni è d’obbligo nell’abitato di Roccamorice. Qui campeggia la semplice scultura che ricorda Eddy Merckx, inaugurata nel 2017 ed opera di uno degli ultimi scalpellini della zona, Franco Aceto. Un omaggio alla prima vittoria del giovanissimo Merckx al Giro, sul Blockhaus? Non solo: in realtà si tratta anche di una riconoscenza al Cannibale che tre anni dopo, in nel 1970, proprio a Roccamorice vinse un traguardo volante ma lasciò il premio in denaro a dei giovani del paese che poterono comprarvi degli strumenti musicali per le attività didattiche. 

Il nostro viaggio si conclude rientrando su Scafa dalla ciclabile del Parco di Lavinio. Al parcheggio ci voltiamo per scrutare il profilo dei monti e ritrovare idealmente lassù quel palo. Già sappiamo che non sarà un addio: abbiamo ancora due versanti da scalare…

TUTTE LE CATEGORIE DEL MAGAZINE