Da poco più di un mese è uscito un libro che ha attirato la nostra attenzione. Si intitola “Vita in cargo bike”, è stato scritto da Sandro Greblo per Edizioni Meravigli, e racconta del suo lavoro di corriere in bici per l’azienda So.De di Milano.
È il terzo libro scritto da Greblo che in precedenza aveva già pubblicato “Dal posto finestrino”, sulla sua esperienza da cooperante, e “Notturno rider”, un diario sulla vita da corriere precario. In attesa di leggere la sua ultima fatica abbiamo raggiunto Sandro per farci raccontare cosa l’ha spinto a scrivere questo libro e di cosa si occupa all’interno di So.De, l’azienda di delivery sociale in cui lavora dal 2021.
Sandro, com’è nata l’idea di raccontare il tuo lavoro da corriere?
Mi è sempre piaciuto scrivere di quello che faccio, non a caso questo è il mio terzo libro. Il primo riguardava la mia vita da cooperante dal 2001 al 2019 tra Italia, Africa e Afghanistan. Con la pandemia ho deciso di cambiare e sono tornato fisso a Milano, dove sono entrato a lavorare come rider per Deliveroo. Un’esperienza che ho raccontato in “Notturno rider”.
E poi?
Nel 2021 è nata So.De e mi sono proposto subito, attirato dall’aspetto sociale del progetto. Sono stato il primo loro corriere, ora sono assunto full-time e coordino gli altri ragazzi, siamo in 10 in tutto. Tornando alla domanda, il libro viene dalla passione che ho per lo stile diaristico, infatti anche questo come gli altri ha questo taglio.
Ci parli meglio della particolarità di So.De?
So.De si occupa di delivery sociale, solidale e sostenibile. Questi aspetti vengono declinati operativamente con la scelta dei progetti ai quali prendere parte. Per esempio ora siamo impegnati nel recupero del cibo invenduto da alcuni supermercati. Lo carichiamo nelle cargo e lo portiamo ad una fondazione che poi lo distribuisce a diverse mense, oppure lo vede nei social market a prezzi calmierati.
Chi sono le persone che lavorano con te?
Lo statuto di So.De prevede di assumere tra i suoi corrieri persone che vengono da contesti fragili, come i migranti. Tra di noi ci sono ragazzi che hanno fatto tutta la traversata dall’Africa subsahariana fino alla Libia e poi l’Italia. Noi li formiamo e li professionalizziamo. Io stesso faccio la formazione in strada, poi c’è quella relativa all’HACCP e il rapporto con il cliente. Quindi diventa qualcosa di più del solo food delivery, una formazione vera a propria.
Insomma un modello controcorrente rispetto a quello che, purtroppo, da diversi anni vediamo nel mondo del delivery. Chi ha avuto quest’idea?
Cinque soci che hanno lanciato un crowdfunding, la cui cifra è stata poi raddoppiata dal Comune di Milano. Il progetto è piaciuto, all’inizio lavoravamo per lo più con le botteghe di quartiere, poi ci siamo fatti conoscere e sono arrivati altri clienti e altri progetti, come quello del recupero del cibo invenduto. Il nostro sforzo è quello di far cambiare la mentalità, far capire che anche con una cargo si può trasportare molta merce, invece di muovere sempre un furgoncino.
E come sta andando?
Stiamo crescendo piano piano, ora è arrivato Ikea che è un gran bel cliente. Ci hanno affidato i loro pacchi piccoli della zona milanese. Come accennavo prima ora siamo in dieci, tutti con regolare contratto. Alcuni si occupano anche della manutenzione dei mezzi, altri anche del dispatching (il coordinamento del lavoro in strada da remoto, ndr). Abbiamo due Hub che ci permettono di coprire tutta la città. Il più grande è in via Guerzoni in zona Dergano, col quale serviamo la parte nord-ovest di Milano. L’altro in Porta Ticinese, dove facciamo la parte sud-est e il centro.
Insomma, sembra di capire che ci sia una bella differenza rispetto a Deliveroo.
Assolutamente. La prima e più importante differenza è che abbiamo un contratto vero, secondo il CCNL del terzo settore. Alcuni come me full-time, altri part-time, ma tutti con malattie e ferie pagate. Questo è fondamentale. Qui i corrieri sono sempre pagati ad ore e mai a consegna. L’altro aspetto diverso è che qui cerchiamo di aggiornare le persone con formazioni a tutto tondo, anche sulla sicurezza.
Abbiamo quasi finito. Ci racconti uno degli aneddoti che hai raccolto nel libro?
Ce ne sarebbero moltissimi, perché stare in giro tutto il giorno è una fonte inesauribile di storie. Molti spunti me li hanno dati i portinai. Per esempio un giorno sono arrivato in un palazzo dove lavorava un custode cingalese. Mi ha visto entrare pieno di pacchi e si è spaventato, aveva paura fossero tutti suoi e di non riuscire a gestirli. Insomma era molto agitato, perché poi i condomini sono molto esigenti per quanto riguarda i loro acquisti, e temeva di fare qualche errore.
Come è andata a finire?
Io l’ho tranquillizzato dicendo che per lui ne avevo solo due, e da lì si è rilassato. È uno scambio continuo, una vita fatta di tante piccole scenette comiche quasi teatrali, tra la nostra fretta di consegnare e la puntigliosità dei portinai che giustamente fanno il loro lavoro.
Sbaglio o questo richiama un po’ la tua esperienza di cooperante?
È cosi, la cosa che mi piace di So.De è che riesco a mantenere le due anime, l’amore per la bici e l’incontro con il diverso. L’altro giorno mi sono trovato a mediare tra un collega camerunense e uno pakistano, come nelle barzellette. Le differenze culturali e linguistiche erano grandi e non si capivano granché. Allora mi sono messo lì e con molta calma abbiamo trovato il modo per capirci. È stato un gran bel momento, una perfetta sintesi delle mie due grandi passioni.