Ci sono dei giorni, come quelli che precedono il Giro di Lombardia, che il Santuario della Madonna del Ghisallo si anima. La gente, gli appassionati in bici soprattutto, iniziano a brulicare. Arrivano in cima, si guardano attorno, il panorama sui due rami del Lago di Como è unico. Ma poi buttano un occhio al vicino museo e alla chiesa, che sanno essere la loro in qualche modo, e vi entrano.
Entrano in quella che appunto è la loro casa. Sono oltre 70 anni che la Madonna del Ghisallo è la protettrice dei ciclisti. Fra tre d’ore o poco più, la 116ª edizione del Lombardia vi transiterà ancora una volta. La cronotabella indica un orario tra le 15 e le 15:45. A quel punto i corridori avranno affrontato 192 chilometri.
Madonna dei ciclisti
Ma perché proprio quassù vi è il santuario dei ciclisti? Perché questa scalata è da praticamente sempre stata presente nel Giro di Lombardia. Fu inserita la prima volta nel 1919. Per anni ha visto la sofferenza e la gioia di molti corridori. E qui tutti i ciclisti della zona prima o poi passavano. Fu Fiorenzo Magni a spingere perché questo luogo diventasse sacro per i ciclisti.
Oggi un amico del Santuario e del museo del Ghisallo è Carlo Ottolina, appassionato di ciclismo, che presiede la Ciclismo in Rosa squadra femminile di ciclismo paralimpico.
«Non poteva essere diversamente – dice Ottolina – perché il Ghisallo ha un grande significato per il ciclismo e per i ciclisti».
«In questi giorni che precedono il Lombardia, il flusso dei visitatori aumenta. C’è curiosità. Molti sono stranieri. E soprattutto nelle ore che precedono il passaggio della corsa c’è un vero boom. I ciclisti salgono in bici e prima di mettersi a bordo strada, una volta in cima passano al Santuario».
Quanti turisti
Che il flusso sia maggiore è vero. Il Lombardia richiama molti turisti, specie stranieri. Sono diversi i tour operator che organizzano viaggi ciclistici in occasione del Lombardia, cosa che avviene per tutte le maggiori corse al mondo. Un ulteriore richiamo è dato anche dalla granfondo di domani.
Alcuni appassionati, specie quelli con la maggior cultura ciclistica, sanno bene di questo passaggio, paragonabile ad un Kwaremont del Fiandre o a una Foresta di Arenberg della Roubaix. «Per esempio da giorni ci sono due camper, uno belga e uno francese, che hanno chiesto di parcheggiare nell’area tra il Santuario e il museo».
E anche i pro’ durante la ricognizione si fermano o buttano un occhio. Non ultimo Julian Alaphilippe e la sua Quick Step-Alpha Vinyl. L’ex iridato ha donato una sua maglia al museo. Anche all’interno del Santuario ci sono dei cimeli dei grandi campioni.
Tuttavia il nome Ghisallo non è legato al ciclismo, ma ad un conte, appunto il conte Ghisallo, il quale per sfuggire ai briganti si rifugiò in quelle zone. C’era una piccola “cappella” ma forse anche meno dedicata alla Madonna. Il conte si salvò e decise di costruire una vera Cappella in onore della Madonna. Tale storia risale alla prima parte del 1600, così come la chiesetta.
Spunta Bartali
Con il passare del tempo arrivò il ciclismo e il Giro di Lombardia ne fece il passaggio simbolo.
«Il legame tra il Santuario e il Lombardia – riprende Ottolina – è di lungo corso e di storie potrebbe raccontarne tante. Tanti piccoli momenti di condivisione. Ma c’è un aneddoto che più di altri ricordo con piacere.
«Parlo di un’edizione del Lombardia degli anni ’90, non ricordo di preciso quale. Ad un certo momento dalla cima si sente un boato e il clamore della folla già a bordo strada che avanzava verso il Gpm appunto. Però non poteva essere la corsa. Era troppo presto. Alla fine gli applausi erano per Gino Bartali che era sul percorso a bordo di una Golf Cabrio. Si fermò, salutò tutti e ripartì».
Bartali era un fervente devoto della Madonna e di certo non è stato insensibile al Santuario. Ginettaccio infatti nel 1949 fu tra i protagonisti dell’ufficializzazione del Santuario della Madonna del Ghisallo come protettrice dei ciclisti. Oltre a lui erano presenti Coppi e, chiaramente, Magni. Eppure quel passaggio non era una novità per Bartali. Nel 1952 Gino vi transitò da solo per l’ultima volta infiammando il pubblico già una quarantina di anni prima del passaggio con la Golf Cabrio.