| 26 Febbraio 2025

Il trio di “I to Eye” è arrivato in Guinea. E l’avventura continua…

Terzo appuntamento con i ragazzi di “I to Eye” che stanno pedalando in Africa, partiti da Bologna lo scorso ottobre. Davide Valacchi, ciclista non vedente, è sul tandem guidato alternativamente da Antonio Gabrielli e Riccardo Nielsen (i tre dispongono anche di una seconda bici). Li avevamo lasciati a novembre in Marocco, in procinto di attraversare il deserto lungo la costa atlantica ed ora li ritroviamo in Guinea, sempre sul calar del sole…

Alla prova del Sahara

«Andrea – esclama Davide al telefono – se vedessi dove sono! Ci stiamo accampando in mezzo alla vegetazione. Qui non c’è nulla. E’ incredibile che ci sia campo…»

Per prima cosa vogliamo sapere com’è stato l’attraversamento del deserto. Va bene che i tre stanno percorrendo la via atlantica, quindi nel Sahara occidentale, con meno escursione termica, per scendere verso il cuore dell’Africa, ma pur sempre di deserto si tratta…

«Pensavamo che fosse più caldo, ma in realtà il caldo si sta facendo sentire solo adesso – inizia a raccontare Riccardo – la monotonia del Sahara ci ha messo a dura prova. Ogni giorno era uguale al precedente: sabbia, cielo e silenzio, al massimo sentivamo qualche cane. Considera che il passaggio dalla fine del deserto all’inizio della foresta è molto, molto graduale. Però, una sera, siamo arrivati in un posto in cui non c’era la sabbia per terra. C’erano due o tre alberelli, c’era un profumo di fiorellini proveniente da delle acacie in fiore, gli uccellini… Tutte cose che per due settimane non abbiamo avuto, avendo vissuto quasi in deprivazione sensoriale. Per me è stato l’Eden, mi sono fatto una doccia con le borracce. Eravamo ritornati a qualcosa che era verde, profumato, veramente bellissimo».

Antonio e Davide spingono il tandem tra le sabbie del Sahara Occidentale. Una bella prova di tenuta fisica e mentale
Antonio e Davide spingono il tandem tra le sabbie del Sahara Occidentale. Una bella prova di tenuta fisica e mentale

Un giorno da 300 km

Attraversare il Sahara non è stato semplice. Per Davide, Antonio e Riccardo è stata una prova di resistenza fisica e mentale: «Solo la parte marocchina è di 1.400 km, ma contando Mauritania e Western Sahara, vi abbiamo pedalato per oltre 2.000 km – precisa Davide – Il tratto più lungo senza nulla è stato di 160 km, che abbiamo affrontato di notte per evitare il vento». La decisione di pedalare di notte non è stata casuale: «Sapevamo che il giorno dopo si sarebbe alzato il vento, e pedalare controvento nel deserto non è proprio piacevole – continua – così, abbiamo deciso di fare quei 160 km di notte, aggiungendoli ai 130 che avevamo già percorso durante il giorno. È stata una delle tappe più estreme, con quasi 300 km in un solo giorno». 

Fortunatamente, non hanno mai avuto problemi di approvvigionamento: «Ogni 70-90 km c’era un benzinaio dove potevamo fare rifornimento di cibo e acqua – spiega Davide – se non ci fossero stati, sarebbe stato un problema serio, perché lì non c’è nulla. Studiavamo ogni giorno dove fermarci per la notte, dove fare rifornimento e come organizzare le tappe». 

Poco cibo in Mauritania

Arrivati in Senegal, il viaggio è cambiato radicalmente. Dopo settimane di deserto, il verde della vegetazione e la vivacità della vita locale hanno rappresentato una svolta, anche dal punto di vista dei pasti: «In Mauritania era dura, c’erano solo due o tre piatti – dice Antonio che ci ha raggiunto al telefono appena finito di montare le tende – e anche le verdure te le vendevano al pezzo, non al peso. Una patata, due patate… Di quelle più belle addirittura te ne davano un pezzo. Tipo se c’era un buon peperone, anche piccolo, te ne davano la metà». 

Un momento di relax per Davide. Dopo il deserto, il ritorno alla natura è stato rigenerante
Un momento di relax per Davide. Dopo il deserto, il ritorno alla natura è stato rigenerante

Tra Senegal e Gambia

Anche la cultura è cambiata: «In Senegal c’è più libertà – riprende Davide – sia nel consumo dell’alcol che nel vestirsi. Le donne sono parte integrante della società e questo rende tutto più aperto e vivace». I tre sono stati anche nella capitale Dakar, con il traffico caotico e le strade secondarie di sabbia, le vacche a bordo della tangenziale, le buche, i tir, i motorini con tre persone sopra, smog da lacrimare gli occhi… Dura per i ciclisti, insomma.  

Proprio a Dakar la mamma e la zia di Davide hanno raggiunto i tre, i quali hanno approfittato della vista per farsi portare un freno di ricambio che è servito a sostituire quello del tandem che stava perdendo olio. Una piccola fortuna che ci ha colpito.

In Gambia, piccola ex-colonia inglese, il trio di “I to Eye” (l’organizzazione no-profit di cui Davide fa parte, promuovendo l’uso del tandem nella disabilità visiva) ha vissuto una bella esperienza: «Un ragazzino di 14 anni – racconta Davide -ci ha invitato a pescare con la sua famiglia. Eravamo sulla riva del Fiume Gambia che, data la sua larghezza, è salato per molti chilometri nell’entroterra. Abbiamo pescato con le reti, giocato con i bambini e condiviso il pranzo con la famiglia. Anche quello è stato un giorno speciale».

Riccardo carica alcuni bambini. La scuola è molto importante, sia dal punto di vista culturale che economico
Riccardo carica alcuni bambini. La scuola è molto importante, sia dal punto di vista culturale che economico

Gli incontri memorabili

Anche gli incontri casuali hanno arricchito il viaggio. «Una sera, nella regione senegalese della Casamance – racconta Davide – ci siamo fermati in un quartiere popolare e abbiamo conosciuto Jacques, un ragazzo del posto. Abbiamo passato la serata con lui, bevuto vino e poi ci ha portato a dormire in una fabbrica cinese semi-abbandonata. La mattina alle sette ci ha svegliato il custode poco prima che arrivassero gli operai, ed anche Jacque è tornato per sincerarsi che fossimo okay. È stata un’esperienza surreale, ma bellissima».

In Guinea-Bissau il viaggio in bici si è colorato di musica e festa, stimolando ulteriormente la percezione di Davide. Ma non mancano le contraddizioni sociali: «Qui l’influenza portoghese si mescola ai ritmi locali. È un paese festoso – dice Valacchi – c’è sempre musica in giro, ma anche molta povertà. Abbiamo incontrato un’associazione italiana che ha aperto una scuola in un villaggio. La scuola qui è vista non solo come opportunità culturale, ma anche economica, perché essa porta con sé la mensa che garantisce un pasto giornaliero ai bambini. In un contesto dove molti mangiano solo una volta al giorno, questo fa la differenza». 

E ora? Foresta equatoriale…

Il prossimo obiettivo è la Guinea Conakry, dove inizierà la vera foresta equatoriale. «Ci aspettano cascate, montagne e strade rosse e dissestate – sentenzia Riccardo – decideremo se passare per la Liberia o raggiungere direttamente la Costa d’Avorio e concludere il viaggio lì, oppure in Ghana».

I tre lasceranno in questi giorni la Guinea-Bissau anche perché il paese rischia di destabilizzarsi dopo il recente rinvio delle elezioni previste per il novembre scorso. «Comunque, abbiamo già avuto un assaggio della foresta – conclude Davide – proprio oggi abbiamo fatto il bagno in un fiume con delle cascate, eravamo gli unici bianchi in mezzo a tanti locali che lavavano i vestiti o giocavano con i bambini. E’ stato molto bello».

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