Se la Sardegna sta progressivamente diventando una delle mete cicloturistiche più ambite è anche dovuto alla crescente fama del Cammino Minerario di Santa Barbara. Parliamo di un progetto nel quale la bicicletta è entrata solo di recente perché il Cammino è stato lanciato agli albori del secolo come percorso eminentemente turistico, di oltre 500 chilometri da percorrere a tappe per riscoprire i territori e le atmosfere degli antichi minatori. Quello del Sulcis Iglesiente Guspinese è un luogo ricco di storia, forse troppo presto dimenticata
Lavoro per tanti
L’Associazione Onlus Pozzo Sella per il Parco Geominerario, costituitasi nel 2001 ha dato vita a un progetto per riscoprire gli antichi cammini fra le miniere ormai abbandonate, allo scopo di valorizzare queste terre e la loro storia. Un progetto che ha dato lavoro a tanti, ma soprattutto ha portato frotte di turisti a scoprire qualcosa di naturalisticamente straordinario ma anche patrimonio del nostro passato, per tramandare la memoria di chi quel percorso l’ha affrontato nei secoli passati.
Su questa base si è innestato il percorso cicloturistico, un anello di oltre 600 chilometri che ha la sua base a Iglesias, sede di partenza e arrivo. La parte tabellata è di circa 360 chilometri, ma siamo di fronte a un “work in progress” come spiega il sindaco della città Mauro Usai fortemente coinvolto nella gestione dell’associazione in quanto presidente: «L’obiettivo è farlo nella sua completezza, ma possiamo garantire che già risponde a tutte le aspettative, sia per i paesaggi che può garantire dal mare alla montagna, sia per i luoghi attraversati, dando un’idea completa della realtà locale di oggi e di ieri».
Panorami che cambiano sempre
Si tratta di un circuito che abbina tratti in asfalto a strade bianche carrabili e non e altri pezzi mutuati da vecchie ferrovie dismesse: «E’ un percorso che cambia continuamente, anche per questo moltissimi che vengono ad affrontarlo in bici fanno la scelta di farne un pezzo e poi tornare successivamente per affrontarne un altro perché le emozioni, le sensazioni sono sempre diverse e questa è la forza del Cammino».
Avendo per estremi Montevecchio a Nord e Candiano a Sud, si pedala fra le rovine post-industriali dell’epoca mineraria toccando paesaggi naturali diversissimi fra loro: grotte, scogliere, dune, spiagge non battute dal turismo di massa ma davanti ad acque cristalline. Oppure scorci montani, pedalando in mezzo a foreste dove la fauna locale come il cervo è ancora libera e padrona.
Affrontabile (quasi) tutto l’anno
«Un aspetto importante del Cammino – riprende Usai – è che si può affrontare quasi in qualsiasi periodo dell’anno. Paradossalmente proprio luglio e agosto sono i mesi meno indicati per il grande calore, eppure anche nei mesi estivi si trova gente che pedala sui sentieri e le strade. Per il resto ogni stagione è ideale, anzi la progressiva popolarità del percorso è stata un forte impulso a destagionalizzare il turismo del territorio con conseguente giovamento di tutto il territorio».
Natura ma non solo. Pedalando per questi luoghi si ha la possibilità di entrare in contatto con le comunità locali dove la cultura e la tradizione hanno una fortissima presa. Qui ogni sosta gastronomica sarà una sorpresa perché sono presenti prodotti unici, ma anche ricette che fanno parte del passato di queste terre, fatte di ingredienti semplici e lavorazioni immutate nel tempo, eppure buonissime. Senza dimenticare tutto quel che dal punto di vista architettonico e culturale il Cammino può riservare, spingendo chi lo affronta a fermarsi, a continue soste, a prolungare il suo soggiorno. «Non posso segnalare luoghi specifici altrimenti come sindaco di Iglesias tirerei acqua al mio mulino – sottolinea Usai – ma posso assicurare che ogni tratto ha le sue peculiarità, basti pensare agli insediamenti nuragici oppure ai faraglioni più alti del Mediterraneo e che fanno concorrenza alle coste norvegesi».
Il culto della patrona dei minatori
Senza dimenticare chiese e cappelle disseminate lungo il cammino e tutte dedicate al culto di Santa Barbara, la patrona dei minatori, persino all’interno delle stesse miniere. Addirittura la più antica, quella di Domusnovas risale al 1223. E’ una ricchezza immensa, in un territorio Patrimonio dell’Unesco che agli ultimi Oscar del Cicloturismo ha ricevuto una menzione d’onore.
«Un aspetto che ci tengo a sottolineare – conclude il presidente Usai – è che pur essendo un percorso variegato, con tratti difficili di montagna, è comunque adatto a tutti proprio perché si possono trovare al suo interno, in un quadro di oltre 500 chilometri di scelta, pezzi che si possono affrontare in compagnia anche senza un particolare allenamento. Basta cercare sul sito, andando sulla parte ciclopedonale e analizzando ogni singola tappa, per trovare quella che soddisfa tutte le proprie aspettative».