In fondo può bastare un sorriso a far girare il mondo. O a far girare le ruote di una bicicletta. O a convincere un signore molisano già in là con gli anni, Tonino Scarpitti, a continuare a organizzare dopo 29 anni una manifestazione amatoriale come il GiroSardegna. Che fa il verso al Giro d’Italia e al Tour de France con tappe, classifiche, maglie rosa e maglie gialle, ma che in fondo è soltanto un pretesto per far pedalare, nell’Isola che lo ha accolto, cicloamatori da tutto il mondo.
Una faticaccia, inutile negarlo, che però dopo una settimana lascia stampata in mente un’immagine chiara. «La faccia dell’handbiker che ha fatto un chilometraggio incredibile per lui, quasi 90 km, arrivando al traguardo più o meno con i normodotati. Il suo viso all’arrivo valeva un intero GiroSardegna».


Nove atleti paralimpici
Partiamo da qui, allora, per raccontare quest’avventura che non rinuncia né a camminare sul solco già tracciato (i sardi amano dire “su connottu”, cioè ciò che già si conosce) né a innovare. Questa volta, per esempio, al numeroso gruppo di circa 400 atleti da venti nazioni diverse, si sono aggiunti nove atleti paralimpici. A convincerli (senza troppa fatica) è stato Giovanni Achenza, sardo di Oschiri, non lontano da Budoni, dove il giro ha fissato il quartier generale. Uno che nel palmares ha due medaglie di bronzo nel paratriathlon (Rio e Tokyo), ma che quanto a titoli, deve inchinarsi alla regina del paralimpismo azzurro (estivo e invernale), Francesca Porcellato.
Loro hanno guidato un gruppo con ottimi atleti, spesso protagonisti del Giro d’Italia Handbike. Come il toscano Christian Giagnoni che è di Prato e nega di essere parente, seppure alla lontana di Gustavo, l’allenatore col colbacco (Milan, Torino, Mantova, Cagliari), olbiese figlio di un pistoiese. Sarà.
Fra corsa e turismo
L’idea è quella di tentare di allestire una versione in handbike della corsa a tappe. Per il momento il gruppetto si è divertito su percorsi ridotti, talvolta accompagnato da Cristina Concas, avvocata, moglie di Scarpitti e leader delle Pink Flamingos, le cicliste che tra le salite che hanno affrontato hanno quella del tumore al seno.
Al GiroSardegna, dove c’è sempre anche un piccola pattuglia di escursionisti, ciascuno trova la propria dimensione. Chi vince per gareggiare e dà tutto sino all’ultimo respiro e chi il respiro preferisce farselo togliere dalla bellezza dei paesaggi della Gallura, dell’Alta Baronia, del Monte Acuto.
Il GiroSardegna di Max Lelli
«Io sarei più contento che prevalesse l’approccio cicloturistico, ma capisco anche che ci sia chi ha voglia di spingere. Il bello del GiroSardegna è che Tonino Scarpitti è riuscito a mettere tutti insieme. E quelli che partono assieme a quelli forti e magari si staccano subito, poi prendono il loro passo, guardano il paesaggio, si divertono e secondo me è la cosa più bella. Cosa che non capita a quelli che stanno davanti, tra i quali anche io che cerco di aggrapparmi all’esperienza. E lì di sicuro non si guarda il panorama ma si pensa più alla competizione».
Lo dice Max Lelli, uno che dopo una più che onesta carriera da pro’ (16 vittorie, due tappe, un terzo posto e una maglia bianca al Giro d’Italia) è rimasto nell’ambiente senza rinunciare a pedalare.
«E mi diverto ancora – ammette – io il ciclismo ce l’ho nell’anima, anche se ho smesso di correre nel 2004. Con l’agriturismo se la gente arriva da ogni parte del mondo si aspetta di vedere un Lelli che un minimo vada ancora», dice, quasi giustificandosi.
Il sogno americano
Davanti, sì, ma un passo indietro rispetto a chi la gloria sui pedali se la costruisce in corse come questa, magari rinunciando all’agonismo estremo. Come Annalisa Prato, la cuneese che preferisce la vittoria tra i Master a un ruolo da comprimaria con le elite. Scelta legittima, dato che nel Grangiro (il percorso più lungo) nessuna le tiene le ruote.
Un po’ come Antigone Payne (terzo successo di fila nel Mediogiro), la cui storia è altrettanto interessante. Nata a Las Vegas, quarantacinque anni, va in bici da oltre venti. «Ho fatto agonismo, sì – racconta – ma non da pro’. Me lo hanno chiesto, ma allora studiavo all’University of Nevada per diventare architetto e non c’era la bici nei miei progetti, né nei miei sogni».
I suoi sogni hanno preso forma esattamente dieci anni fa, nel suo primo GiroSardegna, proprio a Budoni e nello stesso resort Janna ‘e sole, che significa la porta del sole ma per lei è stata la porta di una nuova vita.
«Con Michel ci siamo conosciuti proprio in questo hotel – racconta – poi lui è venuto a trovarmi in America. Abbiamo fatto un giro cicloturistico in Colorado, sino a 4.000 metri. Lì ti manca l’ossigeno. Per l’altitudine o per l’amore? Forse tutti e due», sorride, mentre Michel Heydens la guarda.
Lui è il suo gregario di lusso e d’altra parte è un belga del Brabante, come Merckx, anche se da tanti anni ha residenza a Montecarlo. Lavora come broker e ha tutto il tempo per allenarsi in bici. Bello, anche se più faticoso di quando era un pilota della Porsche Cup.
«Otto anni fa sono tornata in Europa. Adesso abbiamo una casa vicino a Montecarlo a Villefranche sur Mer e un bambino di setta anni, Jean. Quest’anno aveva la scuola e non è venuto».
L’ospitalità di Sardegna
Antigone è perfetta per descrivere l’essenza dell’isola e del suo Giro: «Mi piace moltissimo la semplicità dell’Isola, ma allo stesso tempo è molto bella, è magica. Amo dove non c’è tanta gente perché vengo da posti molto affollati, qui è un mondo a parte. Di tanti luoghi che ho visitato questo è davvero qualcosa altro».
Soprattutto per pedalare: «La Sardegna è bella per la bicicletta, ma come fai a non ricordare la gentilezza della gente, i paesaggi, il mare? Certo, anche andare in bici: in fondo io l’ho conosciuta così».
Da tutto il mondo
E altrettanto hanno fatto molti dei cicloamatori arrivati anche da Canada, Polonia, Russia, Repubblica Ceca. Sei tappe, precedute da una delle prove di qualificazione per il mondiale gravel di ottobre nel Limburgo, disputata a Santa Lucia di Siniscola, in cui l’Italia ha brillato solo tra le donne (ha vinto Debora Piana).
Per la cronaca, il Gran Giro è stato vinto dall’altoatesino Franz Wieser (Rodes Val Baia Raiffeisen) e da Annalisa Prato (Officine Mattio), il Mediogiro, come detto da Antigone Payne (Sanetti Sport) e da Luca Boschini, della Tct, sbarcata in Sardegna con il preciso intento di dedicare ogni successo alla memoria del presidente, morto pochi giorni prima.