Pedalare ad alta quota in autunno? Sì, non solo è possibile, ma anche bello. Emozionante. E’ quel che ha fatto, e ci racconta, Greta Recchia, una biker dal DNA agonistico che però ha deciso di porre per un weekend da parte le sue velleità racing, per dare spazio alla passione. Quella più pura, semplice e genuina: una bici in mezzo alla natura.
E in mezzo alla natura, quella vera, ce l’ha portata eccome. Greta, che viene dal Lazio, ha preso il treno ed è andata alla scoperta delle montagne del cuneese. La “Provincia Granda” per eccellenza offre grande varietà di paesaggi, ma i suoi colli, i grandi colli, che vanno verso il confine con la Francia, sono davvero qualcosa di unico.

“Scoperta” Piemonte
Quando diciamo colli tiriamo in ballo valichi come il Sampeyre o, ancora di più, il Fauniera.
«Vero, sono state emozioni forti – racconta Greta – e ritengo sia importante fare un preambolo per capire ancora meglio il mio stato sentimentale. Faccio gare da qualche anno, ma da questa stagione per la prima volta ho deciso di fare la tessera elite. E’ stato bello, ma mi ha aiutato anche a capire che se non sento le emozioni vere, forti, non faccio le cose fino in fondo. Così ho lasciato le gare per dedicarmi a questi giri più emozionali. E per varie vicissitudini sto approcciando alle montagne del Piemonte, montagne che, rispetto a quel Trentino o alle Dolomiti, mi sembrano meno blasonate, ma più grandi, più vere, più selvagge. E in Piemonte ho “scoperto” un mondo».
Greta parla con un entusiasmo contagioso di queste cime e delle sue uscite. «Spazi immensi, vette elevate, panorami unici. Quando ci fermavamo (ero con un compagno di viaggio, ndr) vedevamo scenari unici, con cime che rincorrevano altre cime. Ma soprattutto la cosa che mi ha colpito e che mi ha rapito è stata l’assenza di traffico… persino di ciclisti».
In autunno in effetti, e lo dice anche Recchia, non si pensa di andare a quote così elevate. I due hanno superato anche i 2.500 metri. «Ma con queste temperature è stato un incanto».
Fascino Fauniera
Uno dei giri che più è piaciuto a Greta è stato l’anello del Fauniera. Partenza e ritorno a Cuneo. Giri che, va detto, venivano affrontati in gravel, pertanto spesso si usciva dalle tracce note dell’asfalto. Ma questo non faceva altro che aggiungere tasselli preziosi che arricchivano occhi e cuore.
«Il Fauniera mi ha stregata – racconta Greta – sapere che su questa salita si è scritta la storia del ciclismo. Per esempio, in cima c’era il monumento dedicato a Marco Pantani. Io l’ho sempre sentito nominare, ma non ero una che guardava il ciclismo. Questo dice la sua grandezza e ora che vado in bici mi ha colpito.
«E mi ha colpito anche questa salita. La strada così sterrata è stata particolare. Siamo saliti da Castelmagno, dove c’è il noto formaggio che abbiamo anche assaggiato, e salendo avremmo incontrato forse tre trattori. Non c’era nessuno. Questa strada davvero ti dà qualcosa. Senti che stai facendo qualcosa di grande, di particolare…».
«Poi siamo scesi verso Demonte. La cosa bella è che abbiamo potuto fare una discesa abbastanza tirata, ma in sicurezza. Perché si era talmente a picco, talmente liberi, senza parapetti. Anche questa cosa è stata bellissima, mi ha fatto sembrare tutto più wild. Ci ha consentito di vedere se dal basso salivano delle auto».
Il rientro a Cuneo, così come l’andata, è avvenuto su tracce (anche) gravel. Prima di infilarsi o uscire (al ritorno) dalle valli montane, Greta e il compagno d’avventura hanno affrontato sterrati gravel tra vigneti e campi coltivati (qui la traccia di questo anello).
La Strada dei Cannoni
Un’altra traccia stratosferica è stata la Strada dei Cannoni. Si tratta di un vecchio trail che fino a pochissimo tempo fa era percorribile a piedi o in MTB, almeno nella parte alta. E magari dovevi essere anche un biker di quelli bravi… Questa strada infatti c’era sin dal 1700. Costruita per scopi militari, non fu mai usata (per fortuna) in tal senso. In tutto misura circa 40 chilometri e scorre in cresta fra la Val Maira (lato Sud) e Val Varaita (lato Nord).
«Adesso invece – dice Greta – è stata sistemata ed è praticamente una strada che resta sempre in quota, tutta a mezza costa. Un gravel puro, un’autostrada gravel! Anche qui eravamo da soli. Anche qui c’era solo il rumore della nostra ruota che scricchiolava, il nostro fiatone».
Pure questo secondo tracciato (qui la traccia) è stato da emozioni forti. In pratica Greta è salita al Sampeyre da una sorta di “terzo versante”, appunto la Strada dei Cannoni, fino al Colle di Sampeyre ad oltre 2.300 metri di quota. Silenzio, il foliage prima, i colori dell’autunno dei boschi, e poi l’erba già ingiallita di fine estate.
«E’ stato bello anche il Colle del Prete, altro “piccolo” (in vetta circa 1.700 metri, ndr) valico sterrato. Anche qui spazi infiniti, vette, silenzio. Noi e la nostra bici».
Ora Greta e compagni di viaggio sono passati sul lato opposto della Val Varaita, la valle dove appunto sorge l’abitato di Sampeyre. I nostri due avventurieri d’autunno non si sono fermati, ma qui, aggiungiamo noi, bisogna fare una sosta assolutamente per due motivi. Il primo: assaggiare i ravioli della Valle Varaita. Vale a dire degli “gnocchi” di patate dalla forma allungata conditi con il tomino di Melle. Il secondo motivo: visitare il Museo Etnografico di Sampeyre. Simao in terra occitana e questo museo oltre alle tradizioni culturali, ci riporta indietro nel tempo. Ma non un tempo a noi sconosciuto, quello anche meno remoto. E’ davvero curioso.
Gravel puro
Per queste uscite d’autunno ad alta quota, senza dubbio serve un minimo di allenamento, altrimenti si rischia di trasformarle in calvario.
«Noi siamo abbastanza allenati – dice Greta – però abbiamo voluto prendercela comoda. Il ritmo volutamente non è mai stato troppo elevato. Volevo la connessione con la natura, goderci l’uscita e quei luoghi. Ci siamo fermati più volte ai rifugi o nei bar. Ricordo un borgo bellissimo, 6 o 7 case tutte in pietra e poi la montagna altissima dietro».
E per la bici? Se sull’asfalto non ci sono problemi, una gravel in montagna ad alta quota può essere limitante.
«I percorsi affrontati da noi hanno preferito sì l’alta quota, ma al tempo stesso strade sterrate ampie. Tra l’altro anche ben tenute. Solo un tratto della discesa del Colle del Prete era leggermente più rovinato… sempre pensando ad una gravel. Con una MTB assolutamente non ci sarebbero stati problemi. Noi avevamo gomme da 45 millimetri e ci andavi praticamente ovunque. Anche i rapporti erano piuttosto agili, quindi nessun problema.
«Erano tracciati perfetti per la gravel. Nei tratti in pianura o sull’asfalto la bici scorreva alla grande. E nello sterrato battuto che abbiamo trovato erano comode e divertenti».