Mancano ancora tre anni al ritorno della 1001Miglia Italia, eppure il comitato organizzatore è già al lavoro pensando a quel che avverrà nell’estate del 2028. Sembra particolare parlare di un evento così distante nel tempo, ma questa non è una randonnée come le altre. Parliamo della gara più lunga del calendario e del vero contraltare italiano al raid su due ruote più famoso al mondo: la Parigi-Brest-Parigi.


Il legame con la prova francese è molto forte e l’organizzatore Fermo Rigamonti non lo nasconde perché per certi versi è alla base degli albori della manifestazione: «La nostra però è il più lungo brevetto che si svolge in Europa. La prima edizione è stata creata nel 2008 e poi ha preso la cadenza ogni quattro anni, proprio come la Parigi-Brest-Parigi che è l’Olimpiade di questo movimento. Per questo ho cercato di inserirla in modo tale che fosse susseguente, sfruttandone un po’ la ridondanza visto che si svolge sempre l’anno precedente a noi. E non posso negare che da grande appassionato dei viaggi in bici, mi sono un pochettino ispirato».
Che cosa l’ha spinta a organizzarla visto l’impegno che richiede?
Nasce proprio dalla mia passione. Ho sempre frequentato il mondo del ciclismo e seguito un po’ il mondo amatoriale. Ho preso spunto per creare questa manifestazione nel 2004, quand’ero al seguito di nun ciclista impegnato nella famosa Race Across America. La manifestazione più estrema che c’è al mondo perché attraversa tutto il settore americano dall’ovest all’est, con 4.800 chilometri da percorrere con varie formule: singoli ciclisti o squadre di 4 o di 8. Mi sono detto a quel punto che se in America c’era un simile grande evento, in Francia anche, perché non in Italia?


Come si organizza una manifestazione così lunga, quali sono le difficoltà maggiori?
Sono difficoltà che io ho piano piano superato ma che si ripresentano a ogni edizione: coinvolgere sul percorso strutture logistiche che possano ospitare questa manifestazione. Il concetto di base di un evento simile è il tempo: se al via sono tutti insieme, se dopo poco è tutto ancora concentrato, quando vai nella seconda parte del percorso, non si ragiona più neanche sulle ore. Quando siamo all’altezza del chilometro 1.500, per fare un esempio, fra il primo e l’ultimo possono passare dalle 30 alle 36 ore. Ciò vuol dire che i punti di controllo devono essere ospitali sempre, essere aperti mattina e sera e offrire gli stessi servizi senza alcuna interruzione. Non c’è più un orario per mangiare o dormire.
A tre anni dalla manifestazione, siete già al lavoro per l’organizzazione?
Veramente noi è già dall’anno scorso che siamo in contatto con i comitati di tappa. Noi attualmente abbiamo 16 comitati di tappa distribuiti su 1.600 chilometri, praticamente uno ogni 100, con i quali siamo in ottimi rapporti e già da adesso incominciamo a pensare cosa è possibile fare. Anche perché la manifestazione sta crescendo notevolmente di richieste di partecipazione. Siamo partiti con 140 e arrivati l’anno scorso ad avere circa 600 iscritti. E ci siamo fermati in anticipo perché le strutture non sostenevano numeri maggiori. Perché dare assistenza a gruppi di 400 persone dislocate nelle 36 ore è quanto mai complicato, ci vuole l’organizzazione, spazio e naturalmente il volontariato che è una risorsa fondamentale.


Voi avete già il percorso per la gara del 2028?
Da quando è nata la 1001Miglia, ha subito pochissime variazioni. E’ un percorso di 1.600 chilometri disegnati tutti su strade poco trafficate. Me l’ero preposto fin dal principio, di passare in strade alternative, onde evitare il più possibile il traffico. Ma che siano anche panoramiche e interessanti, perché la finalità di chi viene a percorrerla è quella di conoscere il territorio, scoprire angoli magari nascosti. Passare in borghi, in piccoli luoghi, dal punto di vista coreografico ma anche enogastronomico e culturale, dà un valore aggiunto in più alla manifestazione.
La Parigi-Brest-Parigi non ha chiaramente una classifica, ma prende comunque i riferimenti cronometrici dei tutti quelli che partecipano. Voi fate la stessa cosa?
Certamente. Non c’è un ordine di arrivo cronologico, ma alfabetico. Chi arriva al traguardo ha un diploma con nome, cognome e il tempo di percorrenza. Come alla classicissima francese, anche qui c’è chi corre a spron battuto, dorme solo pochi minuti, l’interpreta come una sfida con se stesso e spesso hanno anche team di supporto. Nell’ultima edizione ci sono stati corridori che hanno impiegato 70 ore e non è neanche il minimo impiegato. Facendo un rapporto, sotto le 90 ore lo impiegheranno il 3 per cento dei partenti. Sotto le 100 il 10 per cento, ma la maggioranza viaggia dalle 130 alle 140 ore.


Com’è articolato il percorso?
Noi partiamo da Parabiago, nell’hinterland milanese. Da lì passiamo per 7 regioni, 28 province e 143 comuni. Il tracciato va a ovest a toccare il Piemonte, la Liguria, facciamo le Cinque Terre, poi a La Spezia ci inoltriamo nell’Appennino. Passiamo per Massa Carrara, Castelnuovo Garfagnana, attraversiamo la Toscana nella parte di Lucca, passiamo da Ponsacco e risaliamo su a San Gimignano. Tutti posti che dal punto di vista stradale sono molto apprezzati perché il traffico è abbastanza limitato. Da San Gimignano andiamo verso Siena senza entrare in città, andiamo nelle Crete Senesi e la Val d’Orcia. Poi scendiamo giù fino al lago di Bolsena che è l’apogeo della manifestazione.


La seconda parte?
A Bolsena rientriamo in Umbria, risaliamo il lago Trasimeno, Arezzo. Stiamo all’esterno di Firenze, da Vallombrosa scendiamo l’Appennino Toscano fino a Lugo e prendiamo la ciclovia che costeggia il Po. La parte finale prevede il passaggio da Pavia e seguendo i Navigli rientriamo ancora a Parabiago.
Nei giorni scorsi avete annunciato la novità del mezzo percorso…
Sì. Stiamo lavorando su questo per dare la possibilità a più ciclisti di affrontarla. La 1001Miglia è sicuramente impegnativa, quindi per attirare anche chi si appresta la prima volta a un evento simile forniamo una versione “soft”, identica fino alle Alpi Apuane, per attraversare direttamente l’Appennino Parmense, scendere a Parma e poi ricongiungersi al percorso classico.


La partecipazione è più italiana o straniera?
Il 77 per cento è consolidato straniero. Nel 2024 abbiamo avuto 49 nazioni al via e probabilmente continuerà a salire, viste le richieste che ci arrivano considerando che le iscrizioni inizieranno solo alla fine del prossimo anno. Il ciclista italiano conosce già molto bene l’Italia, perciò non è che va a scoprire qualcosa di nuovo. Anche per questo abbiamo pensato a un tracciato diverso per impegnare l’italiano per meno giorni.







