Il bikepacking è un modalità sempre più diffusa per i viaggi in bici. Ma non solo, il bikepacking si vede ormai in ogni giro dedicato alle gravel, e a volte anche nelle bici da corsa. Questo perché è un modo semplice ed efficace di portare con sé tutto il necessario, sia per una pedalata di qualche ora che per una vacanza dall’altra parte del mondo.
La base del bikepacking sono, naturalmente, le borse, che si attaccano direttamente alla bicicletta senza bisogno di portapacchi. Per farci raccontare qualche segreto di questi prodotti abbiamo contattato Michele Boschetti, fondatore e CEO di Miss Grape, il brand di Rovigo che è stato il primo in Europa ad aver creduto in questa piccola grande rivoluzione.

Voi di Miss Grape siete tra i pionieri del bikepacking. A cosa si deve la sua popolarità?
La prima cosa è far capire che il bikepacking non è una disciplina, ma un modo di caricare la bici in modo più efficace rispetto al passato, al di là che si pedali in strada, in gravel o sui sentieri da mtb. Che sia un giro di 5 ore o di 10 giorni, non importa, le borse sono quell’accessorio che ti evita di portarti uno zaino ma di avere allo stesso tempo tutto il necessario con te. Poi grazie a loro una persona può fare molte più cose. Per esempio anche avendo una bici da corsa ci si può portare dietro quello che occorre per la notte, cosa che amplia moltissimo le possibilità, l’orizzonte di chi pratica ciclismo in ogni forma. Se dovessi dire cos’è il bikepacking direi che è un po’ questo, qualcosa che ha aperto le possibilità per utilizzare la bici in modo diverso.
Però si potrebbe dire che le borse laterali coi portapacchi c’erano anche prima…
Sì, ma chi le usava davvero erano forse uno su 10mila, di fatto non c’era quasi mercato. Ora con il bikepacking le possibilità sono aumentate in maniera esponenziale e non a caso adesso si vedono ovunque persone che viaggiano in bici, perché ora è molto più facile. In più con l’arrivo di questa modalità sono nati anche molti eventi e festival, dal Tuscany Trail al BAM e tanti altri. Di fatto ha aperto un mondo nuovo, in cui l’unico limite è la fantasia.
Passiamo a voi. Com’è nata Miss Grape?
L’idea mi è venuta tanti anni fa da una mia esigenza di viaggiare leggero specie in mtb, dove con il portapacchi spesso è impossibile. Un giorno ho visto un amico che aveva una delle prime borse sottosella fatta da un artigiano americano, mi ha incuriosito subito e l’ho presa anch’io. Poi dopo un po’ l’ho rotta e allora nel 2012 ho deciso di provare a costruirla io. Siamo stati i primi in Europa. E’ nata quindi come una esigenza personale, e poi ho visto che c’era richiesta e che il mondo stava andando da quella parte. Anche se all’inizio tanti ci guardavano strano.
Infatti, come sono stati i primi tempi ?
All’inizio eravamo in pochissimi anche agli eventi, sembrava un’idea folle, a volte le persone mi guardano con due occhi così. Alle prime fiere non trovavo nessuno che le facesse e mi sembrava incredibile che non ci fosse richiesta di una cosa che per me era diventata indispensabile. Per esempio io non uscirei mai d’inverno senza una borsa in cui mettere qualcosa di pesante. Faccio un esempio. Quando abbiamo prodotto le borse per Colnago, Ernesto (Colnago, ndr) mi ha chiesto “Ma perché dobbiamo mettere delle borse sulle mie bici?” Io gli ho risposto perché così usano la bici tutti l’anno. E così lui si è convinto.
Avete delle novità in arrivo?
Verso i primi di aprile faremo uscire due nuove borse. Una piccola da 2 litri, da strada ma non solo, perché si aggancia direttamente alla sella quindi può essere usata anche con il reggisella telescopico. Un’altra invece per Il Coso, il nostro supporto da manubrio, fatta su misura specifica per adattarsi al meglio al supporto.
Quali sono i vostri tre must?
Direi la nostra borsa sottosella Cluster 13, quella media da 13 litri. La facciamo anche da 7 litri 7 e da 20, ma per me quella misura è molto interessante perché ha la capienza giusta anche per stare fuori qualche giorno se la carichi bene, ed è davvero molto stabile. Come tutte le nostre borse durano nel tempo, abbiamo clienti che hanno i nostri prodotti dal 2012 e ancora li usano, perché la struttura è fatta per resistere, con materiali di qualità. Magari possono sembrare un po’ costose, ma la soddisfazione della clientela ci dice che è la strada giusta. Un’altra che va molto è la Bud, una piccola borsa che si attacca tra manubrio e attacco manubrio. E’ molto comoda per avere sempre a portata di mano borracce o altri accessori, vediamo che chi la acquista poi non la toglie più. Poi citerei di nuovo Il Coso, il nostro supporto per le borse da manubrio che è apprezzato moltissimo ovunque, anche fuori dall’Italia, ci arrivano richieste dal Canada fino al Giappone. Perché permette di agganciare con comodità la borsa ma anche tutti gli strumenti di navigazione.
Parlando della Cluster 13 hai accennato all’importanza di caricarla bene. Hai qualche consiglio da dare in questo senso?
Intanto le borse devono essere fatte bene, perché non tutte sono stabili. In generale però il segreto è caricarle bene, cioè comprimere bene il contenuto, specie in fondo. Perché più quella parte è rigida più tutto sarà stabile. Quindi se per esempio ci si mette una giacca bisogna schiacciare il più possibile, non aver paura, più la si compatta più la borsa starà ferma. Ma forse il consiglio più importante è risparmiare peso portando solo le cose giuste, il necessario. Per esempio io quando viaggio porto solo un fondello, lo lavo la sera e la mattina lo indosso di nuovo. Sono cose che si imparano col tempo e con l’esperienza, fin che si entra in un mood minimalista un po’ in tutto. Viaggiare leggeri vuol dire divertirsi di più, fare meno fatica e questo è fondamentale, e il segreto del successo del bikepacking.