Quando nel 2023 la Ciclovia dei Trabocchi, in Abruzzo, è stata consacrata dalla Grande Partenza del Giro d’Italia, sembrava l’inizio di una nuova era per il turismo slow abruzzese. Undici chioschetti di legno, distribuiti lungo i 18 chilometri tra Ortona e Fossacesia, garantivano ristoro, aperitivi, servizi essenziali. La ciclabile non era più solo un nastro d’asfalto panoramico, ma un luogo vivo, animato da pedalatori e famiglie (foto apertura Gal Costa dei Trabocchi).
Poi, però, è arrivata la doccia fredda. Le licenze rilasciate agli esercenti erano solo temporanee, della durata massima di sei mesi. Significa che i chioschi, una volta aperti, sono obbligati a smontare tutto allo scadere del periodo. Una norma che può forse avere un senso in ambito balneare, ma che applicata a una ciclovia fruibile dodici mesi l’anno si è trasformata in un assurdo. Questo è in sintesi lo sfogo che abbiamo raccolto da un post su Facebook di Valentino Sciotti, fondatore dell’azienda Fantini Wines di Ortona e grande appassionato di bici, tanto da essere da anni nel ciclismo professionistico in qualità di sponsor con Vini Fantini.
La sfogo di Valentino Sciotti
«Dopo il successo iniziale – racconta Sciotti – gli organi di controllo hanno cominciato a far chiudere i chioschi nel bel mezzo della stagione. Due anni fa ne erano rimasti pochi, l’anno scorso solo un paio e per pochi mesi. Oggi la ciclabile attira ancora tantissimi appassionati, ma senza servizi è tutto più difficile».
Gli esercenti hanno dimostrato disponibilità a restare aperti tutto l’anno, ma le regole li obbligano a smontare e rimontare le strutture in legno, con costi insostenibili. «Smontare e accatastare i chioschi ai lati della ciclabile è uno spettacolo desolante – sottolinea Sciotti – sembra un cimitero. Nei sei mesi di apertura c’è vita, negli altri sei mesi resta un deserto».
Un cortocircuito normativo che si somma a interpretazioni contrastanti: i chioschi sul demanio hanno autorizzazioni fino a sei anni, mentre quelli su terreni privati devono sparire dopo sei mesi. Un paradosso che ha bloccato lo sviluppo della ciclabile proprio nel momento in cui poteva consolidarsi come polo di attrazione internazionale.
L’importanza dei servizi
«Non si può pensare che qualcuno parta da Milano o da Bologna per venire a pedalare qui – insiste Sciotti – e trovare solo un pezzo di asfalto. La ciclabile è splendida, il mare e i trabocchi sono unici, ma senza bar, servizi e punti di ristoro l’esperienza resta monca».
Sciotti fa poi un confronto con alcune situazioni analoghe all’estero. «Sono spesso fuori Italia per lavoro – osserva – e, ad esempio, in Paesi come il Sudafrica (ma anche in molte nazioni europee) nulla viene lasciato al caso: si creano servizi attorno al turista, lo si accompagna a vivere un’esperienza completa. Qui, invece, partiamo dal presupposto che il visitatore debba adattarsi a ciò che trova».
Estendere le licenze
Cosa fare, dunque? La proposta di Sciotti è quella di estendere le licenze annuali, chiedendo però in cambio un impegno minimo. «Se ricevi una licenza di favore – spiega – devi garantire un servizio anche nei mesi di bassa stagione, almeno nei weekend se il clima lo permette. In Abruzzo le giornate di sole sono tantissime, il clima è mite: il turismo in bici non si ferma con l’estate».
Contro l’apertura dei chioschi si sono schierate alcune associazioni ambientaliste ed anche la Confesercenti di Vasto, come riportato in questo video. Alcune soluzioni da esse proposte cercano di puntare sulla rivalutazione delle varie stazioni ferroviarie collocate lungo la Via Verde dei Trabocchi. Stazioni che però, a detta di Sciotti, non sono sufficienti per garantire la giusta frequenza di ristori a tutti i ciclisti: «E’ come se avessimo un supermercato pieno di prodotti – conclude – ma li tenessimo in magazzino invece che sugli scaffali. E’ ora di portarli alla luce: servizi, segnaletica, accoglienza. Solo così la Costa dei Trabocchi potrà diventare davvero un modello di cicloturismo internazionale».