Oggi entrano ufficialmente in vigore le modifiche al Codice della Strada, approvate in via definitiva in Senato lo scorso 20 novembre. Si tratta di una riforma attesa da decenni, dato che il CdS esistente fino a ieri era datato 1992. Il clamore del giro di vite voluto dal Ministro Salvini è noto, per cui abbiamo deciso di concentrarci sugli aspetti che più interessano la ciclabilità. Per far ciò, abbiamo ascoltato Luca Polverini, consigliere nazionale FIAB e referente per essa della mobilità urbana. La Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta ha infatti portato avanti una strenua battaglia contro quello che ha ribattezzato il “Codice della Strage”, arrivando persino a pubblicare una lettera aperta al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
Luca, perché FIAB si è opposta da subito al nuovo Codice?
Per prima cosa vorrei spiegare perché abbiamo chiamato la nostra campagna “Stop al Nuovo Codice della Strage”. Dal 1992 in poi abbiamo visto che sulle nostre strade la strage è stata quotidiana. Per cui ci aspettavamo un nuovo Codice che andasse sulla falsariga di quanto fatto in Europa. Oppure, in Italia, che guardasse all’esempio di Bologna
Invece?
Di fatto non fa niente per migliorare, o molto poco. E purtroppo fa delle cose per peggiorare la situazione.
Non vedremo più le corsie ciclabili in città, quelle dipinte all’interno della carreggiata?
Qui va fatta chiarezza, poiché c’è stato un lavoro abbastanza approfondito del nostro centro studi: le corsie ciclabili, così come le case avanzate (lo spazio ai semafori riservato ai ciclisti davanti ai mezzi a motore, ndr) o i doppi sensi ciclabili, non vengono cancellati dal Codice. Vengono però rese le normative più stringenti, per cui i tecnici e i Comuni che vorranno realizzare queste infrastrutture dovranno passare per approvazioni sempre più restrittive del Ministero dei Trasporti. La linea indicata è chiaramente quella di ridurne al minimo la quantità. Politicamente le dichiarazioni che sono state fatte sono chiare: le corsie ciclabili sono inutili, non sono vere ciclabili, sono pericolose.
Quali difficoltà incontreranno i tecnici?
Difficoltà di tipo normativo. Per cui, ad esempio, la corsia ciclabile non potrà essere realizzata se non su alcuni tipi di strade. Potrà essere fatta solo previa verifica che non ci sia la possibilità di una pista ciclabile vera e propria, il che per noi significa rallentare un iter lunghissimo per la sua approvazione (sappiamo quanto lo spazio della carreggiata sia difficile da ridistribuire). Poi avranno difficoltà economiche: molti Comuni le hanno fatte soprattutto con il periodo Covid, quando queste norme furono varate dal precedente Governo.
Si era smosso qualcosa negli anni della pandemia?
I Comuni avevano la possibilità, con una segnaletica orizzontale, di realizzare una corsia ciclabile. Quindi quantomeno di razionalizzare lo spazio, indicando che una tale strada fosse adatta alla frequentazione ciclistica. Tutto questo oggi diventa impossibile se, per realizzare una corsia ciclabile, di fatto deve essere messo nero su bianco che su quella strada una pista ciclabile in sede propria non può essere costruita. Di fatto questo poi non è mai vero, perché la pista ciclabile può praticamente quasi sempre essere realizzata se c’è la volontà politica ed economica di farla.
Stiamo tornando indietro, dunque?
Il problema è proprio quello di mettere i Comuni nell’incapacità di fare misure di transizione immediate. Per noi di FIAB questo è molto importante. Si parla sempre di transizione ecologica, ma c’è anche la transizione della mobilità. Ad ognuno di noi piacerebbe svegliarsi un giorno con tutte le strade ciclabili, ma ciò non è possibile. E quindi questi strumenti intermedi che vengono usati in tutte le zone residenziali d’Europa li reputiamo indispensabili. Renderne difficile l’implementazione chiaramente per noi è un grosso passo indietro e lo stesso discorso si applica al doppio senso ciclabile (il cosiddetto senso unico “eccetto bici”, ndr) e alle case avanzate. Tutte le norme contenute nelle misure emergenziali risalenti al Covid sono state rese più difficili e in attesa di decreti attuativi che il Ministero, forse, elaborerà, non sappiamo quando.
Tali restrizioni sono retroattive? I Comuni che hanno già fatto degli interventi come si devono comportare?
No no, non sono retroattive, su questo abbiamo fatto diversi approfondimenti. Le corsie ciclabili esistenti rimangono. Così come rimangono quelle fino a ieri appaltate e in cantiere. Diventerà poi volontà politica dell’Amministrazione mantenerle o toglierle. Ma da oggi gli iter sono completamente diversi, come detto.
Ci spieghi questa cosa dei decreti attuativi che “completeranno” il nuovo Codice della Strada?
La nuova legge va a toccare 35-36 articoli dei circa 200 del vecchio CdS. Su tutti gli altri il Governo ha una legge-delega per cui nell’arco dei prossimi 12 mesi, senza ripassare dal Parlamento, vi potrà mettere mano. Il Parlamento di fatto ha detto al Governo: “Per i prossimi 12 mesi tu puoi modificare tutti gli articoli del Codice senza ripassare dall’approvazione parlamentare”. Ed il Governo ed il Ministero dei Trasporti hanno manifestato chiaramente l’intenzione di andare più in profondità su alcune modifiche.
Per cui quali sono le tematiche calde in cui avrete margine per dare battaglia da qui ad un anno? Che linea vi siete dati?
Difendere il difendibile e difendere lo status quo per alcune cose. Questa maggioranza ha dimostrato che non ha la sensibilità della mobilità alternativa, delle bici, della condivisione bici-trasporto pubblico. Penso ad esempio al fatto che i Comuni non potranno più decidere di aprire le corsie preferenziali dei mezzi pubblici alle biciclette. Quindi soprattutto cercheremo di evitare un inasprimento delle sanzioni. Il monopattino è stato enormemente ridimensionato e cercheremo di difendere la bici affinché non subisca lo stesso tipo di trattamento. Sarebbe assurdo immaginare targa, casco e assicurazione obbligatori per i ciclisti.
Come è nata l’idea della lettera a Mattarella del mese scorso e che conseguenze può avere oltre a quella dell’esposizione del problema?
Anche lo scorso anno FIAB aveva mandato una lettera a Mattarella, un appello per sensibilizzare l’opinione pubblica in occasione della Giornata Mondiale in Memoria delle Vittime della Strada, il 17 novembre. Quest’anno c’è stata questa contingenza della riforma del Codice che sarebbe stata discussa e approvata dal Senato nel giro di due giorni. Sappiamo che il Presidente della Repubblica “non va tirato per la giacchetta”, ma il nostro appello era volto a dimostrare un’unità di intenti anche con molte altre realtà, da Legambiente all’Associazione Familiari Vittime della Strada. Era importante farci vedere tutti uniti.
In chiusura Luca Polverini tende a ribadire il concetto che la battaglia per il Codice della Strada intrapresa da FIAB interessa non solo l’ambito urbano, ma anche quello extraurbano dedito al cicloturismo. Avere strade più sicure, oltre alla sacrosanta tutela degli utenti più deboli, renderebbe anche più attrattiva l’Italia agli occhi dei pedalatori stranieri, con evidenti benefici per tutto il sistema Paese.
Fiab – Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta