Era il 1952 quando Luigi Montanari iniziò a viaggiare in auto verso Germania, Austria, Svizzera e Svezia a caccia di turisti, come tutti quelli che nel dopoguerra individuarono nei Paesi del Nord Europa un ricco bacino di clienti. I Montanari erano costruttori, ma a Riccione avevano anche una pensione, per cui nel 1954 iniziarono la costruzione dell’Hotel Adlon, iniziando a gestirlo dal 1963. Sono passati 62 anni e da allora l’hotel è rimasto un affare di famiglia, aprendosi nel 1998 al mondo dei bike hotel. Il motivo per cui siamo qui.
Riccione era più verde di adesso e aveva già una storia di accoglienza turistica, avviata alla fine degli anni Venti quando Mussolini la elesse come luogo di villeggiatura. Col tempo era diventata l’alternativa a Rimini, con numeri più bassi e ville liberty al posto dei grandi alberghi. Quando nacque l’Adlon, intorno non c’era quasi nulla. Fino agli anni Sessanta, rimase l’ultimo albergo in fondo al lungomare. E anche se oggi rischia di perdersi fra le centinaia di strutture costruite successivamente, mantiene orgogliosamente il primato di essere stato uno dei primi hotel della costa.
Un affare di famiglia
La famiglia Montanari c’è ancora, nella persona di Claudio e sua sorella Chiara, cui ci siamo rivolti per farci raccontare l’hotel e il motivo per cui è una delle mete preferite dai cicloturisti da tutto il mondo.
«Siamo tra i soci fondatori – spiega – del primo consorzio dedicato al cicloturismo di Riccione, che è stato appunto costituito nel 1998. Si comprese fin dall’inizio che i ciclisti cercavano qualcosa che non fosse solamente un deposito, ma qualcuno che condividesse la loro passione e capisse le loro esigenze. Diciamo sempre che quando arriva un ciclista, prima pensa a dove sistemare la bicicletta, poi eventualmente la macchina e la moglie come ultima soluzione. E lo dico da donna…».
Parliamo di italiani o stranieri?
Stranieri, da Austria, Germania e Svizzera e poi dal resto del mondo. Un pubblico che si è evoluto, perché nel frattempo sono state aperte altre destinazioni che ci fanno concorrenza. Per cui adesso Riccione, insieme ai nostri consorzi, è presente ad esempio sul territorio canadese, nella zona del Quebec. Questo ovviamente ci permette di allungare la stagione. Si fa tutto con l’obiettivo di lavorare, però anche con il piacere di conoscere persone da posti tanto lontani, che pensano di prendere un aereo e farsi ore di volo per venire a pedalare a Riccione.
Accogliere significa mettersi a propria volta in gioco…
E questo in noi genera emozioni. Ad esempio adesso abbiamo un gruppo di ciclisti da Hong Kong, tornati per il secondo anno. Siamo orgogliosi di avere generato questa passione per il nostro territorio, aver fatto comprendere a chi viene da così lontano quante cose ci sono da scoprire.
Che cosa hanno trovato all’Adlon da tornarci un anno dopo?
Un ambiente familiare. Nel senso che non sono dei numeri, io li conosco per nome. Sono uscita con loro l’anno scorso come guida in più di un’occasione. Ho avuto il piacere di condividere le loro esperienze, facendogli vedere quello che avevamo. Spiegandogli un monumento piuttosto che una chiesa, fermandoci a fare delle foto di paesaggi. Hanno apprezzato tantissimo la storia che abbiamo e il rapporto diretto con chi vive qui e che ha il piacere di trasmettere le sue esperienze. Che poi alla fine, chi va in bicicletta vuole anche vivere esperienze, no?
Non cercano solo fatica e prestazioni, ma anche la scoperta?
Abbiamo tanti tipi di ciclisti, per cui quando arrivano e mi chiedono i percorsi della settimana, io dico che non posso dirgli nulla finché non li ho inquadrati e ho capito che persone sono, che gusti hanno. Se vogliono fare chilometri veloci oppure vogliono fermarsi per fare le foto. I ciclisti sono su tantissimi livelli diversi e la forza del nostro bike hotel è proprio quella di organizzare e cercare di modulare i gruppi e i percorsi a seconda dei ciclisti che ha in quel momento.
Che tipo di rapporti avete con il territorio?
Abbastanza stretto, nel senso che tramite i nostri consorzi – Riccione Bike Hotels, Terrabici oppure Italy Family Hotels – cerchiamo di essere molto presenti. Ma c’è un rapporto molto stretto anche con gli altri operatori. Per cui ad esempio facciamo i percorsi di degustazione del vino, parlando con i titolari delle cantine, perché anche loro trasmettono emozioni. Abbiamo dei rapporti sviluppati negli anni con alcuni gestori dei bar. Abbiamo ad esempio Francesca, che gestisce l’Ottocento Cafè nella piazza principale di Saludecio, con cui si è creato un rapporto di amicizia, proprio per il suo entusiasmo nei confronti nell’accoglienza. Alla fine di maggio abbiamo fatto un pasta party lassù in collaborazione con la Pro Loco e abbiamo portato 300 ciclisti che hanno mangiato tutti insieme, cantando e divertendosi. Ovviamente c’erano la pasta, ma anche i nostri famosi cassoni ripieni e la spianata. Così riusciamo a generare emozioni che vanno oltre il semplice andare in bicicletta.
Ci spiega il concetto di emozione durante un giro in bicicletta?
Succede di andare al Convento Santa Croce, dove c’è un cipresso di 800 anni, piantato da San Francesco nel 1213. I frati ormai non si stupiscono più di vedere arrivare gruppi di ciclisti che si fermano solo per fare due foto a questo fantastico albero, mentre gli racconti la storia di come il Santo abbia creato una delle prime comunità proprio a Villa Verucchio.
La Nove Colli resta un grande richiamo?
In passato era trainante, nel senso che organizzavamo tutto noi, dal ritiro dei pettorali, alla colazione assieme nel giorno della gran fondo, fino ad attenderli all’arrivo ed era una grande emozione. Però ultimamente la Nove Colli ha perso tantissimo, quest’anno non abbiamo avuto alcuna richiesta. Mentre comincia a generare interesse l’Italian Bike Festival. L’anno scorso ho portato una ventina di canadesi, organizzando il transfer proprio per andare a Misano. Lo hanno trovato interessante. Scopri tutta una serie di anteprime ed è un modo diverso di vedere il ciclismo o di pensare all’Italia come destinazione ciclistica.
Quanto è diverso il bike hotel del 2025 rispetto a quello del 1998?
Le cose sono cambiate. Prima i ciclisti avevano esigenze abbastanza semplici ed erano autosufficienti, adesso è tutto diverso. Adesso fai la differenza avendo sempre un referente per trovare la soluzione per qualsiasi esigenza. Possono avere un problema alla bici e devi avere un meccanico che possa intervenire e risolverlo, oppure qualcuno in grado di reperire sul territorio ciò che serve. Ricordo un cliente con una e-bike Specialized che aveva problemi al motore e parlava solo tedesco. Era disperato, ma l’abbiamo portata a Sant’Arcangelo all’assistenza ufficiale e gliel’hanno sistemata. Lui ovviamente era contentissimo. Un bike hotel deve offrire questo tipo di assistenza.
Avete un vostro parco bici?
Abbiamo Specialized, ma ci rivolgiamo anche a noleggi esterni, perché non arriviamo sempre a coprire le esigenze o le tipologie di bici. Abbiamo anche qualcosa di elettrico, però l’esperienza dice che non sempre abbiamo il telaio della misura che serve e per questo collaboriamo anche con altri centri. Quindi offriamo la garanzia che se prenotano da noi, la bici gliela troviamo.
Quanti prendono la bici a noleggio e quanti portano la loro?
Ci sono clienti storici che prendono l’aereo e vengono giù per 5 giorni. Loro vogliono la bicicletta. Poi ci sono quelli che la portano, però magari hanno una rottura e invece di ripararla qui, vogliono portarla dal meccanico di fiducia e intanto la noleggiano, anche per un solo giorno. Anche una sola ruota, se ad esempio hanno rotto un raggio.
Tour da soli o tour con guide?
Le guide sono un grande vantaggio, perché non devi preoccuparti: non guardi il Garmin, segui la guida. Io di solito faccio la seconda guida, mi metto dietro e seguo il gruppo. Se invece qualcuno vuole uscire per conto suo, deve sapere che in hotel c’è un servizio a recupero garantito. Abbiamo il nostro numero: tu mi mandi anche un WhatsApp, mi dici dove sei e io vengo a recuperarti. Succede se qualcuno sta poco bene, ma più spesso se ha un problema meccanico che non riesce a gestire. La rottura di un forcellino o il pneumatico squarciato.
Dal punto di vista dell’alimentazione cosa offre l’Hotel Adlon?
Noi abbiamo principalmente clientela straniera e quindi partiamo da una posizione di vantaggio, perché all’estero apprezzano la nostra cucina. Serve un minimo di attenzione, per cui ad esempio offriamo una colazione proteica, con tutto quello che è necessario. Diamo sempre la possibilità di prepararsi il panino a colazione e portarlo via. Puoi prendere la banana, puoi riempire la borraccia nei nostri dispenser con acqua filtrata. E poi per i pranzi e per le cene ci sono tantissime insalate, tantissima verdura che comunque è richiesto da una clientela che è attenta alla propria alimentazione.
Ha parlato di stagioni che si allungano.
Normalmente con i cicloturisti iniziamo alla fine di marzo e arriviamo a metà giugno. E poi ricominciamo a settembre, fino a metà ottobre. Questa è la vera stagionalità di ciclismo. Quello che però iniziamo a vedere è l’arrivo di ciclisti durante il periodo estivo e in questo caso sono anche italiani. Arrivano con la famiglia, fanno bici la mattina presto e poi dedicano alla vacanza il resto della giornata.
L’ultima cosa, poi la lasciamo ai suoi ospiti: la e-bike ha cambiato le carte in tavola?
Da tre anni a questa parte, anche io sono passata a una Specialized Turbo Creo elettrica e mi si è aperto un mondo nuovo. Condivido questa passione con ciclisti che hanno dovuto fare lo stesso passaggio oppure sono partiti con la pedalata assistita. Si aprono dei mondi nuovi, nel senso che chi è stato ciclista e passa alla e-bike, ne apprezza tutti i vantaggi. Chi non è stato un ciclista e comincia con la e-bike ha a disposizione una guida che gli spiega come sfruttare al meglio la bici. Stanno cambiando le cose in maniera molto importante. Abbiamo clienti che ora possono uscire nuovamente con gli amici e coppie che riescono a pedalare insieme. Ha aperto nuove frontiere e permette di fare percorsi che magari prima risultavano proibitivi. Perché andare in bici deve essere piacevole, non può essere solo sofferenza, non trovate?