Il 20 dicembre dello scorso anno, Mattia Casse aveva finalmente conquistato il successo in Coppa del mondo di supergigante di sci alpino. Una vittoria ottenuta in Val Gardena e inseguita per oltre dieci anni. Oggi il piemontese è una delle grandi carte azzurre per i Giochi Olimpici di Milano-Cortina nelle discipline veloci, ma non tutti sanno che Casse è anche un ciclista. Un ciclista amatoriale, ma che anche su due ruote non riesce a rinunciare all’agonismo, partecipando ad alcune granfondo quando riesce a ritagliarsi il tempo dalla preparazione per la stagione invernale.
Nella sua attività su due ruote, Casse si è appoggiato allo Swatt Club, formazione di grido a livello amatoriale che ora sta cercando spazio anche nell’ambito professionistico. Per lui la bici rappresenta uno svago prima ancora che un impegno di allenamento, tanto è vero che, durante i mondiali di Saalbach, si è ritagliato il tempo per l’intervista proprio perché dedicata alla bici.
La cosa curiosa è che questo grande amore per la bici è nato da un… odio originario: «Da piccolo me l’avevano regalata, ma io non volevo andarci. Poi verso i 12-13 anni ho iniziato a prenderla per uscite con gli amici, d’altronde mi sono trasferito nel Bergamasco e in zona ci sono tali e tanti percorsi adattissimi e molto divertenti. Io mi aggrego spesso agli amatori della zona, anche perché ci sono molti altri tesserati del mio team».
Per te la bici è solo divertimento o anche mezzo utile per la preparazione?
Entrambe le cose. Per me poi in maniera particolare perché uno dei tanti infortuni riportati sugli sci mi ha anche reso difficile correre a piedi, che era un’altra mia grande passione. Gli sport di resistenza sono necessari, anche per le mie specialità.
Su che cosa punti maggiormente quando utilizzi la bici per allenarti?
Nel mio caso deve essere un giusto compromesso tra esercizi da fare e peso. Lavori sui picchi di potenza, sul recupero, sugli scatti brevi che sono essenziali per le mie specialità, ma bisogna tenere sotto controllo anche il peso. Attenzione: non come viene comunemente considerato, perché nel mio caso il peso deve essere piuttosto importante. Io sono sui 92 chilogrammi, diciamo che ho un fisico più da pistard. Questo influisce anche sulla ricerca dei percorsi: salite sul 3-4 per cento vanno bene, le pendenze superiori diventano faticose oltremisura.
Il ciclismo non è un caso per gli sciatori…
No, siamo in tanti ad andare in bici. Della Goggia si sa, ma Christian Innerhofer ad esempio è un altro grande appassionato, come anche Werner Heel, in nazionale fino a pochissimi anni fa. Ma anche chi fa parte del gruppo slalom va in bici, Borsotti e Gross ad esempio. Loro però, dal punto di vista del peso, sono l’esatto contrario, loro cercano l’agilità, noi la potenza. E conseguentemente anche il tipo di preparazione cambia.
Tu poi non disdegni l’agonismo neanche quando si tratta di ciclismo…
Qualche granfondo l’ho fatta. La prima ricordo che fu la Sportful a Feltre e non fu proprio semplice, considerando il dislivello considerevole. Ho fatto anche la BGY, quella che era una volta la Felice Gimondi, che si corre sulle strade che sono solito frequentare e mi sono concesso anche la Maratona dles Dolomites. Ora però sto preparando (mentalmente, perché la stagione di Coppa del mondo è ancora nel pieno) la 24 Ore di Feltre, dove presenterò una squadra con finalità benefiche, per raccogliere fondi per comprare una culla speciale per l’Ospedale Neonatale di Bergamo.
Dicci di più…
Si chiamerà “600 battiti” e ho coinvolto intanto un po’ di amici dello Swatt Club, poi Stefano Cecchini, plurivincitore di Granfondo e sarà con noi anche il presidente di Zerosbatti Federico Balconi per sottolineare anche l’aspetto sicurezza in bici. Mi sto muovendo anche per raccogliere sponsor e nuove adesioni, è un work in progress, chiaramente è tutto difficile visto sono sempre in giro per il mondo.
Vai solamente su strada o fai anche mountain bike?
Ci andavo, ma poi l’ho lasciata in soffitta, non tanto per paura di infortuni quanto perché proprio mi diverto di più su strada. Dalle parti del Bergamasco c’è un po’ di tutto, che accontenta ogni palato, io prediligo i percorsi proprio sul tipo della BGY, con salite non troppo lunghe e lunghi trasferimenti su strada. Io poi ho una sfida personale…
Quale?
La scalata verso città alta a Bergamo. Se la gamba gira significa che sono in condizione e questo per me è importante.
La stagione ormai è in via di conclusione, che cosa resta dopo i mondiali e sei finora soddisfatto della tua stagione agonistica?
Non potrei dire di no visto che ho conquistato la mia prima vittoria e ho avuto una buona competitività per tutta la stagione. Ora devo però ritrovare la velocità che avevo a inizio annata, anche perché ho la possibilità di raccogliere ancora un traguardo importante come il podio nella classifica generale del supergigante in Coppa del Mondo. Poi, dopo le finali negli Usa, mi prenderò un po’ di riposo. E la bici mi farà compagnia…