Con oltre 19 mila follower su Instagram, Elena Martinello va considerata a buon diritto un’influencer ciclista. Una figura che in Italia può sembrare insolita ma che, ad esempio in Colombia, è trainante. Le donne che pedalano con stile e la capacità di raccontarlo sono un motore che tira forte. E per questo ci siamo avvicinati alla vicentina che da circa sei anni vive in Liguria, ai confini col Piemonte, assieme al marito Jacek Berruti. Lui è personaggio ben noto per il suo impegno accanto a L’Eroica e non poteva essere altrimenti, dato che suo padre era il celebre Luciano coi baffi all’antica e l’officina storica, che Jacek e sua madre hanno donato al Comune di Gaiole in Chianti. Gli resta però la collezione di bici d’epoca che fanno ormai parte anche della quotidianità di Elena.
Scorrendo le sue foto su Instagram, traspaiono il divertimento, la bellezza e la serenità di fare sport all’aria aperta che ti riconcilia col mondo. Le linee di abbigliamento per le ragazze sono diventate nel frattempo molto più eleganti e sagomate, per cui ci può essere stile anche nel vestirsi da ciclista. Non da corridori, badate bene: la differenza passa per questa distinzione, la cui assenza ha tenuto lontane per anni generazioni di donne. Lei è bionda e (Jacek permettendo) è anche bella. Ha più foto sulla mountain bike che sulla gravel, molte meno sulla bici da strada. E’ stata menzionata nel libro Donne in Bicicletta in cui Antonella Stelitano racconta la storia delle cicliste a partire da Alfonsina Strada. La curiosità è tanta, iniziamo a farle qualche domanda, siete pronti?
Come nasce Elena Martinello ciclista?
Elena Martinello inizia a pedalare intorno ai 24 anni. Sono sempre stata sportiva, ho iniziato a nuotare a tre, poi ho fatto ginnastica artistica a livello agonistico, per cui lo sport è sempre stata parte della mia vita. Sono stati alcuni amici e il fidanzato dell’epoca a trasmettermi la passione della bici. Loro correvano nei dilettanti, in più tutta la loro famiglia pedalava, quindi è stato quasi automatico diventare una ciclista. Anche se quando mi hanno proposto di indossare la classica tutina e una maglia due taglie più grande della mia, perché vent’anni fa non c’era ancora l’abbigliamento di adesso, dissi che non l’avrei indossata mai. Il giorno dopo provai una mountain bike e da lì mi partì la passione che non ho più mollato.
Era il periodo in cui le ragazze stavano lontane dalla bici per la paura di avere le gambe grosse…
L’hanno detto anche a me. Avendo fatto sport da sempre, mi sono sempre piaciute le sfide e per me andare in bici era una nuova sfida. Non mi sono spaventata. Non avevo mai avuto il pensiero delle gambe, però chi mi ha messo in bici diceva sempre di non praticare ciclismo su strada perché c’era proprio quel rischio. La leggenda c’era, confermo. Io però dicevo: «Che strano, ho sempre fatto sport e le gambe sono quelle che sono, le mie. Non penso che possano diventare più grosse di quelle che sono». Infatti era proprio una leggenda…
Che cosa rende ancora così attrattivo il ciclismo per Elena?
Quello che mi attira di più è la possibilità di stare all’aria aperta, in mezzo alla natura. Ho iniziato a pedalare con lo zainetto in spalla sull’altopiano di Asiago e sui Colli Berici. Essendo di Vicenza, avevo queste zone dove iniziare a pedalare. L’ho sempre visto come uno sfogo, quindi la bicicletta è sinonimo di libertà, svago, la possibilità di scollegarsi dalla vita di tutti i giorni. Poi nel tempo, essendo competitiva da sempre, la voglia di fare gare è tornata a galla. Però al contrario di com’era con la ginnastica e altri sport in cui ho gareggiato, non l’ho mai visto come uno sport dove allenarmi e seguire tabelle. Vado a fare la gara e me la godo. Vedo posti nuovi, sentieri nuovi, strade nuove. E se riesco a portare a casa il risultato, bene. Sennò mi sono vissuta l’esperienza.
Si può dire che adesso andare in bici sia diventato un lavoro?
Diciamo che fa parte della mia vita e del mio lavoro. Dieci anni fa ho iniziato a scrivere di bicicletta e il fatto di essere influencer, di poter raccontare la bicicletta a tante donne che vogliono avvicinarsi a questo mondo, è dovuto al fatto che quando si iniziava a parlare di ciclismo femminile, io c’ero già. Avendo iniziato da prima, sono diventata un buon riferimento per le donne che vogliono avvicinarsi a questo mondo. Quando ho cominciato a scriverne, non c’era ancora l’abbigliamento adatto alle donne, non c’erano le biciclette della taglia per noi che magari siamo più piccoline. Quindi sono cresciuta man mano che il mercato si rendeva conto che ci siamo anche noi.
Quindi se oggi dovesse dire a una ragazza che glielo chiede perché è bello fare ciclismo, che cosa direbbe?
Un po’ le motivazioni che ho detto prima. Poi che fa bene al fisico, fa bene alla mente, è un modo per stare in compagnia, per passare una giornata insieme a degli amici. Per scoprire posti nuovi che a piedi non si riescono a raggiungere. E poi ti mette alla prova, il ciclismo forma anche il carattere, perché comunque è uno sport molto duro, forse tra i più duri che ci sono. Il sacrificio e la sofferenza che si provano in bici possono essere riportati nella vita quotidiana, quindi secondo me pedalare rinforza il carattere.
Un altro vicentino, ex professionista che si chiama Pozzato, dice che si dovrebbe smettere di raccontare il ciclismo come sport massacrante, altrimenti le giovani generazioni scappano…
Sono d’accordo. La bici ha tante sfumature, c’è il ciclismo più duro che può essere quello su strada, poi c’è la mountain bike che si divide in tante discipline. Cross country, enduro, il downhill che si avvicina più ai giovani. C’è la BMX e ci sono tante tipologie di ciclismo che possono far avvicinare i giovani. Non è solo fare chilometri, salite, dislivelli, gare. Ci sono tante possibilità che in Italia stiamo conoscendo solo negli ultimi anni, perché prima qui tante tipologie non arrivavano nemmeno. Adesso ci sono molti eventi. Ho visto che a Genova hanno fatto un evento Red Bull che aveva sicuramente come target un pubblico giovane.
Qual è la bici preferita di Elena?
Il mio amore è da sempre la mountain bike. Ultimamente frequento anche la gravel, che è una bella via di mezzo tra bici da strada e mountain bike.
Si esce in bici da soli oppure è bene avere compagni attorno, anche per un fatto di sicurezza?
Io preferisco uscire sempre in compagnia e ho la fortuna di farlo con mio marito. In mountain bike a maggior ragione è bene non essere soli, perché poi ci si trova nei boschi e, se c’è qualche imprevisto, in compagnia ci si fa coraggio.
Nell’arco della giornata è più il tempo che passa in sella o più quello a trafficare con computer e social?
Purtroppo devo dire che sono più al computer, ma è per lavoro, non solo per i miei canali personali. Da influencer nel mondo del ciclismo, sono anche digital/social media manager freelance e collaboro con diverse realtà nel mondo della bici e mi occupo della loro comunicazione. Sono social media manager per Massa Vecchia Bike Hotel e Agriresort La Colombaia entrambi della famiglia Hutmacher, pionieri nel turismo in MTB in Italia. Anche per Marchisio Bici, negozio di biciclette in Liguria tra i più grandi in Italia. Inoltre collaboro da diversi anni con Merida Bike International, Abus Helmets e Julbo come testimonial e modella. In più qui a casa abbiamo il museo della bicicletta, per cui nel mio orizzonte c’è anche il ciclismo vintage che un po’ si avvicina al gravel. Sarà per tutto questo nel 2024 ho fatto meno chilometri del solito?