Omar Di Felice, l’ennesima avventura, un’altra impresa da raccontare e un’esperienza che lascia il segno. Quasi un mese immerso nei territori dove la catena dell’Himalaya domina incontrastata.
Trenta giorni sempre in quota, tra i 2500 metri della regione del Bhutan, fino ad arrivare al Tibet dove ha pedalato per oltre una settimana a ridosso (e oltre) i 4000 metri. Abbiamo ascoltato Omar Di Felice appena atterrato in Italia, una piacevole chiacchierata ricca di emozioni e dettagli di un viaggio in bici incredibile.
Prima di tutto, come stai?
Molto bene, stanco e affaticato il giusto, con tutta probabilità per il viaggio ed il fuso orario, non tanto per quello che ho fatto nell’ultimo mese. Che esperienza!
Il tono della voce è ricco di emozione. E’ stata una delle avventure più belle?
Ogni viaggio, ogni sfida ha qualcosa di suo e mi è difficile fare una classifica vera e propria, ma di sicuro la WinterTransHimalaya lascia il segno. E’ stato un viaggio pazzesco, per merito del paesaggio e di quella consapevolezza ambientale che in modo inevitabile ti coinvolge. E’ uno di quei viaggi che mi sono goduto in modo maggiore perché è stato fatto tutto con e sulla bicicletta. Molto differente dall’Antartide, sotto il profilo organizzativo e proprio perché alla TransHimalaya uno dei soggetti principali era stare in sella e pedalare.
Come ti sei gestito in fatto di organizzazione?
Viaggiare da soli in quei luoghi non è così semplice. Le difficoltà più grandi si legano ad aspetti organizzativi e burocratici che partono molto tempo prima, rispetto ai momenti di fatica. Oltre ai visti e permessi è obbligatorio presentare un piano di viaggio con le diverse tappe, punti di alloggio e riposo, la tabella di marcia deve essere rispettata giorno per giorno. All’arrivo di ogni tappa ed il giorno successivo, alla ripartenza, c’è sempre un ufficiale che certifica la presenza. A questo si aggiungono anche i controlli della Polizia, che in un paio di occasioni sono avvenuti in piena notte.
Per il mangiare e per il riposo?
Riposavo nei villaggi che bene o male hanno sempre qualche piccolo hotel, ostello e strutture modeste, ma comunque molto ospitali. Il mangiare, come è facile immagine, è molto differente rispetto ai canoni occidentali. Ad esempio la colazione, dove non esiste il dolce, fondamentalmente è un pasto dove si trova il brodo, la zuppa e prodotti che la fanno sembrare una cena. In generale sono territori dove il riso la fa da padrone, si mangia tanta verdura. Mancano alcuni fonti di proteine, rispetto all’alimentazione occidentale e quasi totalmente lo zucchero. In alcune occasioni ho mangiato bene e di gusto, in altre ho tappato il naso e chiuso gli occhi.
Pensando alle altitudini e sforzi che hai affrontato, non ti è mancata l’energia dello zucchero?
Non più di tanto, forse nei primissimi giorni, ma è stato tutto molto gestibile, considerando che c’è stata una sorta di gradualità prima di arrivare in Tibet, dove sono stato costantemente oltre i 4000 metri. Anzi, la quasi assenza di zuccheri, zuccheri raffinati e processati, cibi dolci, a distanza di qualche giorno mi ha fatto stare meglio. Sottolineo che ho mangiato molti carboidrati e amidi provenienti da patate e riso, fondamentali per affrontare il costante senso di fame che si ha quando si è sempre ad alta quota. Dove era possibile chiedevo doppie razioni di riso e patate.
Spiegaci meglio!
Il viaggio è partito dal Bhutan, ho sconfinato prima in India ed in Tibet, per affrontare il Nepal. Il passo più alto che ho affrontato nelle prime tre regioni è stato a 3.900 metri di quota, in Bhutan e alloggiavo sempre in valle tra i 2.500 e 3.200 metri. Quote gestibili, come dire che si è sullo Stelvio. La fase più complicata è arrivata entrando in Nepal, dove non si scende mai sotto i 4.000 metri. Quando si va oltre quella cifra e si pedala compare il mal di testa, senso di oppressione e difficoltà di riposo. Ci si sveglia di notte, la sensazione di fame è costante, aumenta la richiesta calorica ed il catabolismo.
Come te la sei cavata?
Cercavo di mangiare costantemente, mantenendo comunque un equilibrio adeguato, ho imparato ad evitare i cibi piccanti ed eccessivamente speziati, ho evitato le bevande stimolanti. L’obiettivo era quello di non accelerare ulteriormente il metabolismo. Diciamo pure che anche le esperienze del passato mi hanno insegnato molto in fatto di gestione personale. Sono riuscito a contrastare l’altitudine con l’esperienza e adattando l’alimentazione con i cibi disponibili.
In terra nepalese avevi modo di controllare i valori fisiologici?
Assolutamente si, è un’abitudine che ho preso quando vado a quote elevate. Una notte mi sono svegliato e mi sembrava di soffocare, la saturazione dell’ossigeno era scesa a 74 (un individuo in salute, ad altitudini normali, ha un valore superiore a 90, ndr). Ho deciso di impostare un allarme sul mio Garmin, ma per fortuna episodi del genere non si sono più verificati. Ero sul filo di un rasoio, ma è andato tutto bene. Appena potevo mangiavo cibi a base di carboidrati e di rado sono riuscito a trovare merendine, biscotti, integratori energetici, le occasioni sono state rare. Non trovi i supermercati come in Europa. Se dovessi classificare le diverse regioni, il Bhutan è una sorta di via di mezzo, il Tibet è molto commerciale e turistico, il Nepal è selvaggio ed esigente.
Oltre ai valori fisiologici diversi per via della quota, come ti sei sentito a pedalare senza ingerire zuccheri?
I primi giorni sentivo che mancava qualcosa, ma era complicato scindere in modo preciso la sensazione di fame dalla mancanza di zucchero. Man mano mi sono abituato e sono stato meglio. Mi sentivo leggero mentalmente e psicologicamente. Mi rendevo conto che il mio fisico si stava sgonfiando, come dire, una sensazione pari al detox.
Vogliamo renderci conto della tua impresa grazie ai numeri. Cosa puoi dirci?
Un mese circa con l’Hymalaia a fare da cornice, tre settimane in bici. L’ultima settimana ad un’altitudine abbondantemente superiore ai 4.000 metri. 33.300 metri di dislivello affrontati in poco meno di 133 ore e poco oltre i 2.600 chilometri. Rispetto alla partenza ho perso 2 chilogrammi di peso, legati soprattutto alla perdita di massa muscolare nelle gambe.
Hai calcolato i tempi di recupero?
I tempi di recupero sono funzionali alla prossima sfida che ho in programma, ovvero la Transcontinental che si svolgerà a luglio, quest’anno passerà dall’Italia. E’ il grande obiettivo del 2025, passa da casa e devo farmi trovare pronto, riposato, carico e ben preparato. Adesso farò un periodo tranquillo, diciamo a ritmi bassi, ma comunque attivo e sicuramente in bici. Non riesco a stare senza. Da metà Maggio in avanti riprenderò la preparazione vera e propria che include anche i diversi fattori organizzativi.
Poco fa hai menzionato l’Antardide. Vuoi tornare tra i ghiacci?
Sì, non lo nascondo. Però adesso finisco di fare una spesa con cibi occidentali, vado a casa e finalmente dormirò nel mio letto.