Il Tour de France anche quest’anno non ha disdegnato più di un passaggio sulle Alpi. La particolarità della sua conclusione a Nizza, però, ci ha fatto venire in mente un percorso ciclistico mitico che ha più o meno la stessa meta, ovvero la Route des Grandes Alpes. Tant’è vero che alcuni dei 16 colli di questa strada (che congiunge in circa 700 chilometri il Lago di Ginevra con Menton) sono stati affrontati anche dalla Grande Boucle 2024.
Tuttavia la Route des Grandes Alpes è molto più di un semplice percorso ciclistico. E’ un’esperienza che incide profondamente nell’anima di ogni ciclista e non sono rari i casi di coloro che si cimentano nel percorrere tutti i colli in serie, in Francia come pure in Italia. Questo itinerario iconico, che attraversa le Alpi francesi da nord a sud, è un vero e proprio pellegrinaggio per gli amanti della bicicletta, unendo paesaggi mozzafiato, sfide impegnative e un’atmosfera unica.
Il primo viaggio
Per raccontarla abbiamo deciso di scandagliare i social per chiedere un resoconto della propria esperienza a chi ci ha pedalato. Ha risposto con piacere al nostro appello Francesco Rech di Borgomanero (Novara).
«Che ricordi! Ho pedalato la Route des Grandes Alpes – racconta – nell’estate del 2018 assieme a mia moglie Daniela. Io all’epoca avevo 64 anni e dopo una vita da cicloamatore e granfondista quello fu il primo di una serie di cicloviaggi che continua ancora oggi».
Eravate da soli?
No, con noi c’era una coppia di amici. Lei, Manuela, ha pedalato assieme a noi, mentre il marito Mauro guidava il loro camper e ci assisteva.
Questo vi ha permesso di viaggiare leggeri?
Si, non avevamo il problema dei bagagli per cui abbiamo percorso la Route con le nostre bici da strada in circa una settimana.
Iseran, Galibier, Izoard, Vars… la Route des Grandes Alpes affronta le salite mitiche del Tour, che effetto fa inanellarle tutte una dopo l’altra?
Se sei un amante della bici come me, che sono trentino di nascita e dunque tifosissimo di Moser, ti fa venire la pelle d’oca. E’ come se dicessi: «Ci sono passato anch’io…». Una grande emozione.
Qual è stata la salita più bella? E la più dura?
La più bella credo sia stato l’Iseran, ma anche l’Izoard con la stele di Coppi e Bobet ha il suo fascino, così come la maestosità del Galibier. Mentre per la durezza non saprei, perché si prendeva tutto tranquillamente, senza fretta. E poi, per me le salite sono dure tutte… (ride, ndr).
Logisticamente avete basato tutto sul camper?
No, in realtà io e mia moglie pernottavamo in struttura, a differenza dei nostri amici. Non avevamo mai campeggiato prima di allora. E invece gli ultimi giorni andavamo proprio a cercare le strutture con i bungalow, di cui ci siamo innamorati. A pranzo uno spuntino con la baguette era d’obbligo, mentre la sera si mettevano le gambe sotto il tavolo…
Avete incontrato traffico sui valichi? La Route è anche un itinerario per motociclisti…
No, niente di particolare. Invece ho riscontrato un rispetto verso i ciclisti che abbiamo ritrovato l’anno successivo sui Pirenei, per non parlare di un nostro viaggio a Capo Nord. Un rispetto che da noi manca, purtroppo.
Dopo tanto dislivello che effetto fa arrivare a scorgere il mare?
Siamo arrivati fino al Col d’Eze, fatto proprio nella cronometro dell’ultimo Tour de France. Devo dire che ripensare a tutte le salite che avevo fatto, a 64 anni, mi ha dato (se posso dire) un senso di onnipotenza…
Per concludere, un consiglio per chi volesse percorrere la Route des Grandes Alpes?
Per la strada non c’è problema perché il percorso è interamente ben segnato. Il consiglio che dò è di farlo tranquillamente, godendosi il paesaggio e anche l’avvicinamento alle salite, perché ne vale veramente la pena.