| 9 Gennaio 2025

Un sabato all’Argentario, sospesi tra cielo e mare

ORBETELLO – Primo weekend dell’anno, prima gita fuori porta. Abbiamo approfittato del meteo favorevole per concederci una pedalata sull’Argentario, il promontorio che si affaccia sul Tirreno e sull’Arcipelago Toscano.

Partiamo dalla stazione di Orbetello Scalo e già dopo pochi colpi di pedale prendiamo una stradina ciclabile (Via di Cameretta) dove troviamo qualche ciclista che si gode l’aria del mattino, qualche dosso per rallentare le poche auto che vi passano e… i primi gabbiani che ci faranno compagnia in questa escursione. Ci stiamo dirigendo verso sud perché vogliamo entrare nell’Argentario attraverso la Feniglia: un tombolo, ovvero un istmo di sabbia lungo circa 6 km e solcato da una strada sterrata percorribile solo a piedi e in bicicletta.

Siamo in un’area protetta e pedaliamo avvolti dai pini domestici per lunghi rettilinei. Tanto che per un attimo ci viene da fare un buffo paragone con la foresta di Arenberg della Parigi-Roubaix: per quanto il fondo non sia altrettanto sconnesso, per questa prima parte del tour sentiamo che la gravel è la bici più adatta. Superati i vari incroci che conducono alla spiaggia (ce ne sono all’incirca uno ogni chilometro), usciamo dalla Riserva e sbuchiamo sull’asfalto, proprio ai piedi del Monte Argentario. 

I 6 km pressoché rettilinei della Riserva della Feniglia. Si pedala sullo sterrato circondati dai pini
I 6 km pressoché rettilinei della Riserva della Feniglia. Si pedala sullo sterrato circondati dai pini

La ciclabile per il porto

Decidiamo di percorrere tutto il periplo in senso antiorario e per far ciò dovremo seguire per buona parte la SP161. Per fortuna è stata ricavata una pista ciclopedonale proprio al di là del guardrail per cui siamo protetti e tranquilli. Per qualche metro un gabbiano plana davanti a noi e ci precede come se volesse darci il benvenuto. Poi con un colpo d’ala vira verso la montagna e ci lascia proseguire. Continuiamo verso nord, lambendo l’acqua della laguna di Orbetello e raggiungendo Il Tombolo della Giannella, l’istmo più settentrionale. Poco dopo, il percorso protetto si interrompe ed occorre percorrere 5 km sulla Provinciale.

Si tratta dell’unico tratto dell’intero itinerario di 60 km nei quali bisogna prestare particolare attenzione, dato che questa è l’unica strada che porta a Porto Santo Stefano. All’altezza di Pozzarello, però, è stato ricavato un altro percorso ciclopedonale da una vecchia ferrovia per cui grazie a diverse brevi gallerie scavate nella roccia si evita il traffico. L’ultima di esse sbuca proprio nel porto della località dal quale partono i traghetti per l’Isola del Giglio.

Il Giglio e Montecristo

Ci guardiamo intorno giusto il tempo per capire che anche in un sabato di gennaio nel porticciolo c’è un discreto brulicare di residenti e turisti. Ben presto infatti, la nostra traccia ci dice di andare a prendere la strada panoramica. La fatica di arrampicarsi tra le abitazioni con pendenze in doppia cifra è il prezzo da pagare per conquistare la calma più totale. Da qui in avanti, infatti, di macchine ne vedremo pochissime mentre sopra di noi il cielo azzurro fa a gara col mare, cento metri più in basso, a chi ruba di più il nostro sguardo.

Prima di lasciare le ultime case di Porto Santo Stefano, su un muretto sulla destra, un altro gabbiano (o forse quello di prima, chissà) aspetta il nostro transito, poi scompare. Dopodiché un nastro d’asfalto ben curato, che farebbe la gioia degli stradisti, ci conduce, curva dopo curva, nelle pieghe dell’Argentario.

La giornata, come detto, è così serena che possiamo ammirare la schiena dell’Isola del Giglio emergere dal Tirreno. Di là da essa, per un tratto, si vede spuntare anche l’Isola di Montecristo. Siamo davvero un tutt’uno con l’ambiente circostante.

Non siamo da soli

Ci fermiamo per le foto e anche per riprendere un po’ fiato poiché la strada sale in maniera irregolare. La parte meridionale del tour è quella meno caratteristica dato che ci si addentra all’interno e per qualche chilometro si perde la vista del mare alla nostra destra. In compenso le pendenze si fanno più severe fino allo scollinamento posto a 350 metri sopra il livello del mare. Appena la stradina riprende a scendere ritroviamo la tavola blu, stavolta però è l’Isola di Giannutri ad adagiarsi su di essa. 

In senso opposto al nostro stanno salendo tre bici (foto di apertura). Nonostante siano a pedalata assistita, su una di esse una bambina si lamenta col proprio papà per la fatica. Cerchiamo di spronarla con un «Forza!» ma dal suo sguardo cupo capiamo che non siamo andati molto a segno.

In effetti questo versante è più duro e ce lo ricordano anche una serie di stretti tornanti che scendono fin quasi al livello minimo. L’asfalto finisce e per proseguire il giro del Monte Argentario dobbiamo proseguire sullo sterrato, tanto che ci accodiamo ad una coppia di biker. Giusto il tempo di un saluto, visto che in pochi metri i due prendono una deviazione impervia in salita mentre noi continuiamo a scendere.

Lo sterrato e i fenicotteri

La planata su Porto d’Ercole è su una mulattiera abbastanza sconnessa, quindi su un sterrato più veloce. Questi chilometri impediscono di effettuare questo tour con una bici da strada (anche la Feniglia ha dei tratti più tecnici da evitare con una bdc). Agli stradisti consigliamo di partire da Orbetello e dirigersi a Porto Santo Stefano attraverso il ponte che collega il paese al promontorio, e poi di proseguire in salita fino al punto massimo dove abbiamo scollinato noi. Quindi di tornare indietro.

Noi abbiamo concluso il tour (alla fine saranno circa 900 metri di dislivello) rientrando sulla ciclabile dell’andata e passando sul summenzionato ponte che porta ad Orbetello, anch’esso percorso su una corsia ciclopedonale protetta. Quest’ultima, per rientrare alla stazione da dove eravamo partiti, evita il centro, però ci regala l’ultima perla di giornata.

Costeggiamo infatti la laguna e siamo rapiti da un gracidare profondo che proviene in lontananza alla nostra sinistra. Complice la luce radente d’inverno, il rosa di una vasta colonia di fenicotteri risalta ancora di più sul blu dell’acqua. Ci fermiamo più di una volta sperando di avvicinarci per fare una foto decente. Ma rimpiangiamo di non avere un teleobiettivo, pertanto dobbiamo accettare di conservare quell’immagine solo per noi. Che però potrebbe darvi il là per salire in bici e dirigervi alle pendici del Monte Argentario…

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