Domenica, tempo di salite, delle venti salite più alte in ogni regione. Ci eravamo lasciati con Crostis ed Etna, rispettivamente tetti asfaltati di Friuli Venezia Giulia e Sicilia, proseguiamo con Terminillo ed Aspromonte, per Lazio e Calabria.
Le due scalate in questione sono la nona e la decima della graduatoria. E archiviate le Alpi, adesso a farla da padrona sarà l’Appennino che offre un’immensa varietà di paesaggi, come vedremo.
Terminillo e Aspromonte sono due scalate davvero diverse tra loro. Si somigliano solo per la quota, appena sopra i 1.900 metri per la scalata reatina, appena sotto per quella reggina, ma pendenze, paesaggio e profilo sono davvero diversi.
9- Terminillo, Lazio
Per i ciclisti del centro Italia il Terminillo è un must. Siamo nel reatino, il cui Appennino va ad incunearsi tra le vette più alte della catena: i Monti della Laga da una parte e i Sibillini dall’altra. E’ proprio la montagna reatina a salire nettamente di quota partendo dal versante tirrenico.
E’ questa una montagna affascinante la cui storia è strettamente legata al ciclismo. Pensate che è ancora l’arrivo in quota più battuto dal Giro d’Italia e dalla Tirreno-Adriatico, anche se ultimamente non è stato più protagonista. Ed è qui che si tenne la prima cronoscalata in assoluto della storia del ciclismo: la Rieti-Terminillo. Era il 1936 e vinse Gino Bartali.
Viste le pendenze arcigne e i pascoli solo ad altissima quota, non fu molto sfruttata dai pastori, la strada moderna che conosciamo nacque nel periodo fascista direttamente per scopi turistici, soprattutto invernali. Mentre è ben più recente il versante che sale da Leonessa. Parliamo del dopoguerra.
Dunque i versanti sono due: quello reatino e quello leonessano. Da Rieti la strada inizia a salire dal bivio con la SS4 Salaria, ma lo fa in modo molto dolce. E’ un falsopiano di 4 chilometri quasi del tutto dritto. A segnare il vero inizio della salita è una colonna di travertino posta tra i borghi di Vazia e Lisciano.
I primi due chilometri sono tra i più duri in assoluto. Dalla colonnina al primo dei quattro tornanti la strada non scende mai sotto al 10 per cento e ha una punta del 12. Una caratteristica del Terminillo, almeno da questo versante è proprio la sua carreggiata molto ampia, che spesso inganna riguardo alla pendenza. I rettilinei sono molti, le curve poche. Si dice che Mussolini volesse fare una strada dritta che conducesse dal centro di Rieti all’abitato di Pian de’ Valli. Furono gli ingegneri del tempo a farlo desistere da quella che era una follia tecnica.
Dopo questo primo tornante la pendenza scema un po’ e si fa ancora più dolce in prossimità di Pian de Rosce, un pianoro a circa un terzo della scalata. E qui si può concludere il primo dei tre tronconi in cui suddividere la scalata.
Dopo Pian de Rosce la pendenza torna a salire, ma siamo sempre tra il 7 e l’8 per cento. C’è un tratto esposto al sole, dove anche d’inverno è difficile trovare la neve (specie negli ultimi anni) in cui si torna al di sopra del 10 per cento. Il secondo troncone termina a Campo Forogna, un grande piazzale dove arriva appunto il Giro.
A questo punto, con una secca svolta a sinistra, si entra nell’ultima tranche. La strada cambia all’improvviso. E’ stretta poco dopo sparisce la vegetazione, quei faggi che ci avevano accompagnato per tutto il tempo. Mancano sei chilometri alla cima e la strada è un leggero falsopiano. Solo ai 2,5 chilometri dal termine riprende a salire. E lo fa in un modo netto: 8-10 per cento. Adesso sembra di essere in alta quota. I tornanti, un rifugio, l’aria più fina. Si aggira la Cresta Sassetelli, la cima del Terminillo e con una lunga curva verso destra all’improvviso ci si ritrova in vetta ai 1.901 metri del valico più alto dell’Appennino.
Da Leonessa invece tutto è diverso. La strada è ben più stretta. Il borgo di Leonessa va assolutamente visto. E’ una vera perla. A Porta Spoleto, vi consigliamo di riempiere la borraccia: c’è una fontana che dà un’acqua freschissima. E magari anche di prendere una fetta di crostata in una pasticceria storica proprio nella piazzetta centrale.
Da questo versante, che in pratica risale la Vallonina, la scalata si divide nettamente in due parti: la prima di una decina di chilometri che va fino a Campo Stella e la secondo da qui alla cima.
La prima parte prevede una strada ampia e molto dolce. In qualche breve tratto si scende anche un po’. Poi da Campo Stella, dove ci sono degli impianti da sci, cambia tutto. La strada si stringe. Si entra in una faggeta fittissima e per almeno 6 chilometri si balla tra il 9 e l’11 per cento. Solo a 2 chilometri dalla vetta si esce dal bosco. Si pedala sotto una falesia a sinistra e il Terminillo sulla destra. Una serie di tornanti e una pendenza leggermente più dolce conducono alla vetta. Stavolta la lunga curva tende a sinistra. Ma voltandosi si ha uno scenario unico su una fetta gigante dell’Appennino e le sue cime più alte. E’ davvero suggestivo.
10- Aspromonte, Calabria
Con la montagna di Reggio Calabria siamo al “giro di boa” di Venti regioni, venti salite. Se prima eravamo nel centro dello Stivale, adesso siamo nel punto più a Sud. L’Aspromonte è un balcone sul Mediterraneo. Se dal Terminillo si vedevano vette su vette, da qui oltre alle altre montagne verso Nord si può ammirare la Sicilia e sembra di poterla toccare con un dito. L’Etna e, se la giornata è pulita, anche le Isole Eolie.
La scalata calabrese ha diversi versanti, moltissimi in realtà, un po’ come l’Etna. E’ la conformazione del territorio, quando un grande cono montuoso parte dal mare. Ma tutti sono abbastanza simili. Duri ed irregolari nella prima parte, un po’ più dolci nella seconda. E tutti questi versanti si ricongiungono a due terzi di scalata quando si incrocia la Sp3, una delle strade più belle d’Italia che scorrono in quota, appunto attorno al massiccio dell’Aspromonte.
Il versante più classico è quello di Reggio Calabria. Usciti dalla città tramite via del Carmine, basta un chilometro e mezzo per ritrovarsi di fronte ad un vero e proprio muro. Per 5 chilometri le pendenze non scendono mai sotto all’11 per cento, con punte del 14. Incredibile.
Superato questo primo step, c’è un punto panoramico che si affaccia sul mare. Siamo a quota 600 metri o giù di lì. Tra l’altro, questa è la scalata con il dislivello maggiore di tutte e 20. Si parte infatti da quota mare e si arriva 1.870 metri.
Superato il bivio per Orti, la scalata diventa irregolare. C’è anche qualche tratto in discesa. Poi strappa, poi ancora falsopiano. Dal chilometro 17 però, si torna a salire con una certa decisione: 8-9 per cento per quasi 15 chilometri. E qui si capisce perché l’Aspromonte sia da sempre considerata una montagna arcigna, tosta. Non è solo per la storia di Garibaldi, che qui fu ferito ad un gamba, non è solo per i suoi briganti, è anche per le sue pendenze. La lingua d’asfalto calabrese non molla mai, è un tamburo battente capace di sfiancare chiunque. Il tutto senza dimenticare la sua lunghezza: quasi 38 chilometri.
Una caratteristica della scalata all’Aspromonte è la sua varietà di vegetazione. I piani altimetrici sono tanti e si va dalle coltivazioni in basso, i fichi d’india, le sterpaglie della parte centrale, le ginestre, gli olmi, e poi immense faggete e persino qualche abete.
In particolare il finale è tutto all’interno del bosco, una manna se si decide di affrontarlo in estate. Le foglie sotto le ruote saranno il leitmotiv che vi accompagnerà per il gran finale.
Gran finale che forse è il più dolce di tutta la salita con pendenze che negli ultimi 5 chilometri raramente superano il 7 per cento. La strada asfaltata termina con un grande tabellone di legno: siamo a quota 1.870 metri. Poco prima c’è una stradina, un sentiero, magari mettete la bici in spalla (se è una bici da corsa) e salite verso il Cristo Redentore. C’è una radura. E’ la vetta dell’Aspromonte e la vista vi ripagherà di ogni fatica.
Ricordiamo che l’Aspromonte rientra nella Ciclovia dei Parchi della Calabria.
Negli articoli precedenti
1- Venti Regioni, venti salite. Inizio ad alta quota: Stelvio e Agnello
2- Venti Regioni, venti salite. Altri due miti: Gavia e Gran San Bernardo
3- Venti Regioni, venti salite: dalle Tre Cime al Gran Sasso
4-Venti Regioni, venti salite: si va sul Crostis e sull’Etna