| 13 Febbraio 2025

Comuni Ciclabili, la realtà di Fiab che premia gli sforzi locali

ComuniCiclabili è il progetto promosso dalla Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta che valuta e attesta l’impegno dei territori nazionali nell’incentivare la ciclabilità come modello di mobilità sostenibile. L’imminente scadenza del 15 febbraio (entro cui i Comuni devono inviare la documentazione per partecipare all’edizione di quest’anno, l’ottava) è l’occasione per conoscere questa realtà di Fiab, parlando con la vicepresidente Architetto Valeria Lorenzelli che si auto-definisce la “mamma” di ComuniCiclabili (in apertura, Piazza del Popolo ad Ascoli Piceno).

Valeria, chi meglio di voi ha il polso della ciclabilità a livello comunale? C’è fermento dal basso?

Sì, diciamo che otto anni fa, quando siamo partiti, non si parlava molto di Città 30 e argomenti simili. La logica era quella di accompagnare i Comuni a diventare ciclabili, partendo dalla consapevolezza che se un territorio è ciclabile, allora la qualità della vita urbana è maggiore.

Destra e sinistra: distinzioni?

La bella notizia è che a prescindere dal colore politico chi ci crede si impegna molto e in questo caso siamo arrivati a 180 ComuniCiclabili, di destra e di sinistra. Non è quello il tema. Anzi, alcune volte la richiesta del Comune a partecipare è stimolata dalle nostre associazioni Fiab locali, ma altre volte arriva spontaneamente.

Parma è uno dei ComuniCclabili con quattro “bike-smile”, uno in meno di cinque, il massimo del riconoscimento
Parma è uno dei ComuniCclabili con quattro “bike-smile”, uno in meno di cinque, il massimo del riconoscimento
Quali sono i requisiti che un Comune deve possedere per diventare ciclabile?

Il Comune aderisce consegnandoci una serie di informazioni molto puntuali tra cui la mappa delle ciclabili. Gli indicatori sono molteplici e noi li dividiamo per quattro aree: l’area di valutazione dei chilometri ciclabili paragonati sulla quantità di popolazione e sulla superficie del territorio; quella relativa alle politiche di mobilità urbana; la terza area è la capacità di “agganciarsi” alle ciclabili turistiche sovralocali (ad esempio, alla rete di EuroVelo); infine l’area della comunicazione alla popolazione.

Una volta ottenuta la certificazione per un anno si può concorrere anche per quello successivo?

Certo, ci sono Comuni che sono con noi da otto anni, perché si cerca anche di migliorare il proprio punteggio (i “bike-smile” sono paragonabili alle “stellette” di un hotel e arrivano ad un massimo di cinque, con realtà come Bolzano, Ferrara, Pesaro, Favignana… ndr). A volte si sviluppa una competizione sana in cui noi iniziamo a fare un po’ di “gamification” con il Comune che si chiedesse: “Che succede se acquisisco più punteggio?”

Quali sono gli errori più frequenti che le amministrazioni compiono, anche in buona fede, in tema di ciclabilità urbana?

Direi dimenticarsi della connessione tra i percorsi ciclabili. Non è tanto il fare una pista ciclabile “muscolare” lunga un chilometro, quanto garantire la possibilità di spostarsi in sicurezza in quanto più territorio possibile. A tal proposito, la logica della bicipolitana è quella più esplicita e più chiara. E poi dimenticarsi di raccontare quello che viene fatto: il tema della comunicazione alla cittadinanza, insomma.

Le piste ciclabili sono uno degli strumenti di valutazione, Ma la capillarità della rete è più importante della singola infrastruttura
Le piste ciclabili sono uno degli strumenti di valutazione, Ma la capillarità della rete è più importante della singola infrastruttura
Ed invece cos’è che riesce bene, in media?

E’ molto chiaro il processo di pianificazione, cioè biciplan e tutto il tema della progettazione. Dotarsi degli strumenti adeguati per poter raggiungere la ciclabilità è un tema che è molto chiaro perché è in mano agli uffici tecnici. 

A tal proposito, avete riscontrato problemi nel rapporto tra tecnici e amministratori politici su queste tematiche?

Non si può generalizzare, però posso dire che uno degli obiettivi di ComuniCiclabili è di mettere in condivisione le esperienze. Non è raro che se un tecnico o un amministratore identificano un problema, il fatto di sapere che cosa ha fatto un’altra amministrazione ci consente di fare quello che noi chiamiamo la “Scuola ComuniCiclabili”. Quindi, di fatto, riusciamo a scambiare le buone pratiche.

Ad esempio?

Abbiamo preso l’esperienza di Cesena e l’abbiamo fatta conoscere in più occasioni. Il tecnico di quella città, l’architetto Gastone Baronio, si è reso disponibile e in qualche modo ha condiviso effettivamente la pratica, la prassi, in modo tale da far migliorare gli altri. L’idea di ComuniCiclabili è proprio quella di mettere il Comune a conoscenza di come si fanno le cose. Poi, ci sono delle volte in cui il poco coraggio o la mancata voglia di prendersi delle responsabilità, blocca le cose. Con questa modalità, invece, riusciamo un po’ a smarcare l’ufficio tecnico o l’amministratore che in qualche modo si arroccano su posizioni che non sono sempre così vere e oggettive. 

Rocca San Giovanni, sulla Costa dei Trabocchi, è l’ultimo Comune entrato nella lista (foto lucianodantonio.it)
Rocca San Giovanni, sulla Costa dei Trabocchi, è l’ultimo Comune entrato nella lista (foto lucianodantonio.it)
Prima hai accennato ad una “competizione sana”. Vale anche tra Comune e Comune?

Sì, siamo riusciti a far entrare in ComuniCiclabili moltissima parte della Costa Adriatica (l’ultimo riconoscimento è stato dato al Comune di Rocca San Giovanni in provincia di Chieti, ndr) proprio perché c’è stato un effetto di emulazione. In più, in questo caso, quando il territorio è a vocazione turistica, c’è una sorta di circolo virtuoso per cui la diffusione delle condizioni di ciclabilità diventa un fattore premiante. E, al tempo stesso, una Costa Adriatica ciclabile diviene un sostegno alla vocazione turistica.

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