«Se voglio parlare con l’Europa a chi devo telefonare?» chiedeva ironicamente così l’ex Segretario di Stato americano Henry Kissinger il secolo scorso. Allo stesso modo, se volessimo contattare il più alto vertice istituzionale inerente la ciclabilità urbana ed il cicloturismo in Italia, chi dovremmo chiamare? Giriamo la domanda a Giuliano Giubelli, vice presidente di FIAB (Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta) e responsabile advocacy che, tradotto, significa appunto rapporti con politici ed istituzioni.
«Per quanto riguarda la ciclabilità urbana, sicuramente il punto di riferimento è il Ministero delle Infrastrutture – risponde – mentre per il cicloturismo sia il Ministero del Turismo, sia sempre il Ministero dell’Infrastrutture per le questioni pratiche come, ad esempio, la sicurezza delle ciclovie».
Oltre alle ciclovie nazionali (es. la Ciclovia Adriatica, la Ciclovia del Sole…) FIAB è anche referente per l’Italia della European Cyclists’ Federation (ne avevamo parlato sul pezzo di Velo-City Rimini 2026) per cui anche della rete delle ciclovie europee Eurovelo. Un altro ruolo di prestigio.
Realtà del terzo settore
FIAB è una realtà italiana che esiste da oltre trent’anni, da quando alcuni pionieri decisero di mettere la bicicletta al centro delle loro priorità. Tecnicamente è un Ets (Ente del Terzo Settore, denominazione che ha sostituito per legge il desueto Onlus per indicare le attività no-profit) ed è una federazione, ovvero un’associazione di associazioni che oggi ne conta più di 200 con circa 18.000 iscritti sul territorio nazionale. Da allora di strada ne è stata fatta.
Lo scorso dicembre, dopo un lungo lavoro ai fianchi, FIAB ha caldeggiato la creazione di un gruppo interparlamentare dove 34 senatori e deputati hanno l’opportunità di incontrarsi, discutere e soprattutto proporre disegni di legge su tali temi. La presidenza del gruppo è dell’onorevole Davide Bergamini, la speranza è che questo nuovo apparato dia nel tempo i suoi frutti.
Qual è stata una delle battaglie più importanti vinte da FIAB?
Tra tutte sicuramente spiccano la legge Quadro sulla mobilità ciclabile del 2018 e il Piano Generale della Mobilità Ciclabile del 2022, senza dimenticare la nostra rete delle ciclovie nazionali, chiamata Bicitalia, che è stata nel tempo fatta propria dal Ministero.
Come sono i rapporti?
Attualmente i rapporti tra Fiab ed il Ministero delle Infrastrutture sono ai minimi termini a causa della proposta del ministro Salvini di riforma del Codice della Strada. Proprio da domani, 9 marzo e fino al 12, si prevede per questo la mobilitazione di protesta in varie città. Fiab può contare sulla presenza di due propri rappresentanti ai tavoli tecnici, presenti quando si affrontano i temi a noi cari.
Quale tipo di accoglienza ricevono le vostre istanze?
Nonostante i nostri tecnici partecipino ai lavori dei tavoli ministeriali, sulla questione del nuovo Codice non sono state adottate le misure da noi proposte. Questo ovviamente ci vede in netto contrasto, così come accade ad altre associazioni ambientaliste o di vittime della strada.
Ma torniamo in Italia. Come giudichi l’estensione della zona 30 all’intera città di Bologna?
Per noi ovviamente è una cosa positiva, anche se ricordiamo sempre che diventare una città 30 significa molto di più che cambiare un cartello di limite di velocità. Si tratta di un cambio di paradigma, un lavoro che a Bologna è durato anni, fatto di tanta comunicazione con i singoli commercianti, artigiani e utenti della strada. L’Amministrazione si è dimostrata coraggiosa nel metterci la faccia e nello spenderci 24 milioni di euro.
Un altro fronte caldo di FIAB è quello con Trenitalia per la questione delle sacche bici (prima l’azienda aveva imposto di trasportare le bici pieghevoli sulle Frecce solo se inserite in apposita sacca, poi la misura è stata congelata, ndr). Che cosa ci dici?
Non solo le sacche, proprio in questi giorni ci sono dei tavoli aperti tra Trenitalia e le associazioni, tra cui FIAB. Quella delle bici sui treni è una questione da sempre spinosa per noi: accedere con la bicicletta sui regionali è un problema all’ordine del giorno. A parere mio, la gestione dell’azienda è timorosa perché non prende in considerazione l’argomento dal punto di vista dell’utente. E l’utente avrebbe molto più vantaggio ad avere delle facilitazioni ad usare il treno+bici, lasciando a casa l’auto. Ma se invece il posto bici sul treno non è certo, essendo spesso lasciato alla discrezione del capotreno, è ovvio che alla fine si preferisca spostarsi in macchina.
Pensi che il cambiamento debba partire dal basso oppure da degli amministratori illuminati?
Ovviamente servono entrambe le cose. Solo che quelli che voi chiamate amministratori illuminati io li chiamo coraggiosi. La politica negli ultimi (troppi) anni ci ha abituato a politici pavidi. E quello che caldeggio non è il coraggio fine a se stesso, ma rivolto agli utenti fragili. Purtroppo sulla strada siamo tutti fragili se consideriamo che tra gli under 30 gli incidenti stradali sono la prima causa di morte.