| 5 Luglio 2025

Eleonora Delnevo, in handbike senza confini

Qualche giorno fa raccontando il W Festival abbiamo incrociato la storia, piuttosto eccezionale, di Eleonora Delnevo. Eleonora era stata invitata al festival per parlare di un suo viaggio molto particolare, fatto in Patagonia, e già qui basterebbe, ma soprattutto in handbike. Abbiamo quindi deciso di contattarla per approfondire direttamente con lei la sua storia, e le sue avventure (passate e future).

Eleonora hai voglia di raccontarci la tua storia?

In primis devo dire che io non nasco come ciclista. Arrivo dall’arrampicata, la bici non era proprio nelle mie corde. Poi nel 2015 arrampicando ho avuto un incidente, mi sono lesionata la spina dorsale e sono rimasta paralizzata dalla vita in giù. Ma la voglia di fare sport all’aperto mi è rimasta e dopo qualche anno, anche su consiglio di amici, mi sono avvicinata alla handbike.

Dalle foto che abbiamo visto la tua bici è abbastanza particolare, quasi una handbike gravel si potrebbe dire…

Sì perché la mia passione è rimasta la montagna, quindi ho cercato un mezzo che mi permettesse di frequentarla comunque, seppur in un modo diverso rispetto a prima. In questo modo posso stare in quell’ambiente, godermi quei panorami, arrivare nei rifugi. Dopo un po’ di ricerche in giro ho trovato un artigiano della zona di Varese, HandBike Garage, mi ha fatto provare un suo modello, e mi sono trovata subito bene e allora l’ho presa. Poi però l’ho anche adattata per poterci portare la carrozzina, in modo da essere autonoma. Ora, con questo mezzo, sto via anche diversi giorni.

E infatti sei andata nientemeno che in Patagonia. E’ stato il tuo primo viaggio?

Sì, perché volevo anche giustificare questo acquisto importante, perché sono mezzi piuttosto costosi. Quindi ho iniziato a pensare a dove sarei potuta andare, mappa alla mano, e di nuovo per la mia passione per la montagna ho scelto la Patagonia. Siamo partite in due, io e Stefania Valsecchi, il primo gennaio 2023. Io con la mia handbike e lei con la bici tradizionale. 

L’handbike di Eleonora, prodotta dall’artigiano veresino HandBike Garage, è assistita e pensata per il fuoristrada (foto sito HandBike Garage)
L’handbike di Eleonora, prodotta dall’artigiano veresino HandBike Garage, è assistita e pensata per il fuoristrada (foto sito HandBike Garage)
Com’è stato logisticamente spedire una bici così particolare dall’altra parte del mondo?

E’ stato un parto. A parte economicamente, ma anche tutta la trafila burocratica, ho dovuto fare un trasporto speciale cargo. Perché la mia bici, essendo assistita, ha le batterie che non possono viaggiare nella stiva, quindi ecco no, non è stato per niente facile.

Ma alla fine ce l’avete fatta. Che tragitto avete scelto?

All’inizio volevo fare la famosa Ruta 40, tra El Chalten e Ushuaia, la città più a sud del mondo. Dopo qualche chilometro però l’abbiamo lasciata perché ci siamo accorte che è molto trafficata, c’era molto asfalto con macchine e camion, quasi come l’autostrada da noi. Quindi per quasi tutto il viaggio abbiamo scelto delle stradine laterali, sterrate ma comunque ben tenute e carrozzabili. C’era pochissimo traffico e soprattutto passavano per paesini, parchi naturali e montagne. Sicuramente una scelta azzeccata.

Quanto è durato il viaggio?

In tutto una quarantina di giorni, ma il viaggio in bici di per sé 23 giorni, di cui 18 pedalati. Ci abbiamo messo meno del previsto, ma era il mio primo viaggio e non sapevo ancora bene le tempistiche. 

Dove dormivate?

Nei paesi prendevamo delle camere in affitto, ma lì tra un paesino e l’altro non c’è niente. Però lungo la strada ci sono diverse case abbandonate che vengono usate come riparo dai viaggiatori, e spesso abbiamo passato la notte lì. Oppure ci riparavamo dal vento sotto le tettoie delle case cantoniere, dove quelli che ci lavoravano mi lasciavano anche ricaricare le batterie con il generatore.

Infatti, com’è stato usare una bici assistita in un posto così remoto?

Diciamo che devi dosare bene le batterie, sapere di poter arrivare sempre giusta ad un punto in cui puoi ricaricarle. Anche perché la mia handbike pesa 30 chili, quindi fossi rimasta a secco sarebbe stato un problema. Ma con un po’ di organizzazione è fattibile, infatti alla fine non ho mai avuto problemi.  

Prima hai citato il vento, com’è andata sotto quell’aspetto?

I primi due gironi ce n’era davvero tantissimo. Nella zona del Cerro Torre c’erano delle raffiche che facevano sbandare Stefania, davvero impressionanti, fino a 120 km all’ora. Poi abbiamo imparato che era meglio fermarsi in quei giorni, ma all’inizio vuoi fare chilometri quindi abbiamo comunque provato ad andare lo stesso. Superata la parte delle montagne è un po’ calato, anche se di vento a favore ne abbiamo avuto solo due giorni su diciotto. Infatti anche la media è stata molto altalenante, a volte abbiamo fatto 30 chilometri, altri 120.

Eleonora e Stefania ad Ushuaia, alla fine del loro viaggio (e del mondo)
Eleonora e Stefania ad Ushuaia, alla fine del loro viaggio (e del mondo)
Qual è la cosa che ti ha colpita di più?

Sarà che era la mia prima volta in Sudamerica, ma sono rimasta impressionata da vedere tutti quegli animali. Abbiamo incrociato guanachi, lama, fenicotteri, volpi artiche. Lì era inizio estate e quindi i mammiferi avevano le cucciolate, una cosa bellissima. Perché poi viaggiando noi in bici non avevano paura e si facevano avvicinare, erano curiosi. Quello sono stati davvero momenti meravigliosi.

Eleonora, siamo alla fine. Cosa ti ha lasciato questo viaggio?

Mi ha lasciato la consapevolezza che si può fare, infatti ne sto già organizzando un altro. L’anno scorso sono stata in Nordamerica in canoa, un’esperienza molto bella ma complicata logisticamente. Quindi la prossima idea è di partire da Dawson City, nello Yukon, dove è finito quel viaggio, ed arrivare fino ad Inuvik, nel nord del Canada, una delle ultime città degli inuit. Sarà per l’anno prossimo, sto ancora cercando gli sponsor. Probabilmente andrò con un altro ragazzo in handbike ed Antonella Giacomini, un’amica alpinista. L’idea è di farlo sempre con lo stile della Patagonia, ma stiamo valutando di farci seguire da un amico che ci dia supporto in auto, perché quella zona è davvero selvaggia. Sarà comunque, o proprio per questo, una grande avventura.

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