Dopo aver raccontato cos’è Badlands e cosa significa in termini di gravel ultrarace, ci siamo fatti raccontare nel dettaglio l’esperienza di questa prova, tanto massacrante ed esigente, quanto un’esperienza di vita.
Juanjo Pereira e Javier Pastor, due ragazzi che fanno parte dello staff di Aurum, ci raccontano a quattro mani cos’è realmente Badlands. Per entrambi è stata una prima volta in ambito gravel ultrarace.
Come è nata l’idea di affrontare una sfida così estrema come Badlands e perché?
L’idea – risponde Javier Pastor – ci è venuta perché volevamo fare un’attivazione congiunta di Aurum con Badlands e parlando con l’organizzazione dell’evento, abbiamo deciso che le persone che meglio potevano rappresentare Aurum potevamo essere Juanjo e io. Poi a monte c’era anche l’intento di mettere alla frusta la nostra nuova Gravel: la Manto.
Perché la decisione di farlo in coppia?
Abbiamo deciso di farlo in coppia perché sappiamo che per questo tipo di avventure è importante sapere che puoi contare sull’aiuto di un amico.
Ci sono state difficoltà nell’organizzare le cose, proprio perché avevate intenzione di fare la competizione in coppia?
La difficoltà principale che abbiamo incontrato è che durante i due mesi precedenti a Badlands non ci siamo allenati insieme per nessun giorno, poiché durante la stagione siamo stati in città diverse. Ci conosciamo molto bene, anche sotto il profilo atletico e per quanto riguarda lo stare in bicicletta, un aspetto che porta ad avere molta fiducia l’uno nell’altro.
Cosa significa Badlands per chi ama il gravel?
L’esperienza di una vita. Significa portare il gravel alla sua massima espressione. Libertà, avventura, paesaggi e strade incredibili, fusione completa tra la bicicletta e l’ambiente, ma anche tutto quello che concerne la preparazione e la tecnica. Devi sapere come preparare la bici, come gestire le forze. Il mezzo meccanico in una prova del genere è fondamentale.
Quanto tempo è stato necessario per organizzare il tutto e quali sono stati i punti critici della pianificazione?
È normale affrontare una sfida di questa portata con molti mesi di anticipo, normalmente non si prepara da un giorno all’altro. Nel nostro caso abbiamo avuto solo due mesi, per una serie di fattori legati anche all’attività lavorativa quotidiana. Ciò che ci ha spaventato di più, trattandosi per entrambi della prima esperienza in una ultra endurance, è stata la scelta del materiale da portare sulla bici. E’ vero, entrambi facciamo parte di Aurum, quindi l’aspetto bici era quello meno complicato, ma borse, organizzazione dei rifornimenti. Un grazie anche ad Apidura che ci ha aiutato nella scelta di bag e borse, perché noi eravamo acerbi in questa categoria.
Come ci si sente quando sei sulla linea di partenza?
Provi nervosismo, eccitazione, paura e incertezza, voglia di iniziare a pedalare e un mix di sensazioni che solo chi è su quella linea di partenza può capire. Non sai esattamente quello che ti attende! Lo immagini, ma una cosa è sentirlo raccontare, un’altra è vivere quel momento.
C’è stato qualche momento difficile e come è stato risolto?
Ci sono stati molti momenti difficili. A differenza di altre sfide sportive, come ad esempio il triathlon sulla distanza Ironman, durante una Badlands i lassi di tempo di difficoltà durano molto più a lungo. In più occasioni i momenti di dolore sono diventati eterni. Per fare un esempio: il momento più critico è stato quando, per la stanchezza e perché abbiamo esagerato con la caffeina, uno di noi due ha iniziato ad avere allucinazioni. Quasi un’ora di allucinazioni. Ci siamo dovuti fermare con sensazioni di malessere e svenimento. A quel punto avevamo ancora 200 chilometri da percorrere e 5.000 metri di dislivello prima del traguardo.
Ci saranno stati anche dei momenti gogliardici e di divertimento!
Assolutamente sì. Abbiamo una serie di ricordi divertenti legati ai momenti, ai partecipanti che abbiamo incontrato, alle persone dei paesi che abbiamo attraversato. E poi gli ambienti, i tramonti, le albe in bicicletta ed il numero di ore in cui eravamo da soli in mezzo alla natura. E’ difficile racchiudere un’esperienza del genere in uno scatto, un’immagine o una foto.
Cosa si prova quando raggiungi il traguardo?
In generale è una prova durissima che mette sotto pressione chiunque, anche i più allenati, fisico, mente e bicicletta. Diciamo che l’ultimo giorno abbiamo passato qualche momento di preoccupazione perché avevamo toccato il fondo. Eravamo oltre quello che si dice “raschiare il barile”. Però, dopo 85 ore di pedalata e dopo aver dormito solo 7 ore, la felicità di terminare è assoluta, con la voglia di bere una birra e fare una doccia.
Quanti giorni sono necessari per recuperare completamente le forze e quali segni fisici lascia Badlands sul corpo?
Diciamo che a parte i momenti di difficoltà citati in precedenza, non abbiamo avuto cadute e impatti, non abbiamo avuto incidenti. Proprio per questo possiamo dire che abbiamo recuperato abbastanza velocemente, dopo una settimana di riposo dalla bici siamo tornati in sella. Anche a distanza di tempo non abbiamo riscontrato problemi alle articolazioni. Tuttavia, le dita delle mani e dei piedi sono rimaste intorpidite, o comunque con una sensazione di intorpidimento fino a tre mesi dopo.
Qualche consiglio per chi si prepara ad affrontare Badlands?
Più ci si allena e meglio è. La combinazione tra la condizione fisica ottimale e l’esperienza fa realmente la differenza per quello che concerne il godersi una Badlands. Non è necessario estremizzare la preparazione, considerando che il ritmo con cui si pedala durante la gara è molto basso. E’ più importante stare bene, mentalizzarsi alla fatica prolungata e su tutto mangiare bene e continuamente, le cose giuste, bere ovviamente.
Lo rifareste?
Certamente, al 100%. E’ parte di quel bagaglio di esperienze personali ed indelebili che restano ed è bello raccontare. Quelle 85 ore e oltre in sella alla Manto gravel, sono e saranno una cosa indelebile.