E’ arrivato il momento di rifare la visita di idoneità. Voi dove la fate? Siete di quelli che ricevono il certificato dopo 20 minuti: un po’ di step, una soffiata nello spirometro, un ECG, una cifra fra 60 e 90 euro e via andare? Siamo sicuri che basti così poco?
Marta Bastianelli, ciclista professionista fino allo scorso anno con vittorie da grandissima a livello mondiale, ha una figlia di nome Clarissa (le due sono insieme in apertura in una immagine da Instagram) e una seconda è in arrivo. Suo marito Roberto De Patre è stato a sua volta un corridore. E quando si sono trovati di fronte alla necessità di accompagnare la primogenita a fare la visita di idoneità sportiva, pur potendosi accontentare di quella dal pediatra, hanno preferito fare le cose per bene. Così la bambina, dieci anni compiuti a maggio e impegnata nel ciclismo e nella danza, è stata visitata come si fa con i corridori veri.
Ne abbiamo parlato proprio con la sua mamma, che in carriera ha vinto 46 corse fra cui un campionato del mondo, un europeo e un Giro delle Fiandre. Forse per una sua abitudine, l’idea che Clarissa faccia sport senza i controlli più approfonditi non le è passata neppure per l’anticamera del cervello.
«So che tanti pongono la questione economica – spiega – ma vorrei dire, perché non tutti lo sanno, che fino aI 18 anni il certificato agonistico presso le ASL è gratuito. Basta la richiesta da parte della società e non si paga. Se spendi meno, la visita non sarà approfondita come è necessario. E aggiungo che nelle società più grandi viene data maggiore considerazione alle visite fatte nelle strutture pubbliche piuttosto che in ambulatori privati dove possono capitare idoneità non sempre affidabili».
La visita medica fatta sul serio dovrebbe essere una routine?
Allo stesso modo in cui si fanno periodicamente i controlli di salute. Spesso ci si ricorda di farli quando si ha un problema e questa è la cosa più sbagliata, perché la sanità ci insegna che la prevenzione è il primo rimedio. Ed è così anche per i bambini, soprattutto in adolescenza. Gli organi crescono, il cuore cresce come cresce anche la fatica. Per questo, anche quando faceva nuoto, Clarissa ha sempre fatto l’idoneità agonistica. Forse è una nostra esagerazione, non lo so, ma io credo tantissimo nella prevenzione e che per lei possa essere una scuola importante per il futuro.
E’ vero che anche ad alti livelli ci sono atlete che non fanno la visita?
In alcuni Paesi, di certo quelli anglosassoni, la visita non è obbligatoria neppure per i professionisti. Ricordo gli sguardi di alcune ragazze che venivano in squadra con noi ed erano stupite, mentre per noi era la normalità. Alcune straniere hanno scoperto di avere dei problemi grazie alla visita fatta dai nostri dottori. Adesso le squadre straniere stanno prendendo l’abitudine di fare l’idoneità internamente, per cui anche gli atleti iniziano a trovarlo meno strano
Tu l’hai mai trovata un’esagerazione?
No, proprio mai. Soprattutto con tutto quello che sta succedendo negli ultimi anni, con vari problemi e morti misteriose. Forse queste visite di idoneità possono essere un campanello d’allarme, l’indicazione di un problemino che preso in tempo si risolve facilmente. Su questo, sono super d’accordo con la tutela della salute che l’Italia impone ai suoi atleti. Basta pensare a tutti gli esami che si fanno per andare alle Olimpiadi. A volte anche noi ci meravigliamo di quanti siano, però poi ti rendi conto che sono cose che ti rimangono e che altrimenti avresti dovuto farle in forma privata. A volte dalla semplice visita di idoneità di un bambino, si possono riscontrare problematiche o addirittura capire che potrà essere un campione perché la prova da sforzo esprime numeri importanti. Insomma, la visita ben fatta dovrebbe essere naturale, ma spesso come tante cose in Italia, non lo è…
Da bambina facevi anche tu l’idoneità agonistica?
E’ un’abitudine che mi porto dietro dalla mia famiglia. Quando ero piccola, quindi parliamo di vent’anni fa, la mia squadra negli allievi chiedeva l’idoneità agonistica. Per me è stata sempre alla base di tutto. E anche quando sono diventata professionista, ogni anno facevo l’ecodoppler, anche se è obbligatorio ogni due. Ho sempre avuto la cura e la curiosità di sapere se tutto andasse bene. Nel mezzo ho avuto la prima gravidanza, il fisico cambia. E poi in questo periodo, la vita ci insegna che purtroppo ci sono problemi che nascono da un mese all’altro. Soprattutto chi pratica sport impegnativi, sbaglia a non pensarci. E’ un fatto di cultura. A Clarissa magari non serve nemmeno, ma credo sia qualcosa che si debba portare dentro e che possa insegnare un domani anche ai suoi figli.
Ti capita mai di parlarne con i genitori dei suoi compagni di squadra?
Conoscono il mio modo di pensare. Alcuni di loro vanno a fare la visita dal pediatra, però questo secondo me dovrebbe essere un punto fermo fissato dal sistema sanitario. Che indichino degli obblighi che poi nelle famiglie diventino una routine.
Finita la gravidanza, pensi che continuerai a fare tutti gli anni l’idoneità agonistica?
Direi proprio di sì. Magari non vado più in bici, ma mi ero messa a fare un po’ di nuoto e delle camminate. Non siamo tutti uguali, io al primo dolorino vado a farmi controllare, forse perché lo sportivo professionista non può permettersi di essere superficiale e perdere giorni di allenamento e gare per aver sottovalutato un sintomo. La salute è una cosa importante. Perciò continuerò sicuramente a farla, anche se non sarò più un’agonista. Di questo sono sicura.