Qual è lo stato di salute delle randonnée italiane? E’ un tema che ha assolutamente ragion d’essere, considerando queste come una sorta di costola del cicloturismo. Per fare un paragone, le randonnée sono come una sorta di visite guidate alle città, ai territori, è come andare a visitare un monumento seguendo una guida, magari prendendo qualche spunto per poi tornarci in assoluta solitudine e libertà per approfondire.
In Italia le randonnée hanno una propria organizzazione centrale nell’Audax, che raccoglie calendari e iniziative. Il presidente dell’associazione è Mino Repossini, che accoglie con favore l’azzardata similitudine: «C’è assolutamente del vero, interpretando le nostre randonnée come viaggi. Per me, che vengo dall’agonismo, i randonneurs sono però molto simili agli alpini: come loro fanno cordata per arrivare in cima, qui si pedala tutti insieme per raggiungere l’approdo del viaggio. Lo spirito in fin dei conti è molto vicino».
Come giudicherebbe la situazione attuale?
Più florida di quanto ci si potesse attendere e spiego il perché. Le randonnée hanno il loro punto di riferimento nella Parigi-Brest-Parigi: proprio come le Olimpiadi per gli sport agonistici, la grande manifestazione francese che si svolge ogni 4 anni (l’ultima nel 2023, ndr) è il culmine dell’attività e nel suo anno le randonnée sono frequentatissime perché danno i punti necessari per essere ammessi alla sfida transalpina. Solitamente l’anno successivo fa sempre registrare un affievolimento sia organizzativo che di partecipazione, invece nel 2024 abbiamo registrato non solo una tenuta, ma anche un leggero aumento il che ha sinceramente sorpreso.
Un dato che va anche in controtendenza rispetto a quello delle Granfondo…
La cosa non mi stupisce visto che a ben guardare il 60 per cento dei granfondisti sono randonneur e non lo sanno. In fin dei conti anche loro pedalano in gruppo con il solo scopo di arrivare al traguardo, guardandosi intorno, godendo del viaggio senza guardare troppo al cronometro, fermandosi ai ristori.
Quanto conta l’aspetto turistico?
Tornando alla similitudine iniziale, molti organizzatori si sono adeguati allestendo percorsi che passano davanti ai monumenti, che diventano anzi uno dei richiami di partecipazione. Noi ad esempio abbiamo deciso che il raduno nazionale di quest’anno si farà a Roma per il Giubileo. Sarà un evento assolutamente unico. Un po’ com’era successo nel 2023 quando facemmo il raduno a Siracusa e fu un successo clamoroso. Dal punto di vista organizzativo sarà un impegno difficile, considerando il traffico, ma è importante per il nostro movimento, proprio nell’ottica turistica, entrare nei centri delle città.
Avete altri eventi di primo piano in preparazione per quest’anno?
Il calendario è ricchissimo, con ben 145 manifestazioni. Oltre al raduno nazionale romano puntiamo forte sulla Randonnée di San Valentino proprio perché abbiamo insistito per il passaggio in Piazza Ducale a Vigevano, tornando al discorso che avevamo fatto precedentemente sui centri cittadini.
C’è una buona distribuzione geografica tra nord e sud?
Una spaccatura c’è sempre, la Lombardia continua a fare da locomotiva del movimento, la regione dove ci sono i più grossi numeri, ma devo dire che anche nel Meridione c’è un bel movimento. Ci sono due regioni che si stanno distinguendo, Sicilia e Campania con molte belle iniziative. La Sicilia anzi è diventata la seconda regione italiana per numero di manifestazioni. La Toscana poi resta un riferimento come l’unica regione che allestisce un evento oltre i 1.200 chilometri, la Tuscany Rando on the Road.
A tal proposito quanto influisce il chilometraggio?
Molto, è anzi una discriminante fra i randonneur, che si identificano proprio nelle distanze affrontate. Fra noi c’è la figura dei “randagi” che prendono in considerazione solamente le manifestazioni oltre i 300 chilometri. Fa proprio parte dello spirito, il fatto di pedalare di notte è per alcuni un vero segno distintivo, l’affrontare la randonnée come un’avventura, proprio nell’idea di base della Parigi-Brest-Parigi. E’ un segno di evoluzione.