Simona Casana è bresciana, non diciamo l’età perché alle donne non si chiede, ed è responsabile amministrativa di un’azienda. Ha un marito, due figli, una gatta e soprattutto una passione sconfinata per la bicicletta. Proprio oggi a Pesaro si concluderà la sua ultima avventura. Un viaggio a tappe da Brescia al suo approdo finale, scegliendo come sedi di tappa quelle dell’AIL, l’Associazione italiana per la lotta contro le leucemie. Lo fa per raccogliere fondi, ma ha scoperto che nell’entrare in contatto con persone meno fortunate si riceve più di quanto si possa donare.
Lo scorso anno con questo scopo partì da casa e percorse poco più di 800 chilometri lungo le strade della sua Lombardia. Alla fine il risultato della raccolta ammontò a quasi seimila euro, devoluti per un progetto di accoglienza rivolto ai pazienti onco-ematologici di Brescia, accolti a costo zero nelle strutture di AIL Brescia.
«Quest’anno – racconta – ho deciso di farlo ancora. L’idea venne a un’amica, consigliere in AIL di Brescia. Già 3-4 anni fa avevo cominciato a fare dei viaggi in solitaria e lei ne era rimasta colpita. Così mi ha proposto di fare qualcosa per loro ed è saltato fuori quel giro della Lombardia. Dato che è stata un’esperienza entusiasmante, quest’anno ho replicato con l’Emilia Romagna.
«Entusiasmante da un punto di vista emozionale, emotivo mio. Sono partita per fare una raccolta fondi, perché mi è stato chiesto. Ho pensato: “Vabbè, pedalo, faccio qualcosa che mi piace e tanto di guadagnato se riesco a raccogliere qualcosa per fare del bene”. Invece alla fine è stato talmente coinvolgente da un punto di vista emotivo, che quest’anno non sono stati loro a chiedermelo, ma sono stata io a proporre di ripartire nuovamente».
Fra donare e ricevere
La bicicletta avvicina alla gente e quando sulla tua strada incontri persone con storie di sofferenza e fatica, è difficile non lasciarsene coinvolgere. Così è stato anche per Simona, che racconta mentre fuori piove per il passaggio della perturbazione Boris sull’Emilia Romagna, che tanto dolore ha portato nuovamente nella regione.
«Non si tratta solo di pedalare – spiega – anche se non faccio altro, spostandomi da una sede AIL all’altra. Qui vengo accolta e mi parlano delle loro esperienze, di quello che ogni sede fa sul territorio. Ho conosciuto medici, ho conosciuto ex malati, ho conosciuto purtroppo anche i parenti di qualcuno che non ce l’ha fatta. Alla fine degli otto giorni dell’anno scorso, quando lasciai Sondrio dove si era concluso il viaggio, piansi perché mi dispiaceva aver finito il mio giro. Tornai a casa e scoprii di essere una persona diversa.
«Così quest’anno ho voluto riprovare, per vedere se sarebbe stato altrettanto bello come l’anno scorso. Diciamo che sono partita per egoismo (dice sorridendo, ndr), ma siccome incontro anche tanti volontari, penso che siano tutti nella mia stessa situazione. Se sono lì e lo fanno da tanti anni, è perché ricevono tanto in cambio».
Da Brescia a Pesaro
Il viaggio, dunque, da Brescia al nord delle Marche, passando da una sede AIL alla successiva. Chi immagina che si parli di brevi percorrenze rimarrà certamente colpito dal seguito del racconto di Simona.
«La scelta dell’Emilia Romagna – ammette ridendo – l’ho fatta io, perché sono simpatici e si mangia bene. Mi è stato detto che potevo farlo, perché da un primo sondaggio, si è visto subito che tutte le sedi AIL hanno risposto positivamente e hanno accettato di ricevermi. Partire da Brescia era comodo e l’Emilia Romagna si prestava ottimamente. L’arrivo a Pesaro, anche se è nelle Marche, è bello perché quest’anno la città è Capitale Italiana della Cultura. Oltre al fatto che l’AIL di Pesaro è gemellata con quella di Brescia, per cui il percorso si è scritto da sé. E devo dire che è andata benissimo, anche se il meteo per un paio di giorni ci ha messo lo zampino.
«Martedì, tappa di 110 chilometri col vento sfavorevole. Mercoledì, tappa di 140 chilometri sotto l’acqua battente da Ferrara a Ravenna. Sarebbero stati 113, ma quando sono arrivata al punto da cui avrei dovuto imbarcarmi, mi hanno detto che i traghetti erano fermi proprio per il meteo e ho dovuto fare tutto il giro. Giovedì, tappa saltata per maltempo. E ieri anziché passare per zone troppo colpite, sono andata per Cesena e ho ritrovato il sole».
Come donare
Su tutto domina la sua passione per la bicicletta. Suo padre era un ciclista accanito, così pure suo marito e proprio per seguirlo Simona è salita per la prima volta in modo serio su una bicicletta. Faceva giri di 4′-50 chilometri sulla mountain bike, semmai con salite brevi.
«Invece durante il Covid per un grosso problema alla schiena – spiega e cambia voce – ho dovuto smettere. Mi è stato detto che, combinata com’ero, non potevo più andare in bicicletta, soprattutto in mountain bike. Così ho provato a fare altre cose, incluso avvicinarmi alla bici in modo più tranquillo e sono saltate fuori cose vicine al cicloturismo. Quindi adesso ogni tanto, quando non ne posso più, prendo la bici e sto via due tre giorni in solitaria, così non devo rendere conto a nessuno».
Il ritorno a casa avrà un primo tratto in auto grazie a suo marito, arrivato a Pesaro per abbracciarla. Poi, per raggiungere quota 900 chilometri, per l’arrivo a Brescia Simona salirà nuovamente in sella. All’arrivo, che sarà domani, ci sarà una festa finale all’Oratorio di Folzano con tre band che si sono offerte di suonare gratuitamente, ugualmente per la raccolta fondi. Si chiamano The McLarens, Rebel Hot e I Sgorbions.
E se alla fine di questo racconto qualcuno avrà ancora voglia di partecipare alla raccolta fondi, allo stesso modo in cui Simona vuole raggiungere quota 900 chilometri, superando quelli dello scorso anno, nulla ci vieta di consentirle di superare anche la raccolta. Basta cliccare QUESTO LINK, leggere e donare.