Da bambina avevo vissuto due estati indimenticabili in bikepacking, pedalando con la mia famiglia tra Sardegna e Corsica. Quelle immagini mi sono rimaste dentro, così, con il passare degli anni e la voglia di riscoprire quel tipo di libertà, ho deciso di tornare in sella per un viaggio simile, questa volta con il mio compagno Umberto e in Andalusia.
Complice la primavera e i ponti festivi di aprile, abbiamo iniziato a sognare una meta al caldo, non troppo lontana, ma fuori dalle rotte turistiche classiche. Essendo la nostra prima esperienza di bikepacking con bici gravel, volevamo fosse un compromesso tra avventura e comfort. Le tappe potevano essere impegnative, ma avere anche la certezza di riempirci la pancia in serata, deliziando, perché no, il palato. Così, navigando su Komoot, ho trovato un giro di 7 tappe in Andalusia, nel sud della Spagna, che calzava a pennello con le nostre esigenze e aspettative. Circa 500 km e 10.500 metri di dislivello, con una varietà di paesaggi incredibile, dalle montagne innevate della Sierra Nevada, al deserto del Gorafe (immagine di apertura), fino ai boschi della Sierra Cazorla.
Direzione Granada
Comprati i voli diretti per Malaga, dovevamo gestire il trasferimento verso Granada, la città di inizio e fine tour, distante circa 140 Km dall’aeroporto e trovare a una soluzione per il trasporto delle bici. Dove mettere i cartoni usati per proteggere le bici in aereo? Quale la soluzione sarebbe stata più pratica ed economica?
Dopo una serie di telefonate e ricerche, ho trovato un hotel nel centro di Granada disponibile a tenere le nostre scatole per una settimana, offrendoci anche la possibilità di montare con tranquillità le biciclette nel garage dell’hotel prima della partenza. La posizione era ideale, in centro, utile per visitare la città al termine del tour. E vicino alla stazione dove avrei potuto consegnare l’auto a noleggio presa all’aeroporto. Una soluzione che si è rivelata vincente, considerando che Granada ci ha accolto con una leggera pioggerella e circa 8-10 °C.
Caricare le bici
Il clima è stato una grande incognita. Il percorso includeva sia zone tendenzialmente soleggiate con punte di 30 °C, sia parchi naturali in altitudine con temperature minime di 2 °C, per le quali le previsioni meteorologiche dei primi giorni di viaggio erano tutt’altro che confortevoli. Così, per affrontare le diverse condizioni climatiche, la mia scelta è stata di vestirmi a “cipolla”, con gambali, manicotti, guanti e scaldacollo. Sfruttando un intimo primaverile o leggero e ricorrendo, in caso di maltempo o temperature basse, alla mantellina e a una giacca maniche corte, traspirante, impermeabile e antivento.
L’aspetto in programma più avventuroso del viaggio era sicuramente rappresentato dai due pernottamenti in rifugio al termine della seconda e della terza tappa. Questo ci ha costretto a optare per i portapacchi posteriori tradizionali, più stabili e capienti della borsa sottosella. Siamo così riusciti a caricare un po’ di più le bici e a portare vivande, fornelletto, sacchi a pelo, materassini e cambi extra, per i giorni in cui non avremmo potuto lavare gli indumenti.
Il Camino e i calanchi
La nostra partenza è stata tranquilla. Sapendo che nel pomeriggio il meteo sarebbe migliorato, abbiamo montato le bici con calma e ci siamo concessi un bel tagliere di formaggi e salumi tipici, con un calice di “benzina rossa”, vino rosso della Rioja.
L’entusiasmo, la felicità e la sensazione di libertà ci hanno dato la forza per portar su in salita il peso della bicicletta verso l’Alhambra e oltre. Qui abbiamo imboccato il Cammino di Santiago in direzione di Guadix, meta d’arrivo della prima tappa. Sono bastati pochi chilometri per renderci conto dell’immensità della zona, della desolazione e dell’infinità di strade sterrate che scomparivano in lontananza.
Dopo aver percorso la prima tappa con la Sierra Nevada per sfondo, il paesaggio è cambiato molto nella seconda giornata con rocce sedimentarie colorate e calanchi, che richiamano la Cappadocia e il Gran Canyon, in un continuo gioco di luce, determinato dal rapido transito delle nuvole in cielo, spinte da un forte vento freddo. Una tappa sicuramente intensa. Paesaggi indimenticabili, con attimi di sole e di pioggia, in cui si passava facilmente da 8 a 16 °C, fino alla dura salita che ci ha portato al primo rifugio.
Cervi sulla strada
Per la terza tappa, il clima è stato decisamente più gradevole, a tratti addirittura caldo. Spostandoci verso nord, siamo entrati nella Sierra Cazorla, raggiungendo circa i 1.500 m di quota. Qui i calanchi lasciano spazio a un paesaggio più montano. La traccia risaliva lungo il fiume, immergendoci in boschi di pini, con cervi che, di tanto in tanto, ci tagliavano la strada, mentre notavamo impronte di cinghiali e volpi a terra.
Dopo la notte trascorsa nel secondo rifugio, è arrivata forse la tappa più facile. I primi 40 km abbiamo pedalato su un altopiano mozzafiato in completa solitudine, per poi ritornare alla civiltà con una lunga discesa fino a Ponton Alto, dove ci siamo concessi un buon pranzo, prima di completare la tappa a Santiago de la Espada.
Il ritorno verso sud è stato più semplice dal punto di vista altimetrico, ma con giornate in sella piuttosto lunghe. La quinta tappa ci ha portato a scoprire Castril, un paesino ai piedi di una rupe rocciosa dominata da un castello. La cura e l’ordine qui sono sorprendenti. Le casette bianche del paese hanno centinaia di vasi di gerani appesi alle pareti. E c’è un addetto che, tutte le mattine, passa con la carriola piena d’acqua ad innaffiare i vasi.
Sette giorni a ritmo lento
La sesta tappa è stata la più lunga, con 117 Km, e la più calda, con 32°C che aiutavano a immaginarsi in una realtà da film western. Stazioni ferroviarie abbandonate sul nostro percorso e ristoranti con porte oscillanti in legno. Infine dopo una notte nelle case grotte tipiche, abbiamo conquistato in sella gli ultimi 50 Km circa per riportarci con una bella discesa nel capoluogo andaluso.
Sette giorni, sette paesaggi diversi, una sola certezza. L’Andalusia è una terra da esplorare a ritmo lento, in bicicletta, soli e immersi nella natura. Alla scoperta di cosa c’è oltre e conquistando ogni paesaggio con un poco di fatica. Pedalare è stato però solo una parte del viaggio. Un altro aspetto interessante è stato quello alimentare e qui le cose non sono state sempre così scontate e semplici da gestire. Friggono tutto, la carne è protagonista assoluta e i cereali… quasi introvabili. Ma di questo vi parlerò nel prossimo articolo.